BCE, ecco il nono rintocco
I tassi di interesse continuano a salire. Analizziamo insieme le principali decisioni assunte a luglio dalla Banca Centrale Europea.
«L’inflazione continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato. Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del due per cento nel medio termine. Ha pertanto deciso oggi di innalzare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE». Sono le parole usate, lo scorso 27 luglio, dal Presidente della BCE Christine Lagarde, nella consueta conferenza stampa che segue la riunione del Consiglio direttivo (anche la “conferenza stampa”), per rendere note le ultime decisioni di politica monetaria adottate dall’istituto di Francoforte.
Pertanto, a decorrere dal 2 agosto scorso, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali – ossia il tasso di interesse corrisposto dalle banche quando assumono prestiti dalla BCE per la durata di una settimana – sulle operazioni di rifinanziamento marginale – vale a dire il tasso di interesse corrisposto dalle banche quando assumono prestiti dalla BCE overnight – e sui depositi presso la banca centrale – cioè, il tasso che definisce l’interesse che le banche percepiscono sui loro depositi overnight – si attestano, rispettivamente, al 4,25 per cento, al 4,50 per cento e al 3,75 per cento.
Quella che nel primo trimestre 2022 sembrava essere una candida colomba, che con fermezza ribadiva la decisione di tenere fermi i tassi di interesse data la fiducia riposta nella crescita economica dell’Eurozona, si è trasformata rapidamente in un giovane falco, soprattutto a seguito delle ricadute del conflitto tra Russia e Ucraina che ancora oggi non ha trovato l’auspicabile “cessate il fuoco”, ma che sembra sempre più orientato verso una situazione di stallo a lungo termine.
Infatti, al primo rialzo entrato in vigore il 27 luglio 2022 (+0,50 per cento) hanno fatto seguito:
– nel 2022, gli aumenti entrati in vigore il 14 settembre (+0,75 per cento), il 2 novembre (+0,75 per cento) e del 21 dicembre (+0,50 per cento);
– nel 2023, gli aumenti entrati in vigore l’8 febbraio 2023 (+0,50 per cento), il 22 marzo (+0,50 per cento), il 10 maggio (+0,25 per cento), il 21 giugno (+0,25 per cento) e, da ultimo, il 2 agosto (+0,25 per cento).
Si tratta del nono incremento consecutivo in un anno, che porta i tre tassi di interesse di riferimento al massimo dal 2001.
La decisione in esame, seppur la più attesa nel panorama europeo e non solo, non è l’unica adottata dal Consiglio direttivo della BCE lo scorso 27 luglio; le altre decisioni assunte riguardano soprattutto:
– il Programma di Acquisto di Attività (PAA): il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio PAA non verrà più reinvestito dall’Eurosistema, determinando pertanto la graduale riduzione di detto portafoglio;
– il Programma di Acquisto per l’Emergenza Pandemica (PEPP): il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio PEPP continuerà a essere reinvestito in modo flessibile almeno fino alla fine del 2024. In ogni caso, come riportato nel comunicato stampa che segue le decisioni assunte dalla BCE, «la futura riduzione graduale del portafoglio del PEPP sarà gestita in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria»;
– le riserve obbligatorie: la remunerazione delle riserve obbligatorie è stata fissata allo 0 per cento al fine (i) di assicurare la completa trasmissione delle decisioni assunte sui tassi ai mercati monetari e (ii) di migliorare l’efficienza di tali decisioni, determinando la riduzione dell’ammontare complessivo degli interessi da corrispondere sulle riserve, al fine di dare attuazione all’orientamento adeguato.

Inflazione
«L’incremento dei tassi di oggi rispecchia la nostra valutazione delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria. Gli andamenti osservati dopo l’ultima riunione confermano la nostra aspettativa che l’inflazione si ridurrà ulteriormente nel resto dell’anno, ma si manterrà su un livello superiore all’obiettivo per un prolungato periodo di tempo».
Tale affermazione è ovviamente corroborata dai dati. Stante le stime fornite dalla BCE, a giugno l’inflazione si è contratta attestandosi al 5,5 per cento (-0,6 per cento rispetto a maggio). I prezzi dell’energia hanno fatto registrare una ulteriore riduzione, registrando una diminuzione del 5,6 per cento (sui dodici mesi). Rispetto ai beni alimentari, l’inflazione, pur mantenendosi ad un livello molto elevato (11,6 per cento) anche nel corso del mese di giugno, ha continuato ad attenuarsi (-0,9 per cento rispetto a maggio).
L’inflazione al netto dei beni alimentari ed energetici a giugno si è attestata al 5,5 per cento, facendo segnare un lieve incremento rispetto al mese di maggio (+0,2 per cento rispetto a maggio), a fronte delle tendenze divergenti mostrate da beni e servizi. Infatti, rispetto a maggio, se da un lato l’inflazione dei beni si è contratta del -0,3 per cento collocandosi al 5,5 per cento, dall’altro i servizi hanno fatto segnare un +0,4 per cento attestandosi al 5,4 per cento, per effetto soprattutto delle spese effettuate per viaggi e vacanze che contraddistinguono il periodo estivo.
L’aumento delle retribuzioni e i margini di profitto ancora forti rappresentano una determinante sempre più significativa che sta rafforzando la pressione interna sui prezzi, a fronte di fonti esterne che invece si stanno indebolendo.
Fonti di rischio e prospettive future
Un forte vento di incertezza continua a soffiare sulle prospettive per la crescita economica e sull’inflazione.
Per quanto riguarda la crescita economica, questa continua a esser messa a dura prova soprattutto dal conflitto tra Russia e Ucraina, che ancora è purtroppo molto lontano dal giungere al termine, e dal conseguente inasprimento delle tensioni geopolitiche su scala globale. Questi due fattori, fortemente correlati tra loro, potrebbero comportare una frammentazione sempre maggiore del commercio internazionale, con significativi riflessi negativi sull’economia dell’area dell’euro.
A questi fattori di rischio, che gettano un pesante velo di incertezza sulla crescita economica dell’area dell’euro, è necessario aggiungere anche gli eventuali effetti negativi della politica monetaria restrittiva portata avanti dalla BCE. Infatti, l’espansione economica potrebbe risultare più lenta se l’economia mondiale si indebolisse o se gli effetti di detta politica monetaria fossero più forti delle attese, finendo per deprimere la domanda di esportazioni dell’area dell’euro e determinando, pertanto, un deficit delle partite correnti.
Se da un lato il conflitto tra Russia e Ucraina e gli eventuali effetti negativi della politica monetaria in atto possono potenzialmente deprimere la crescita economica, dall’altro va evidenziato come (i) la vivacità del mercato del lavoro, (ii) l’aumento dei redditi reali e (iii) una minore incertezza potrebbero alimentare nelle famiglie e nelle imprese un clima di maggior fiducia e una più elevata propensione al consumo che comporterebbero una espansione economica maggiore di quella prevista.
Per quanto riguarda l’inflazione, ancora una volta tra i principali rischi che potrebbero aggravare il quadro attuale è presente una derivata prima del conflitto tra Russia e Ucraina. Infatti, il ritiro unilaterale della Russia dalla Black Sea Grain Initiative – l’iniziativa mediata dalle Nazioni Unite e sottoscritta da Ucraina, Turchia e Russia il 22 luglio 2022 per il trasporto sicuro di cereali e derrate alimentari da tre importanti porti ucraini nel Mar Nero: Odesa, Chornomorsk, Yuzhny/Pivdennyi – potrebbe comportare possibili nuove pressioni sui costi dei beni energetici e alimentari.
Dura la reazione del Consiglio dell’Unione europea alla decisione della Russia di porre fine a detta iniziativa. Come si può evincere dal comunicato stampa dello scorso 17 luglio, l’Unione europea «condanna inequivocabilmente la decisione della Russia di porre fine all’iniziativa sui cereali del Mar Nero», sottolineando che «con la sua decisione, la Russia sta aggravando ulteriormente la crisi globale della sicurezza alimentare causata dalla sua guerra di aggressione contro l’Ucraina e dal blocco che ha imposto ai porti marittimi ucraini. La Russia deve smettere di bloccare illegalmente i porti marittimi ucraini e consentire la libertà di navigazione nel Mar Nero».
Altri fattori di rischio potrebbero essere:
– l’evoluzione della crisi climatica, che potrebbe comportare una crescita dei prezzi dei beni alimentari maggiore del previsto;
– aumenti dei margini di profitto e/o delle retribuzioni maggiori di quanto stimato, che potrebbero influenzare, anche nel medio termine, l’aumento dell’inflazione;
– un aumento prolungato delle aspettative di inflazione al di sopra delle stime effettuate.
Di contro, potremmo assistere a un allentamento delle pressioni inflazionistiche nel caso di un indebolimento della domanda, derivata prima ad esempio di una più intensa trasmissione della politica monetaria. Potremmo assistere a una riduzione più rapida dell’inflazione nel caso in cui la riduzione delle quotazioni dell’energia e i minori rincari dei beni alimentari si trasmettessero ai prezzi degli altri beni e servizi più rapidamente di quanto stimato.
Altri aumenti dei tassi in vista?
La politica monetaria restrittiva fin qui messa in atto dal Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea sta continuando gradualmente a influenzare tutta l’economia, determinando una riduzione (in proiezioni) dell’inflazione verso il target del 2 per cento.
La Presidente Lagarde in conferenza stampa non ha escluso ulteriori aumenti, ribadendo il concetto già più volte espresso ossia che «le nostre decisioni future assicureranno che i tassi di interesse di riferimento della BCE siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine. Continueremo a seguire un approccio guidato dai dati per determinare livello e durata adeguati della restrizione. In particolare, le decisioni sui tassi di interesse seguiteranno a essere basate sulla nostra valutazione delle prospettive di inflazione considerati i dati economici e finanziari più recenti, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria».
Il nono rintocco della campana della BCE potrebbe, quindi, non essere l’ultimo.
“En ego campana numquam denuntio vana”