Sul clima ora o mai più, il prossimo governo deve avere a cuore l’ambiente
Programmi politici a confronto in questa campagna elettorale segnata dal gas russo, il nucleare e (da qualche parte) anche la riduzione delle emissioni. Purtroppo nessuna coalizione promette bene sul fronte del clima.
Quest’anno in Italia stiamo assistendo alla prima campagna elettorale in cui il clima è uno dei temi più citati – ma non necessariamente tra quelli più cari – dai partiti italiani che si apprestano a sfidarsi alle urne il prossimo 25 settembre.
Anche se il tema dell’energia è molto dibattuto e decisamente attuale a causa della crisi europea con la Russia, nei programmi elettorali così come nei talk politici, l’altro tema portante sulla questione energetica, il clima, risulta carente su aspetti chiave come le emissioni e la legislazione di settore, gli interventi di adattamento al cambiamento climatico, la transizione in ambito produttivo e, quindi, la conversione energetica.
Spaccature e “liti” si riscontrano in temi pop come le bollette – senza dimenticare le sanzioni alla Russia – il nucleare e la gestione delle fonti fossili, alternativa rapida in assenza del gas russo.

In generale, i due schieramenti politici principali propongono due strade nettamente diverse (considerando sempre le carenze sopra citate): dal centrodestra, sulla stessa lunghezza d’onda del cosiddetto “Terzo Polo”, si indica un percorso energetico basato su gas e nucleare; dal centrosinistra, si spinge su rinnovabili e quindi sulla decarbonizzazione, in linea con gli obiettivi europei discussi più volte nei più prestigiosi tavoli internazionali, anche se recentemente deludenti.
Un’interessante analisi sulla presenza di questi temi in campagna elettorale giunge dal think tank italiano sul clima ECCO che ha elaborato una scheda di sintesi davvero completa e utile a orientarsi all’interno delle proposte e degli snodi fondamentali per un’azione concreta per affrontare sfide energetiche e cambiamento climatico.
Sulla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, quasi nessun partito ha rilanciato una cifra di taglio superiore a quella confermata in sede europea del 50% – la coalizione Verdi e Sinistra Italiana (Verdi-SI) fissano un obiettivo che raggiunge il 70% rispetto ai valori del 1990, e chiedono l’aggiornamento del Piano nazionale energia e clima.
Sempre a proposito della presenza del tema ambiente nelle proposte elettorali italiane, si riscontrano importanti divergenze sull’utilizzo di gas fossile, sui rigassificatori e sui metanodotti che – va ricordato – si infrangono contro il muro degli accordi europei di riduzione delle emissioni. Terzo Polo, Lega e Fratelli d’Italia supportano la costruzione di nuove infrastrutture del settore ma è quantomeno difficilmente valutabile la compatibilità di questi nuovi impianti con l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni con scadenza al 2030.
Sul fronte della produzione di energia da fonti rinnovabili c’è invece supporto unanime, ma a entrare nello specifico sui numeri di installazione e sviluppo energetico di settore sono solo Verdi-SI e Partito Democratico.

Resta in silenzio il tema dell’adattamento al cambiamento climatico, preoccupante proprio per la fragilità del nostro Paese, tra i più esposti in Europa agli eventi estremi ai quali oggi assistiamo da spettatori spesso lontani, ma talvolta inaspettatamente ravvicinati. Alluvioni, frane, distaccamenti di ghiacciai, ondate di calore e gli altri effetti dovuti al riscaldamento globale gridano al nostro Paese la necessità di un piano di adattamento, piano che attende l’approvazione dal 2018 – sul tema si sono esposti solamente Partito Democratico, Verdi-SI e Fratelli d’Italia che propongono l’aggiornamento e la sua applicazione.
Nella partita per la transizione ecologica, inevitabilmente coincidente con il percorso di decarbonizzazione dell’economia, il prossimo governo (o i prossimi due) ha un compito importante per far fronte a quella che è stata definita la «decade critica» per concepire e attuare azioni climatiche di successo.
Impreparazione, pressapochismo, ostilità o resistenza agli obiettivi europei – per non parlare del negazionismo climatico – potrebbero esporre importanti settori dell’economia italiana e in generale danneggiare quei lavoratori che attualmente, nell’industria basata sul fossile, potrebbero ritrovarsi senza nessun futuro, nessuna rete di salvataggio.
Anche se con i condizionali non si giunge a grandi risultati, va detto che la crisi climatica sarebbe – oramai, a questo punto della storia umana – il vero banco di prova politico per testare la capacità di incidere e influenzare comportamenti pubblici e privati, oltre che disegnare la direzione di questa società ancora poco consapevole degli eventi che sconvolgono l’ambiente intorno a noi, e riguarda la nostra e ogni classe dirigente contemporanea.