La crisi ai confini dell’emergenza: il conflitto tra Siria e Turchia ad Idlib

In questi giorni in cui il mondo vive di news sul Covid-19, Siria e Turchia hanno ritrovato un equilibrio dopo il rischio di un nuovo conflitto. A Febbraio, le truppe turche nell’enclave di Idlib avrebbero subito un bombardamento di artiglieria da parte delle forze siriane di Bashar al Assad, probabilmente con lo scopo di far ritirare l’esercito della Turchia e riconquistare la regione, al momento fuori dal controllo del regime.

All’alba dei 9 anni del conflitto, si sono così riaperte le ostilità dirette tra le parti, finora tenute a freno solo dalla presenza russa come sostegno principale del regime di Assad e come alleato della Turchia di Erdogan, che avrebbe anche accusato il governo russo di agevolare l’offensiva di Damasco.

In effetti, l’attacco siriano avrebbe avuto l’appoggio dell’aviazione russa, nonostante gli accordi prevedessero un totale “cessate il fuoco” nella zona. Allo stesso tempo, i gruppi jihadisti appoggiati dalla Turchia presenti nella regione non avrebbero deposto le armi, sebbene anche questo fosse previsto dall’accordo di Sochi tra Putin ed Erdogan.

Assad con questa offensiva sperava di liberare le due autostrade che collegano la capitale siriana Damasco con la costa mediterranea e Aleppo, e di poter avere il controllo dell’ultima zona in mano ai jihadisti. Ma i combattimenti tra le due forze avevano invece sortito un effetto drammatico: una crisi umanitaria che ha portato un milione di profughi verso il confine turco, mentre i territori venivano bombardati dall’aviazione russa. Alla fine si è comunque giunti a un accordo: i tanti interessi che legano Mosca e Ankara hanno prevalso, dando vita a una nuova tregua.

Alla Siria rimane, dopo il tentativo di riconquista, la possibilità di usufruire dei collegamenti senza ostacoli, ma questo fallito attacco contro le truppe turche ha dimostrato la sua debolezza nello scacchiere mediorientale: il regime di Assad, dunque, non può tenere testa alla Turchia solo con l’aiuto delle milizie iraniane sul territorio, e questo potrebbe avvicinarlo ulteriormente alla sfera d’influenza russa. In caso non si fosse raggiunto questo obiettivo, Erdogan avrebbe dovuto rescindere molti contratti economici con la Russia, portando un’economia che già vacilla a un tracollo totale, anche a seguito di una riattivazione delle sanzioni russe applicate dopo l’abbattimento di un caccia russo in Siria, nel 2015.

La Turchia si sarebbe dunque dovuta rifugiare nei trattati NATO, in cui avrebbe avuto un ruolo molto più debole e marginale, dovuto anche al fallito tentativo di ricattare l’Unione Europea con la minaccia dei migranti, di cui si è parlato qualche giorno fa in una videoconferenza con i leader di Francia, Germania e Regno Unito. Il tutto, tra l’altro, in un momento storico particolare per via dell’emergenza Covid-19, che sta portando molti turchi a rientrare nel paese da diversi stati europei e sottoporsi a quarantena volontaria all’arrivo. Anche in Turchia l’emergenza è partita, con un totale di 47 casi riscontrati al momento.


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