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Verso USA 2024: che ne sarà del Partito Repubblicano?

Le primarie del Partito Repubblicano, in vista delle presidenziali del 2024, saranno un momento cruciale per ridefinire obiettivi e strategie, in particolare l’approccio anti-establishment inaugurato da Trump.


In vista delle prossime primarie del Partito Repubblicano, che precorrono alla corsa per la Casa Bianca del 2024, l’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha, formalmente, una prima avversaria appartenente al Grand Old Party (GOP), ovvero Nikki Haley, ex governatrice della Carolina del Sud ed ex ambasciatrice USA alle Nazioni Unite.

La candidatura di Haley avviene in nome di un «cambio generazionale» all’interno del Partito Repubblicano. Un programma che, nemmeno troppo velatamente, segna una cesura con la retorica trumpiana che ha retto finora il conservatorismo del GOP.

È opportuno precisare quanto sia stata ed è rimarchevole all’interno del Partito Repubblicano la presenza dell’ex Presidente. L’intero bagaglio ideologico di cui Trump si è reso fautore è il prodotto dell’evoluzione del conservatorismo repubblicano, ben avviata già prima dell’entrata alla Casa Bianca del tycoon

Il sistema valoriale e le convinzioni cardine del Partito e la loro naturale progressione negli anni hanno trovato il fit perfetto nella figura di Trump.

La retorica dell’ex Presidente ha attratto strategicamente quel bacino di americani bianchi che, uniti dal risentimento contro l’establishment in quanto artefice del declino statunitense, hanno spinto il tycoon alla Casa Bianca nella speranza di difendere il cosiddetto “privilegio bianco” e le opportunità che ne derivano. 

In questo senso, il GOP ha unito con successo i timori razziali relativi alla diffusa percezione di una perdita del white privilege e le paure inerenti al cambiamento economico in un credo nazionalista, che ha avuto il suo exploit nel movimento Make America Great Again

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L’eloquenza del GOP in questa fase, sebbene efficace nell’animare la propria base elettorale, non ha trovato corrispondenza in un’altrettanta incisiva strategia di governo. La presidenza Trump, di fatto, è stata una risorsa utile dal punto di vista comunicativo ma priva di risultati legislativi pregnanti. La retorica asimmetrica e fortemente polarizzante del Partito lo ha sì fortificato, ma anche irrigidito, rendendolo meno adatto all’elasticità che l’attività di governo richiede. 

Il GOP, soprattutto al Congresso, è stato composto principalmente da strenui sostenitori dell’ex Presidente. Tra questi, hanno prodotto un’eco significativa le fasce più marginali del Partito: dai Tea Party all’Alt-Right, il GOP è stato spinto sempre più a destra da una retorica a favore della promozione e della difesa degli interessi dei bianchi, i quali in questa retorica sarebbero nel mirino dell’irragionevole cultura woke anti-razzista dei Democratici.

Ad infuocare il Partito è quindi un diffuso sentimento di paranoia, che esacerba la diffusione di notizie false o incomplete, distorce l’informazione per nutrire i timori dell’elettorato americano e spingerlo a recarsi alle urne per difendersi, declassando così il confronto democratico a mera forma di attaccamento alle istituzioni, ovvero l’establishment da sconfiggere.

Questa grande eredità lasciata dall’ex Presidente al GOP ha gettato un’ombra sul Partito, spingendolo ulteriormente a destra e portando gli elementi più estremi del conservatorismo repubblicano al centro della politica statunitense.

Durante la presidenza Biden, in linea con la generale frammentazione del sistema politico, anche il Partito Repubblicano è stato fortemente segnato da diverse fratture interne, intensificate dopo l’assalto a Capitol Hill nel 2021. Se da un lato una consistente parte del GOP sostiene strenuamente Trump, dall’altra vi sono frange moderate aperte al dialogo democratico ed attaccate alle istituzioni federali. 

In questo clima, ad avere la peggio sono stati i moderati del Partito, i quali, soverchiati dai seguaci del movimento MAGA, non sono riusciti e non riescono a costituire una controparte sufficientemente solida per poter riprendersi il partito dall’interno. 

È opportuno sottolineare come questa dinamica sia ben nota al Partito Democratico, il quale ha interesse nel rapportarsi con le frange più estreme e così beneficiare degli attributi ideologici più controversi del Partito avversario, in modo da mantenere il dibattito polarizzato ed avere gioco facile nell’evidenziare quanto, nella comparazione tra i due Partiti, sia irragionevole la posizione del GOP.

Dal canto loro, i Repubblicani non sembrano ambire a smentire tale stravaganza: tra grida e fischi al Congresso, la condotta da talk-show spesso adottata dai membri del Partito ha reso facile all’attuale Presidente sfruttare quest’immagine come stratagemma retorico volto a sottolineare l’impresentabilità del Partito avversario.

Sebbene i membri moderati del GOP e i Repubblicani anti-Trump siano stati fortemente penalizzati dal loro stesso Partito, formalmente l’unico avversario dell’ex Presidente Trump alle primarie è Nikki Haley, la quale, senza menzionare direttamente il tycoon, ha apertamente dichiarato di volersi staccare dalla gerontocrazia, a favore di un ricambio generazionale all’interno del GOP

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L’ex governatrice della Carolina del Sud ed ex ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, Haley è la prima candidata a scendere in campo per contendere a Donald Trump la nomination repubblicana per le elezioni presidenziali del 2024. 

Ad oggi, Trump e Haley sono gli unici due esponenti del Grand Old Party ad aver annunciato ufficialmente la loro candidatura per le primarie di partito. Haley è, al momento, una variabile quantomeno interessante nel quadro pre-2024, sebbene la sua rilevanza sia ancora bassa secondo le ultime rilevazioni di Reuters-Ipsos, che attestano l’appoggio del 4% dei Repubblicani registrati, a fronte del 43% di Trump, seguito con il 31% dal governatore della Florida DeSantis, attualmente il potenziale avversario più pericoloso per l’ex Presidente.

Sebbene l’alto numero di candidati Repubblicani aiuti il partito a disperdere il voto degli avversari, le prospettive del Grand Old Party in vista del 2024 rimangono, ancora, spostate verso destra e tendenzialmente avverse al confronto democratico. Questo lasso di tempo sarà cruciale per rafforzare il sentimento anti-establishment del GOP o ridefinirne i confini, sanando le fratture interne e riavvicinandosi alle istituzioni federali.

(Foto di Copertina – Andrew Harnik/AP Photo)