Il XX Congresso del Partito Comunista Cinese
In vista del XX Congresso del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping prosegue nel suo cammino per conservare il ruolo di leader del Partito, non senza qualche difficoltà.
Il XX Congresso del Partito Comunista Cinese si terrà il 16 ottobre 2022. Il Congresso è uno degli eventi più importanti per la politica cinese, dal momento che riunisce tutti i membri del Partito Comunista Cinese, la più alta autorità del Paese. All’evento prendono parte tutti i delegati provenienti dalle varie aree della Cina. Il Congresso si tiene ogni cinque anni e in questa occasione vengono resi noti gli avvicendamenti ai vertici del partito.
L’ultimo Congresso, avvenuto nel 2017, ha riconfermato Xi Jinping – eletto per la prima volta nel 2012 – come presidente, modificando la costituzione con l’eliminazione del limite di due mandati consecutivi. In quell’anno non era stata presentata nessuna nomina a successore di Xi Jinping, come invece era accaduto in precedenza. Inoltre, negli ultimi anni, Xi ha rafforzato il suo potere nominando alleati nei ruoli chiave della leadership cinese e introducendo nelle scuole lo studio del “pensiero di Xi Jinping”.
Nulla sembra mettere in dubbio la rielezione di Xi Jinping ma quest’anno, sia sul fronte interno che esterno, Pechino fronteggia non poche difficoltà. Le tensioni legate alla politica “zero-covid” e le proteste di Henan hanno generato malcontento popolare, mentre sul fronte internazionale la Cina si trova in un tête-à-tête con gli USA e i suoi alleati per le accuse di violazione dei diritti umani a Hong Kong e nello Xinjiang, oltre che per l’annosa questione di Taiwan. In più, gli eventi che riguardano la guerra in Ucraina mettono nel mirino occidentale la posizione della Cina, a seguito anche della dichiarazione di amicizia “senza limiti” tra il presidente russo Vladimir Putin e l’attuale presidente cinese Xi Jinping.
Dunque, ci si chiede se il terzo mandato di Xi Jinping sarà messo in discussione o meno.
Il Partito Comunista Cinese ha pubblicato l’elenco dei delegati che parteciperanno al Congresso, confermando il leader Xi come “fulcro del partito e dello Stato”. L’elenco raccoglie 2.296 delegati provenienti da tutto il Paese e comprende Xi e tutti i membri del Politburo, il braccio esecutivo del Comitato Centrale – ma anche scienziati, stelle dello sport, avvocati, personalità della cultura, ecc.
«Siamo fermamente convinti che sotto la forte guida del Comitato centrale, con il compagno Xi Jinping al centro, e grazie agli sforzi concertati di tutti i delegati, il 20° Congresso nazionale del PCC sarà un congresso di unità, vittoria e impegno», scrive il Quotidiano del Popolo, quotidiano della Repubblica Popolare Cinese.
C’è da domandarsi se l’agenda politica estera cambierà o meno dopo il congresso e soprattutto se «l’atteso nuovo accentramento di potere conferirà a Xi un’attitudine più disinvolta nei rapporti con il resto del mondo».

Vari elementi portano a intravedere una continuità della politica estera cinese, come per esempio la promozione della riforma del decision-making che verte sulla centralizzazione del potere decisionale e sull’allargamento della partecipazione nelle fasi consultive del policy-making. Il Congresso potrebbe attenersi a queste direttive, che mirano a consolidare la leadership di Xi Jinping e allo stesso tempo a rispondere alle numerose richieste di altri attori politici – in particolare organi provinciali e State-owned entrerprises che rappresentano il nucleo centrale dell’economia socialista cinese – di incidere sulla politica estera di Pechino.
Ma i poteri di Xi non sono illimitati. Secondo gli esperti vi sarebbero, da un lato, dei gruppi dirigenti centrali – i Central Leading Small Groups, ovvero organi ad hoc del Partito comunista cinese – incaricati di prendere decisioni sulle principali aree, che si occupano di politica estera e che fanno tutti riferimento a Xi Jinping. Dall’altro lato, il presidente deve fronteggiare altre parti spesso in conflitto tra loro ma che hanno un peso nella politica estera cinese.
In breve, sembra che a frenare la politica estera di Xi Jinping non sia la struttura istituzionale in cui opera ma la necessità di mantenere un generico consenso da parte della moltitudine di attori sulle linee politiche proposte e rispetto alla personalità del leader. Per di più, il precedente accumulo di cariche da parte di Xi Jinping, che ha ricoperto dal 2018 quelle di Segretario Generale del Partito e di Presidente della Commissione Centrale, rischia di far perdere l’incisività di questi ruoli nel loro esercizio.
Allo stesso tempo, la compensazione di questo problema attraverso la nomina di fedelissimi comporterebbe a sua volta la nascita di nuovi problemi, attivando meccanismi di auto-censura – in linea con l’ideologia confuciana – volti a evitare contrasti con Xi Jinping.
Dunque, alla luce di quanto riportato sopra, piuttosto che chiedersi se Xi Jinping sarà rieletto o meno occorrerebbe interrogarsi su quale potrebbe essere l’assetto del partito con la nuova dirigenza, come sostiene Simone Dossi, professore associato di Relazioni internazionali all’Università Statale di Milano.
«La fase avviata con il XVIII Congresso è senza dubbio una fase di stretta repressiva. Questo anche per effetto del processo di accentramento del potere all’interno del Partito, realizzato con una vasta campagna anticorruzione che, oltre a perseguire obiettivi di contrasto della oggettiva corruzione esistente nel Partito e nello Stato, ha rappresentato un formidabile strumento di disciplinamento politico. La contrazione del pluralismo interno al Partito ha a sua volta ridotto lo spazio per il dissenso esterno, che proprio dal pluralismo nel Partito aveva in altre fasi tratto precarie coperture politiche», dichiara Dossi.
In un momento così delicato per le relazioni internazionali, la Cina gioca dunque un ruolo fondamentale: il XX Congresso avrà delle ripercussioni non solo sulla vita politica del Paese ma anche e soprattutto sull’intera comunità internazionale.