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Accordo Iran-Arabia Saudita, il ruolo della Cina

Iran e Arabia Saudita hanno raggiunto uno storico accordo con la mediazione della Cina, che si propone come attore geopolitico alternativo agli Stati Uniti in Medio Oriente.


Il 10 marzo scorso, Iran e Arabia Saudita hanno annunciato di aver raggiunto un accordo che dà inizio ad una nuova fase delle loro relazioni diplomatiche, interrotte dal 2016. Garante dell’accordo la Cina, che mette in mostra le sue doti diplomatiche attribuendosi l’appellativo di “mediatore affidabile e in buona fede”, puntando sempre di più sulla sua proiezione internazionale. 

L’ accordo tra i due Paesi ha come obiettivo la riapertura delle ambasciate, il ripristino di intese commerciali e investimenti culturali. Inoltre, Iran e Arabia Saudita hanno dichiarato l’impegno di non interferenza negli affari interni di ciascun Paese, nel rispetto della reciproca sovranità nazionale. 

Da almeno vent’anni il mondo islamico è caratterizzato dalle tensioni tra sciiti e sunniti. Le relazioni tra Iran e Arabia Saudita hanno subito un blocco quando, nel 2016, il leader sciita Nimr al-Nimr fu giustiziato nel regno del Golfo insieme ad altre 46 persone. Per vendicare l’accaduto l’ambasciata saudita e il consolato a Teheran vennero assaltati con bombe incendiarie. 

La tensione tra i due Paesi salì quando entrambi si accusarono per gli attacchi contro le petroliere nelle acque del Golfo. 

Oltre alle rispettive posizioni nei conflitti in Libano, Yemen, e Siria, un altro importante fattore di scontro riguarda il programma nucleare iraniano che preoccupa Riyad, tanto da spingere verso un avvicinamento a Israele. 

Solo di recente i governi di Iran e Arabia Saudita si sono impegnati nel mettere da parte le divergenze attraverso incontri informali avvenuti in Iraq, Oman e Bahrein. Non si è giunti ai risultati sperati fino a che non è intervenuta la Cina, che ha contribuito alla mediazione e ospitato l’ultimo incontro, permettendo alle parti di raggiungere un accordo. 

«Questa è una vittoria per il dialogo, una vittoria per la pace, ed è una grande notizia positiva per il mondo che è attualmente così turbolento e irrequieto»: così Wang Yi, diplomatico cinese, commenta il raggiungimento dell’accordo tra Teheran e Riyad.

Dunque, mentre sul fronte interno cinese Xi Jinping si riconferma Presidente della Repubblica Popolare Cinese, sul fronte estero la diplomazia cinese conquista un nuovo tassello nelle relazioni diplomatiche in Medio Oriente, anche a scapito degli USA. Per questi ultimi si tratta di un duro colpo, anche alle luce dei notevoli investimenti in termini di soldati e denaro. Ed è sempre più evidente il desiderio della Cina di proporsi come alternativa agli USA a livello internazionale. 

xi jinping cina

Da un lato, pesano le tensioni tra Washington e Teheran riguardo il programma nucleare iraniano, dall’altro la mancanza di attenzioni statunitensi verso Riyad. Dunque, la terra del Dragone ha cercato di riempire un vuoto da parte degli USA, che hanno spostato la loro attenzione verso il contenimento dell’ascesa tecnologica e geopolitica cinese in Asia orientale. 

Allo stesso tempo, la Repubblica Popolare Cinese è alla ricerca di alleati per realizzare le sue ambizioni geopolitiche attraverso l’Iniziativa di Sicurezza Globale (ISG). Il progetto è ancora in fase di allestimento ma uno dei principi cardine riguarda la “indivisibilità della sicurezza”, principio preso in considerazione anche dalla Russia rispetto alla questione ucraina, e secondo il quale nessun Paese può rafforzare la propria sicurezza a spese di altri.

Lo scopo di Pechino è creare un contesto in cui legittimare i propri obiettivi geopolitici, tra cui Taiwan, per la realizzazione del sogno cinese e la conquista dell’egemonia sui Mari Cinesi. Per di più, la terra del Dragone intende trovare nuovi partner per la realizzazione delle “nuove vie della seta”.

Altra possibile ragione è che Pechino vuole attribuire una maggiore importanza al rapporto con Teheran e Riyad sul piano energetico, militare e tecnologico. 

La Cina è il primo importatore di petrolio dal Golfo; inoltre, lo scorso dicembre c’è stato un incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il principe primo in linea di successione al trono dell’Arabia Saudita, Muḥammad bin Salmān al-Sa‘ūd, durante il quale è stato raggiunto un accordo per permettere a Huawei di costruire la rete per alcuni centri urbani sauditi.

Di grande importanza per Pechino è il mantenimento di relazioni altrettanto buone con l’Iran, considerando la rivalità storica con gli USA, le sue risorse energetiche e la sua influenza in Iraq, Afghanistan, Siria e Libano. 

I rapporti tra Arabia Saudita e Iran, riallacciati grazie all’intervento di Pechino, dimostrano che il mondo è in continuo cambiamento. Come si può notare dagli ultimi avvenimenti, la diplomazia di Pechino si sviluppa ad alta intensità. La Cina è l’unico Stato ad aver proposto un piano di pace per la guerra in Ucraina e nel giro di pochi mesi si è posta come mediatore nelle diatribe tra Teheran e Riyad. 

A febbraio, il presidente cinese Xi Jinping ha incontrato il presidente iraniano Ebrahim Raisi, il quale ha ricevuto la proposta di integrazione di Teheran nella realtà geopolitica eurasiatica con l’ingresso nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco) della quale fanno parte Russia, Cina, India, Pakistan e quattro repubbliche centro-asiatiche dell’ex Urss, e che mette assieme il 40% della popolazione mondiale e circa il 30% del PIL del pianeta. 

Da ciò si evince che Pechino è disposta a mettersi in gioco in diversi campi oltre quello economico-commerciale. Come afferma Filippo Fasulo di ISPI, «la firma a Pechino dell’accordo tra Iran e Arabia Saudita è figlia di un cambio strutturale in corso da anni (…) La Cina cerca una legittimazione internazionale per un ruolo da protagonista nelle relazioni internazionali da opporre all’azione di contenimento degli Usa, una democrazia che contesta il carattere autocratico di Pechino. 

Il fatto che la Cina sia intervenuta [nell’accordo tra Iran e Arabia Saudita, n.d.r.] solo alle battute finali è paradossalmente un punto di forza di Xi che può rivendicare come la sua “benedizione” sia considerata positivamente. Non a caso, all’accordo ha fatto seguito un possibile dialogo con Zelensky a margine dell’incontro con Putin. Si tratta però di un primo passo della Cina come attore “responsabile” che dovrà essere testato in caso di eventuali ricadute della crisi Iran-Arabia Saudita. In sintesi, Xi dovrà dimostrare cosa vuol dire in termini pratici avere il sostegno politico cinese».


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Flavia Caruso

Studentessa di Relazioni Internazionali, su Eco internazionale scrivo di Cina e Indopacifico, con l’obiettivo di accorciare le distanze tra oriente e occidente.