La bambola di Squid Game non è solo un robot

La bambola-robot di Squid Game è tra i personaggi più spaventosi e ben riusciti degli ultimi tempi. Ma anche lei, come ogni elemento della serie, ha un significato che va ben oltre l’intrattenimento. 


Squid Game, la serie coreana apparsa recentemente su Netflix, ha letteralmente conquistato il mondo. Un uomo indebitato fino al collo e altre 455 persone nella sua stessa situazione accettano di partecipare a una serie di giochi per bambini dove chi vince potrebbe portare a casa un ricco montepremi in denaro, ma chi perde pagherà con la vita. Una serie visivamente accattivante, ben realizzata e ricca di azione, sangue, suspense, ma soprattutto disseminata di profonde riflessioni sulla società contemporanea e sul suo sistema capitalista, partendo proprio dalle disuguaglianze socio-economiche in Corea del Sud, che suonano comunque familiari anche da una prospettiva occidentale. 

Attualmente è il miglior esordio nella storia della piattaforma: in meno di un mese ha totalizzato 142 milioni di visualizzazioni, diventando già da subito un cult. Sui social spopolano video e meme dei diversi giochi mortali affrontati dai protagonisti: tra i più gettonati troviamo proprio il primo game, quello del 1, 2, 3… stella! con cui comincia il brutale survival, moderato da una gigantesca bambola-robot dall’aspetto dolce e paffuto, pronta allo sterminio di massa sulle note di “Mugunghwa kkochi pieot seumnida…”

La filastrocca della bambola di Squid Game

Anche chi non ha visto la serie conoscerà sicuramente la cantilena della bambola durante il primo gioco della serie: «무궁화 꽃이 피었습니다» (mugunghwa kkochi pieot seumnida), in italiano potrebbe essere tradotto come “il fiore di ibisco è sbocciato”. Ma cosa significa?

Il Mugunghwa (무궁화), ibisco cinese o “rosa di Sharon”, è il fiore nazionale della Corea del Sud, ufficializzato nel 1945 dopo la liberazione dal dominio giapponese. È stato inserito nell’inno nazionale ed è presente anche nell’emblema della Corea del Sud insieme al Tae-Geuk, simbolo di armonia e pace.

ibisco filastrocca squid game
da Gwangbokjeol – Anisa Khairunisa

L’etimologia della parola («Mugunghwa»), legata a mugung, “eternità”, potrebbe quindi essere tradotto come “fiore eterno che non scompare mai”. L’ibisco è infatti conosciuto per la sua resistenza in situazioni di profonda difficoltà e sopravvive anche se tagliato o danneggiato: una rappresentazione perfetta della tenacia del popolo sudcoreano, soprattutto nel periodo della colonizzazione giapponese. 

Nella serie la filastrocca potrebbe riferirsi ai giocatori, identificati nel fiore, dei quali alla fine della frase sopravvivono solo i più resistenti; ma è anche metafora di lotta in un contesto sociale contemporaneo dove l’ibisco (quindi il popolo, coreano e non) “sboccia” nonostante l’oppressione, quindi sopravvive. O almeno una parte.

Cheol-soo e Young-hee, la Mugunghwa Doll e il femminismo post-coloniale

Come dichiarato dall’art director Chae Kyoung-sun in una intervista a Netflix, e confermato dall’attrice Jung Ho-yeong (Sae-byeok nella serie) ospite al Tonight Show di Jimmy Fallon, a ispirare il look della celebre quanto terrificante bambola-robot sono stati due personaggi di un libro di testo per bambini. 

Dopo l’indipendenza della Corea del Sud nel 1948, il Ministero della Pubblica Istruzione pubblicò Elementary Korean 1-1 ( 초등국어 1-1), il primo libro di testo ufficiale per le scuole elementari, incaricando l’artista coreano Kim Tae Hyung (김태형) di illustrarne la copertina. Ecco quindi la prima apparizione di Cheol-soo e Young-hee (철수와영희), i personaggi silenziosi e sorridenti che avrebbero accompagnato i bambini coreani verso la loro crescita scolastica. 

Nel 1964 le due figure, rispettivamente fratello e sorella, diventarono un modello da seguire e vennero utilizzati in tutti i libri di testo coreani. Nel 1982, tuttavia, in seguito allo sviluppo del Paese, i due bambini vennero considerati obsoleti ed eccessivamente stereotipati e le loro immagini cominciarono lentamente a diminuire, fino a scomparire definitivamente nel 1987. Al posto loro, cominciarono ad apparire immagini di gruppi di bambini carichi, felici e spensierati, con le braccia rivolte verso l’alto: una migliore rappresentazione dei giovani coreani che erano più propensi a un’educazione volta alle emozioni personali e alla creatività. 

Inoltre, nel periodo post-coloniale, la Corea del Sud trascinava ancora un profondo sistema patriarcale radicato, uno dei motivi per cui appariva molto più spesso il nome del personaggio maschile, Cheol-soo, rispetto a quello di Young-hee. Le donne ottennero il diritto al voto nel 1948 dopo una lunga serie di lotte ed era chiaro che la società stava virando verso una apertura – almeno istituzionale – nei confronti della parità di genere. Non è un caso che l’epilogo per Cheol-soo e Young-hee combaci con l’anno di nascita di diverse associazioni femministe (come il KWWA e il KWAU, in difesa delle lavoratrici coreane) e della Legge sull’occupazione e l’uguaglianza di genere. 

squid game

Cheol-soo e Young-hee sono ancora dolcemente ricordati dalla vecchia generazione coreana, che è cresciuta con i loro insegnamenti e ne ha fatto un modello di crescita. Nonostante gli abiti dei personaggi cambino spesso, a partire dagli anni ‘70 sono stati definiti degli outfit comuni: Cheol-soo, il fratellino, indossa un’uniforme da studente, Young-hee, la sorellina, indossa una maglietta gialla e un vestitino arancione. Su questa presentazione è stato ideato l’animatronic in Squid Game, che veste i panni delle vecchie generazioni e del loro retaggio culturale.

La bambola di 1, 2, 3… stella!

Un personaggio simile in un gioco come 1, 2, 3… stella! acquista un significato particolare. Le regole del gioco sono semplici: bisogna correre verso il traguardo solo quando la persona che conta è di spalle e non vede. Considerando quanto analizzato finora, se quindi la bambola rappresenta la forma mentis di vecchie generazioni, è interessante come questa abbia il compito di voltarsi e, all’occorrenza, fare fuoco su chiunque si muove. 

L’idea di movimento, di corsa verso un traguardo, ostacolato da un giudizio dall’alto, potrebbe essere un’interessante allegoria del divario generazionale, per cui oggi i più giovani pagano ancora le conseguenze delle azioni dei più vecchi, non solo a livello sociale.

Un’altra ipotesi è che la bambola rappresenti lo stesso popolo nel post-guerra, ritratto ancora con sembianze infantili, le stesse del modello istituzionale, perché non ancora “maturato” – come anche la condizione socio-economica del paese – ma solo diventato più grande e letale. Ma queste sono solo teorie.

Il robot di Squid Game nella vita reale

Una volta conosciuti alcuni dei retroscena culturali, possiamo affermare con certezza che la bambola è stata realizzata appositamente per Squid Game dai creatori della serie. Diverse testate hanno riportato una notizia falsa legata alla sua nascita: secondo quanto riportato, la Mugunghwa Doll esisteva prima della produzione della serie, ed è stata “presa in prestito” da Chungcheongbuk-do, un villaggio nella contea di Jincheon (a sud della capitale Seul), dove stava all’ingresso della città come “ornamento”, ma ciò non è esatto.

È vero che fino al 29 settembre 2021 il robot gigante è stato esposto a Jincheon (più precisamente a Macha Land, un museo di carrozze), dove accoglieva i visitatori, ma è stato un’errore di comunicazione: lo stesso regista, Hwang Dong-hyuk, ha richiesto espressamente che fosse conservato all’interno e privatamente. 

Nonostante l’originale sia stata archiviata privatamente (probabilmente anche danneggiata durante lo spostamento), una versione meno elaborata è stata posizionata nella Robinsons Galleria Ortigas di Metro Manila, nelle Filippine, come monito per i jaywalkers, i trasgressori che attraversano fuori dalle strisce pedonali. Certamente una valida alternativa ai cartelli di segnalazione.