Devianze giovanili, il dilettantismo nella campagna elettorale

Visto l’approccio di questa campagna elettorale italiana su temi importanti come la salute, le «devianze» e i disturbi mentali, bisognerà pur dire che non solo i giovani sono allo sbaraglio ma che anche gli adulti hanno serie difficoltà.


La campagna elettorale delle elezioni più complicate della storia della Repubblica italiana è entrata nel vivo. Mancano 32 giorni alle elezioni politiche del nostro Paese e tutti i partiti rincorrono il tema che possa assicurare più voti. Il centrodestra unito a guida meloniana gioca a carte scoperte grazie al favore dei sondaggi che danno Fratelli d’Italia in testa, con la leadership del Parlamento praticamente in tasca. Nonostante questa certezza, il capo di Fratelli d’Italia non riduce il tiro sulla campagna elettorale, così come il suo sfidante e alleato Matteo Salvini.

Dopo la grande critica – che molti definirebbero un passo falso ma che di fatto poco incide sulla scelta da parte dell’elettorato – riguardante la pubblicazione del video e dell’audio di uno stupro (bisogna chiamare le cose col proprio nome) ai danni di una donna ucraina, Giorgia Meloni, nominata da Berlusconi ministro della Gioventù nel 2008, è tornata alla carica proprio sul tema dei giovani

È palese ormai che i giovani vivano un disagio generazionale dovuto a delle alterazioni societarie molto complesse e supportate da un cambiamento tecnologico estremamente veloce. Questo tema è diventato il cavallo di battaglia della destra negli ultimi giorni: Salvini e Meloni incarnano lo spirito dei matusa che vedono nei giovani delle “braccia rubate all’agricoltura”.

In un suo post Giorgia Meloni racchiude tutti i problemi dei giovani (alcolismo, bulimia, anoressia, riconoscimento di genere, uso di droghe, violenza e chi più ne ha più ne metta) in un’unica, becera, arrogante e riduttiva definizione: “devianze giovanili”

Chiaramente, la leader di FdI ha anche l’asso nella manica per risolvere il problema e lo gioca come si gioca l’asso sul tre in una partita a briscola, tirando fuori dal mazzo lo sport, il rigore e la leva obbligatoria. Posto che lo sport farebbe bene a tutti (e che in Italia ci sia un problema di infrastrutture sportive è fuori da ogni dubbio), considerarlo terapeutico per la cura delle devianze giovanili è quantomeno populista

Il rigore viene racchiuso in una maggiore libertà d’azione delle forze dell’ordine, come se fosse possibile avere un militare per ogni cittadino, come una sorta di scorta personale, che possa fermarlo ogni qual volta egli voglia o possa commettere un reato. 

La leva militare obbligatoria, invece, ritorna ciclicamente in ogni programma elettorale della destra, un po’ come avvenuto con Umberto Bossi e Clemente Mastella, consapevoli comunque del fatto che risulta uno spreco di denaro, di tempo, di energie e in fin dei conti risulta inutile per il perseguimento dell’obiettivo.

Bisogna ritenere quantomeno offensivo definire “devianze” dei comportamenti che di fatto sono patologici (molti di loro inseriti nel DSM 5 e quindi riconosciuti a tutti gli effetti come una patologia a livello mondiale), e ancora più offensivo per il cittadino e per l’elettore ricevere come soluzioni delle indicazioni coercitive, che non vanno ad analizzare minimamente l’origine del problema. 

Leader come questi sono quelli che condannano apertamente reati come la violenza sessuale ma che rifiutano categoricamente la possibilità di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole e per cui piuttosto la soluzione è “andare a fare il militare”.

Il problema dei giovani, commentato e analizzato da esperti come il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti in numerose dichiarazioni, è molto più profondo. I giovani hanno una immaturità emotiva paragonabile a quella degli infanti, incapaci di riconoscere le emozioni, proprie e altrui, incapaci di empatizzare con l’altro, incapaci di riconoscere il bene e il male, alla costante ricerca di riti di transizione generazionale. 

Inoltre, bisogna individuarli questi giovani. Under 18? Under 24? Under 30? È sotto gli occhi di tutti che ormai siamo alle prese con una fluidità intergenerazionale. E allora ci si aspetta che magari, qualcuno, possa prendere in mano la situazione e spiegare ai cittadini cosa sono queste “devianze giovanili” e perché è sbagliato definirle così, e inoltre che sarebbe il caso di aiutarli questi giovani, non di punirli, cosa che spesso fanno la società e il sistema scolastico. 

Ma non esiste un anti-eroe in questa storia. Il diretto avversario della Meloni, Enrico Letta, si è limitato a pubblicare un hashtag nei suoi canali social in cui scrive “Viva le devianze”, uno slogan a dir poco infelice.

Insomma, bisogna iniziare a pensare che non solo i giovani sono allo sbaraglio, senza meta e senza percorso, ma anche gli adulti hanno delle difficoltà. Adulti che hanno fatto la leva obbligatoria, anni di sport e di educazione corporale e rigorosa. Esempi lampanti di come queste non siano le soluzioni al problema. 

Platone sosteneva che l’unica forma di governo possibile fosse l’oligarchia dei filosofi, il governo dei migliori, ma che questi, consapevoli della corruttibilità del potere, non avrebbero mai preso le decisioni di un popolo. Ci si ritrova quindi oggi con un governo di incapaci, assetati solo di potere e di visibilità, che criticano aspramente tutte le dichiarazioni dei filosofi contemporanei, quasi come a screditarli.

E allora viva la leva obbligatoria, le manganellate, i denti rotti (o peggio) in questura, le defenestrazioni, le punizioni corporali, il tribunale dell’inquisizione. Viva anche le devianze giovanili, le malattie cardiocircolatorie, i tumori. Viva il fumo di sigaretta e lo smog, il traffico, il carbone. E come direbbe un giovane Paolo Villaggio, «ed io, speriamo che me la cavo».