Dal Rinascimento a oggi per il David di Michelangelo è ancora il pieno di like
Circa 500 anni fa, se avevi ventisei anni ed eri un artista di talento, in assenza di social avevi un solo modo per fare il pieno di “like”: creare dei capolavori unici e irripetibili. Come nel caso dell’iconico David di Michelangelo Buonarroti.
È stato il percorso delle più grandi personalità del Rinascimento italiano, rimaste immortali nei secoli grazie alle loro stupefacenti creazioni. È il caso di Michelangelo Buonarroti che, proprio il 9 settembre del 1501, dopo aver suscitato l’interesse di molti con la Pietà, iniziava a lavorare a un nuovo progetto monumentale che avrebbe concluso in soli quattro anni: quello del celebre David, caposaldo della scultura mondiale che ha valicato i confini del tempo e dello spazio.
Si tratta di uno dei simboli riconosciuti a livello globale non soltanto del periodo rinascimentale, ma in qualche modo della cultura italiana stessa. Non di rado è stata definita come l’opera scultorea più bella del mondo e numerose sono, sparse per il mondo, le copie riprodotte che vogliono celebrare il genio di Michelangelo e la sua creazione.
La nuova iconografia del David
Inquadriamo le caratteristiche principali e le coordinate storiche dell’opera: parliamo di una statua alta 4 metri e 10 centimetri, realizzata da un unico blocco di marmo che per anni era stato scartato da altri scultori perché ritenuto troppo fragile.
La statua ritrae un soggetto biblico tratto dall’Antico Testamento e riguardante un episodio del 1000 a. C.: Davide, che si distinse nella guerra tra i Filistei e il popolo d’Israele sconfiggendo il gigantesco guerriero Golia. Descritto nelle sacre scritture come «giovane, biondo e di bell’aspetto», Davide sconfisse il nemico con l’utilizzo di una semplice fionda e di una pietra, con cui lo colpì in mezzo alla fronte. Successivamente gli avrebbe reciso la testa, che fu portata a Gerusalemme in segno di trionfo.
Il tema dell’eroico pastorello, non ancora soldato per la giovane età, era stato in precedenza già utilizzato da altri artisti, tra cui Donatello, che scelse come materiale per ritirarlo il bronzo.
A differenza degli altri, Michelangelo non ritrae l’eroe come un ragazzo appena adolescente, ma opta per la rappresentazione fisica di un uomo molto simile a un dio greco, dal corpo armonioso e dalla struttura muscolare ben definita. Particolare poi la scelta di rappresentare il giovane nell’attimo che precede immediatamente il lancio della pietra che uccise Golia.
Conosciamo tutti infatti la sua famosa espressione, concentrata, pensierosa, con la fronte in tensione. Così come sono celebri le vene a fior di pelle realizzate nelle mani, che l’artista scelse di realizzare insieme al capo leggermente maggiorate nelle dimensioni, forse perché erano il nuovo focus su cui voleva che si puntasse l’attenzione: le sedi del ragionamento e dell’azione, correlate l’un l’altra.
Nel complesso il David appare pervaso da una pacata serenità, come se sapesse con certezza di riuscire nel suo intento grazie alla potenza della fede. Inoltre, in origine alcune parti del David erano dorate: la ghirlanda, la fionda e il tronco d’albero dietro la gamba destra.
Il corpo segue lo schema classico del chiasmo. La committenza gli giunse dall’Opera del Duomo di Firenze e dall’Arte della lana. La statua era destinata a essere collocata di fronte alla sede del governo a Palazzo Vecchio, secondo la scelta di un’apposita commissione istituita per l’occasione e comprendente le più alte personalità artistiche e politiche del momento, tra cui Sandro Botticelli e Leonardo da Vinci.
Questa informazione ci porta a riflettere sulla valenza che l’opera doveva avere nella Firenze dei primi del Cinquecento: politica, civile e repubblicana. Le opere d’arte sono sempre state un mezzo eccezionale a testimonianza dei passaggi storici di cui erano protagoniste e ci riportano con le loro storie ai valori che volevano incarnare, in questo caso quelli della libertà, del cittadino che decanta la sua indipendenza contro il potere della signoria.
Fascino e mistero eterno: curiosità e leggende dell’opera
Secondo alcune fonti, Michelangelo, durante una prima fase iniziale dei lavori, era spesso distratto dal via vai di passanti incuriositi che gli si avvicinavano, tanto da essere costretto a costruirsi un recinto di pale in modo da lavorare in tranquillità.
Dopo quasi quattro anni, in occasione della festa di San Giovanni, patrono di Firenze, lo scultore aprì il recinto lasciando a bocca aperta la folla di fiorentini che lo acclamarono immediatamente. L’opera però non era ancora completata.
Un’altra curiosa vicenda è quella relativa alla disputa sulla sede della statua. Inizialmente i committenti avevano pensato di collocarla su un grande basamento rettangolare su uno dei contrafforti esterni dell’abside della chiesa di Santa Maria del Fiore. Tale idea però non era condivisa da tutti, in quanto le colossali dimensioni della statua avrebbero comportato un rischio elevato per la sicurezza collocata in quella posizione.
Nel momento in cui venne istituita la commissione, che propose l’entrata di Palazzo Vecchio, pare si sia acceso un dibattito dovuto al dissenso da parte di Leonardo da Vinci, il quale presentò come controproposta la sede della statua la Loggia dei Lanzi. Pare, secondo alcune voci, che le reali intenzioni dell’autore della Gioconda fossero quelle di distogliere in tal modo l’attenzione dal capolavoro del collega.
Nonostante la proposta di Leonardo da Vinci, il parere prevalente fu quello dell’entrata di Palazzo Vecchio, orientata verso sud-ovest, con lo sguardo rivolto verso le popolazioni nemiche allora in guerra con Firenze.
Oggi è possibile ammirare all’entrata di Palazzo Vecchio una stupenda copia a grandezza reale realizzata per mano di Luigi Arrighetti. Un’altra copia si trova a Piazzale Michelangelo, mentre la scultura originale è collocata alla Galleria dell’Accademia di Firenze.
di Francesca Galati