Mondello e la sua storia, da palude a gioiello balneare
Quella che oggi è la località balneare più gettonata di Palermo, in origine è stata una palude fangosa. E creava non pochi problemi.
Tra le principali attrazioni che la città di Palermo offre ai suoi abitanti e visitatori, troviamo al primo posto la canonica Mondello, meta necessaria di turisti e palermitani. Passeggiando sulla spiaggia troviamo i venditori ambulanti a farci compagnia, bambini felici che non vogliono uscire dall’acqua, famiglie con teglie di pasta al forno e, spostandosi nella piazza, locali, giostre, ristoranti e bel vedere.
Insieme alle lodi, però, arrivano anche le critiche: partendo dal condotto fognario in continuo stato di emergenza e i relativi allagamenti nelle zone abitate, arrivando al più comune agglomerato di rifiuti che galleggia in mare, o si posa indifferente sulla sabbia e per le strade. In verità Mondello è tanto amata quanto sofferta, rivestita di sentimenti contrastanti che sono, di fatto, tanto cari al palermitano. Ma per comprendere il presente, bisogna dare uno sguardo al passato.
Le origini di Mondello: una palude fangosa
Prima di essere il polo balneare e turistico che tutti conosciamo, in principio Mondello era una palude fangosa e malsana, che creava molto disagio agli isolani del tempo. L’etimologia del suo nome è infatti, per quanto ancora incerta, strettamente legata alla sua condizione naturalistica. Per diversi secoli si pensava che il termine “Mondello” venisse da “Gallo” (in arabo “Gal”, ovvero “monticello”), successivamente tradotto in “Montello” (riferito al Monte di Delo in cui nacque il dio Apollo) e addolcito foneticamente dalla lingua siciliana in “Mondello”.
La teoria, proposta dal padre gesuita Giordano Cascini e avanzata nei suoi studi sulla vita di Santa Rosalia del XV secolo, però, per quanto intuitiva a livello etimologico, fu confutata con gli studi successivi e venne attribuita la paternità del nome agli arabi, che indicavano la zona paludosa come “Marsâ ‘at Tin”, letteralmente “porto del fango”, e così continuò ad essere chiamata fino al XII secolo.
Nel tardo paleolitico, secondo le testimonianze dei graffiti nelle grotte Addaura e Niscemi, la zona in questione era tra le più fertili e rigogliose dell’isola grazie ai corsi d’acqua dolce provenienti dai monti circostanti, che formavano una grande insenatura che copriva quella che oggi è la borgata di Partanna. La baia era così profonda da diventare punto strategico per l’approdo di flotte militari della Prima guerra Punica del 247 a.C, più precisamente durante la Campagna di Sicilia.
Con l’avanzare dei secoli e delle dominazioni, la civiltà cominciò a svilupparsi velocemente e nel periodo Romano nacque l’esigenza di aumentare i terreni coltivabili e raccogliere legname per la produzione di imbarcazioni ed edifici. Questa richiesta vide un brutale disboscamento di diverse aree locali, e il conseguente riversamento di depositi alluvionali e detriti dei canali vicini (che avrebbero dovuto normalmente defluire in mare) sul suolo, trasformando il terreno in una vasta distesa paludosa.
In un primo momento, la formazione del pantano venne sfruttata nella raccolta della “ddisa”, il cespuglioso ampelodesmo le cui foglie essiccate erano utili nella costruzione e riparazione delle reti di pescatori. Con il passare degli anni però l’aria mefitica dell’acquitrino e le relative malattie che ne scaturirono – prima tra tutte la malaria – e l’impossibilità di svolgere qualsiasi lavoro, portarono gli abitanti delle contrade vicine a spostarsi in altre borgate.
Durante la dominazione araba in Sicilia, nonostante la zona avesse perso totalmente la sua fertilità, gli abitanti tornarono a stanziarsi sul posto, creando il primo villaggio di pescatori e, nel punto oggi conosciuto come Valdesi, furono impiantate diverse piccole saline.
I governanti islamici del periodo prestarono particolare attenzione alla condizione compromessa della palude e si impegnarono nel miglioramento della rete idrica cittadina grazie a dei canali sotterranei di trasporto idrico, i Qanat, presenti anche in numerose altre zone dell’entroterra.
Dal XV secolo il piccolo villaggio di pescatori si sviluppò velocemente in grandezza e popolosità, portando sul posto un’intensa attività agro-pastorale sia legata all’allevamento animale, che alla coltivazione di orti e vigneti. Con le nuove tecniche di pesca introdotte, Mondello (in quel periodo “Piano Del Gallo”) si definì come un piccolo polo commerciale.
Nel 1455 venne costruita una tonnara e delle torri di avvistamento, in protezione dei corsari nordafricani, rendendola così anche zona di difesa della costa Nord orientale siciliana.
La palude della morte
Intanto il problema legato alla tossicità del pantano divenne insostenibile, come riportato nei testi del Marchese di Villabianca in cui, nel 1772, la palude fu causa di numerose morti legate a nuove malattie sviluppate. Nel 1773 il Senato Palermitano si mobilitò in cerca di una soluzione al problema, senza però arrivare a nulla di concreto.
Alle porte del XIX, Re Ferdinando IV di Borbone, ormai stabilitosi a Palermo, istituì una riserva naturale nell’ambito della Reale Riserva dei Colli, impedì la caccia nel pantano e propose delle opere di canalizzazione delle acque, insieme a un contemporaneo riassetto altimetrico della zona. Venne alzata una grande diga di sabbia e pietre per impedire gli allagamenti durante le mareggiate, e costruiti dei canali in muratura per l’acqua dolce.
Le opere, secondo le testimonianze del Villabianca, costarono in totale 12.750 lire e furono realizzate in quattro mesi. A costruirle furono trecento prigionieri di guerra, costretti ai lavori forzati: in memoria di questi fu posta una lapide monumentale, andata però distrutta durante i moti del 1848.
Nonostante l’impegno, il problema non trovò risoluzione e gli allagamenti si verificavano in punti nuovi e diversi, accentuando di fatto la proliferazione della malaria. Nel 1860 la pandemia ebbe una drastica impennata: in quel periodo nell’allora “Comune riunito di Mondello-Partanna e Pallavicino” vivevano 2984 persone. Durante gli anni a seguire la popolazione venne decimata dalla malattia e i superstiti scapparono dalla zona. Nonostante la tossicità, il terreno restava uno tra i più fertili dell’isola, e la vegetazione cresceva rigogliosa, soprattutto le piante di agrumi.
Nel 1889 venne approvato un progetto di bonifica dal Principe di Scalea, supportato dall’amico Francesco Crispi, allora capo del governo, il “progetto Baccarini”. Questo era stato proposto in fase grezza pochi anni prima dal Corpo Reale del Genio Civile di Palermo, e rifiutato allora dal Sindaco pro tempore Nicolo Turrisi Colonna. Ripresa e accuratamente modificata, la proposta vedeva l’intercettazione delle acque in un grande canale, posto nelle vicinanze del Monte Pellegrino, e riempito da ingenti quantità di terra e massi dissodati. Venne inoltre spianato un banco di sabbia e realizzato un canale di circonvallazione che raccogliesse le acque e le riversasse nei due sbocchi di Mondello e Punta Celesi.
Con questa operazione la zona perse la sua umidità e la malaria venne definitivamente debellata, portando Mondello a una nuova fase di vita ancora da scoprire.
La rinascita di Mondello dal ‘900 a oggi
Nel 1909 la società italo-belga Les Tramways de Palerme (nominata Mondello Italo Belga fino al 1933) ottenne in concessione 280 ettari di terreni bonificati (dal cancello del Giusino fino al mare) per creare una località turistica di lusso, pagando la cifra di 578.310,42 lire.
È infatti nel 1910 che prende vita l’Antico Stabilimento balneare in stile art nouveau, progettato dall’ingegnere Stualker e costruito dalla società, sotto la direzione di Giovanni Rutelli, figlio del celebre scultore. Nel 1912 arrivano anche le prime linee tram che collegavano la borgata al resto della città, nel 1941 viene realizzata la zona verde urbana di Piazza Caboto, e a seguire una chiesa.
L’antico stabilimento diventa un luogo rinomato in tutta Europa, tra i più eleganti e alla moda del periodo, fino al 28 gennaio 1943, anno in cui, durante la Seconda guerra mondiale, le forze militari tedesche sequestrarono lo stabilimento.
Finita la guerra, continuarono i lavori di riqualificazione e nel 1953 venne inaugurato il Mondello Palace Hotel (dove era stato pensato il Kursaal, un enorme edificio in stile liberty a scopo ricreativo e mai realizzato).
Ad oggi la società continua a gestire Mondello, rendendolo uno dei posti più apprezzati della Sicilia. Ma molte questioni restano irrisolte, come una reale risoluzione legata alla rete fognaria che puntualmente allaga il borgo, o lo smaltimento di rifiuti che vengono abbandonati dagli incivili. Ma come dimostra la sua storia, ci vuole tempo per migliorare le cose, e certamente un maggiore rispetto dell’ambiente da parte dei cittadini potrebbe velocizzare il processo.
Foto in articolo Albaria.org