Turismo culturale a Favara, il controverso caso di Farm Cultural Park
Il codice etico del Ministero dei beni Culturali all’art. 4.1 nel capoverso “Rapporti con il pubblico” recita: «Nei rapporti con gli utenti sono tenuti alla massima disponibilità ed all’applicazione delle misure di semplificazione dell’attività amministrativa in modo da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione». Ma questo, spesso, non avviene. Ne parliamo con Andrea Bartoli, uno dei fondatori di Farm Cultural Park.
Dodici anni fa Andrea Bartoli e Florinda Saieva creano, quasi dal nulla, un luogo ispirato a principi di educazione, ecologia e rinascita di un territorio quasi del tutto abbandonato. Nel 2012 il The Guardian si era già occupato di raccontare questa realtà, che negli anni si è rivelata modello vincente, esprimendosi con queste parole: «Con uno dei tassi di disoccupazione più alti d’Italia e una reputazione impareggiabile di degrado urbano, Favara, che si trova a soli 8 km dalla monumentale Valle dei Templi di Agrigento, non è mai apparsa su nessuna mappa turistica. Né è mai stato probabile che lo facesse. Ma da quando il Farm Cultural Park è stato aperto nel 2010, la città ha attirato artisti e visitatori da tutto il mondo».
Eco Internazionale ha deciso di esplorare questo luogo riportandone fatti ed immagini.
Abbiamo assistito all’espressione viva di questo luogo che il 30 Settembre, giorno della nostra visita, ospitava quaranta studenti dell’Architecture Program della Syracuse University, fondata nel 1873 e ad oggi una delle più prestigiose Scuole di Architettura al mondo.
Sono innumerevoli le iniziative, i progetti artistici interculturali, i premi vinti a livello internazionale e le collaborazioni tra Farm Cultural Park di Favara e il resto del mondo. Una finestra sulla Sicilia che, però, non tutti apprezzano. Come è avvenuto a Mazzarino con la dottoressa Vullo, sovrintendente ai Beni culturali.
L’intenzione é quella di aprire al pubblico un palazzo privato chiuso da 25 anni, Palazzo Tortorici, senza fondi pubblici e senza chiedere soldi a nessuno. Grazie al contributo finanziario di Bartoli (in origine notaio), l’impegno del comune e di volontari, il palazzo è stato recuperato, arredato e destinato ad attività e un giardino che dovrebbe ospitare una foresta di camelie, in onore delle culture orientali. Questo progetto però è stato bloccato in corso d’opera.

Perché una sovrintendente non dovrebbe essere disponibile al dialogo, concedere collaborazione e garantire semplificazione dell’attività amministrativa? Fino ad oggi ben cinque visite ispettive sono state inviate dalla Sovrintendenza ai Beni culturali di Caltanissetta. Funzionari chiamati a confrontarsi con una modernità artistica, chiedono supporto ai tecnici del Museo di arte contemporanea di Palermo che, nella loro relazione, affermano che: «(…) Nessuna delle installazioni o delle decorazioni ha sminuito l’esistente, aggiungendo, anzi, valore e peculiarità ed esaltando una continuità storica che non risulta turbata e che regge il dialogo in maniera forte. E che lo spirito del luogo, il suo genius loci, non è stato compromesso ma anzi rafforzato da nuova espressione di arte e bellezza (…)».
Dopo la pubblicazione di una lettera aperta e di una petizione (disponibile su change.org) in data 23 Settembre 2022, la soprintendenza ha inviato una nota in cui, evidentemente indispettita dal clamore mediatico, afferma che «l’ispezione ha avuto luogo pochi giorni dopo, e cioè in data 11 luglio, è palese che la disposizione relativa all’interdizione alla fruizione pubblica, di cui alla nota in oggetto è limitata all’arco temporale intercorrente tra la data di sospensione dei lavori e quella della visita ispettiva».

Perché mai se l’ispezione di giorno 11 luglio è andata bene, non ha espresso parere positivo? Perché il 16 settembre, è stato richiesto un nuovo parere al superiore Dipartimento regionale?
Nonostante il clamore mediatico, però, la dottoressa Vullo non ha rilasciato nessun tipo di dichiarazione. Se però volesse controbattere, la redazione di Eco Internazionale rimarrebbe a disposizione per ascoltare le sue ragioni.
Andrea, Florinda e tutto lo staff di Farm Cultural Park chiedono a gran voce che venga fatta chiarezza su questi fatti e che Farm Cultural Park possa operare migliorie e innovazioni su un territorio che ne ha fortemente bisogno, come quello siciliano.
L’arte e il turismo culturale dovrebbero essere essenza per l’Italia, e in questo caso la Sicilia. Andrea Bartoli fa notare quanto l’operato della soprintendenza stia boicottando il territorio e le possibilità economiche derivate dall’affluenza di turisti nell’area di Mazzarino e Favara.
«Basta con il dire ai nostri figli che dalla Sicilia devono andare via. Che tanto qui le cose non cambieranno mai. Dobbiamo incoraggiare i nostri figli a fare tutte e quante più possibili esperienze all’estero ma spiegando loro che qui è possibile ritornare e fare le cose anche contro le resistenze di un sistema vecchio e obsoleto che ormai appartiene ad un’altra era».
Qui l’audio integrale dell’intervista