Emergenza siccità: chi porterà acqua al mulino del Pianeta?

Emergenze fantastiche e dove trovarle: in Italia, sicuramente, dove è allarme siccità. È il caso di dirlo, sull’emergenza idrica “lo avevano detto”, ma a questo giro bisogna prendere la questione ancora più seriamente. 


Da sempre l’acqua è stata la base della vita: gli animali selvatici si spostano, migrano, seguendo il rumore dei corsi d’acqua, le prime civiltà stanziali costruivano i loro accampamenti vicino a fiumi e laghi, lo stesso suono dell’acqua che scorre ha un potere rilassante, di sicurezza, forse proprio per quell’inconscio collettivo junghiano trasmesso dai nostri avi. 

I cambiamenti climatici e la crisi ambientale sono, ormai, sotto gli occhi di tutti e stanno diventando un problema sociale dal momento che adesso stanno iniziando a intaccare le tasche della popolazione (tutta). 

Ogni anno le temperature aumentano: rispetto al trentennio 1981-2010 c’è stato un aumento delle temperature di circa 2 gradi (nella media nazionale italiana), capace di alterare i normali equilibri naturali (dati di Iconaclima). 

L’emergenza (di nuovo) quest’anno

Sul sito di Icona Clima si possono trovare le grida d’allarme rispetto alla previsione siccitosa dell’estate 2022 già dai mesi di gennaio e febbraio, mesi in cui gli esperti annunciavano minimi storici delle riserve idriche. La politica, ancora una volta, ha avuto altro a cui pensare

Ci si ritrova ogni anno a dover affrontare un’emergenza diversa, ma quella della siccità è un’emergenza che si ripropone periodicamente (si ricordano le grandi crisi idriche del 1997, del 2002, del 2012) e questa è la terza del nuovo millennio. 

La politica dell’emergenza ha un limite grande: non risolve il problema. Al telegiornale si susseguono oggi le immagini dei trattori che tirano l’acqua dai fiumi per immetterla nei bacini e nelle riserve. Una misura del genere dovrebbe far riflettere, perché se da un lato bisogna aiutare agricoltori e allevatori, dall’altro bisogna pensare a interventi incisivi e di lungo termine per evitare di trovarci ogni anno a dover affrontare “la peggiore crisi degli ultimi dieci anni”. 

I governi non sembrano incisivi sull’argomento – gli interessi degli ultimi mesi hanno interessato soprattutto gli scostamenti di bilancio per aumentare la spesa militare – e arrivano gli interventi solo quando c’è un grande rischio economico per la grande distribuzione. 

Anche se ci si ritrova a un break point si possono adottare delle politiche per sostenere l’economia e l’ambiente. Le grandi risorse idriche sono consumate principalmente dal settore dell’agricoltura e dell’allevamento, dove il consumo medio per la produzione di beni alimentari di vario genere si aggira tra i 1000 litri ed i 2000 litri d’acqua per chilo. 

Quanta acqua si spreca

Proprio rispetto a questo tema si stanno avvicendando varie teorie, come quelle dei movimenti vegani e vegetariani che vedono nel consumo di carne la principale causa del consumo idrico

Diversi studi testimoniano che la produzione di 1 kg di carne di manzo sia capace di consumare circa 15 mila litri di acqua. Ma è un’informazione a metà: la maggior parte dell’acqua utilizzata nel ciclo di produzione della carne è quella definita “acqua verde”, ossia l’acqua piovana che ritorna nel ciclo ambientale, il consumo reale dell’acqua in un ciclo di produzione dovrebbe tener conto della cosiddetta “acqua blu”, ossia quella prelevata direttamente dalle falde o dalle altre risorse idriche, che per la produzione della carne si attesta nella media della produzione di tutti gli altri beni agricoli (stando ai dati di Bio Eco Geo). Per cui il problema non è la produzione di uno o di un altro bene alimentare, ma la modalità con cui questo viene prodotto. 

Per inciso, nel territorio italiano, a causa di un diffuso dissesto idrogeologico e della gestione inefficente delle risorse idriche per mano delle amministrazioni comunali, si ha un grave problema di stoccaggio e recupero dell’acqua

La maggior parte dell’acqua piovana va persa; negli impianti idrici, inoltre, si perde quasi il 40 per cento dell’acqua totale (in alcune zone questa cifra può sfiorare anche il 70 per cento, a dimostrazione di una diversa distribuzione del consumo e delle risorse idriche su tutto il territorio). 

Più provvedimenti efficienti e meno emergenze

Fa rabbia pensare che in Italia, ogni anno, sempre con largo anticipo, vengano previste situazioni critiche puntualmente ignorate, preferendo la gestione delle emergenze – serve quindi credere che ci sia della speculazione alle spalle? 

È necessario pensare a soluzioni radicali per la risoluzione dell’emergenza idrica, soluzioni che risulterebbero impopolari. In Italia, il costo dell’acqua si aggira intorno ai 2 euro per metro cubo, circa un terzo rispetto a quello pagato da Francia e Germania. Questo basso costo spinge a un consumo sconsiderato dell’acqua

Bisognerebbe, da un lato, educare la popolazione a un consumo più critico dell’acqua per tutti i bisogni quotidiani, dall’altro bisogna formare ed educare gli agricoltori a sfruttare al meglio le risorse idriche, a creare delle economie circolari in cui le materie prime come l’acqua non vadano perse ma possano essere riutilizzate nei cicli produttivi. 

Lo Stato dovrebbe incentivare le coltivazioni e gli allevamenti estensivi rispetto a quelli intensivi che consumano più risorse per massimizzare i profitti. In generale, si dovrebbe preferire la produzione locale per il consumo locale piuttosto che la produzione globale per il consumo globale. 

Bisogna fare uno sforzo generale, un vero sacrificio (che però farebbe bene anche alle tasche delle persone), consumare meno, produrre meno, pensare locale e sfruttare l’innovazione tecnologica per salvaguardare l’ambiente

Meno acqua significa più siccità, più aridità, meno biodiversità, più rischi incendi, più rischi frane. Bisogna alzare la voce affinché i governi prendano in carico questa problematica e forniscano soluzioni durature per evitare altre emergenze, per salvaguardare l’ambiente: l’unica cosa, in fondo, che ci tiene in vita.


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