Ecocidio, una definizione giuridica
L’ecocidio ha finalmente una definizione legale ed è prossimo ad essere riconosciuto come crimine internazionale.
L’ecocidio è un crimine contro il Pianeta e, di conseguenza, contro esseri umani, piante e animali che lo abitano. Fino ad oggi, però, è sempre mancata una definizione legale di ecocidio, indispensabile per far sì che esso venga perseguito dalla Corte penale internazionale. A colmare questo vuoto ha provveduto una squadra di giuristi.
«Ai fini del presente Statuto, per ‘ecocidio’ si intendono gli atti illeciti o sconsiderati commessi con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità di causare danni gravi, diffusi o di lunga durata all’ambiente, causati da tali atti».
Questa è la definizione legale di ecocidio che gli esperti, riuniti nella coalizione “Stop ecocide”, chiedono di inserire nello Statuto di Roma, cioè il trattato che definisce i principi, la giurisdizione, la composizione e le funzioni della Corte penale internazionale.
Il gruppo, presieduto dall’avvocato Philippe Sands QC (Regno Unito) e dalla giurista delle Nazioni Unite ed ex procuratrice Dior Fall Sow (Senegal), è stato convocato alla fine del 2020 in un momento fortemente simbolico, 75 anni dopo che i termini “genocidio” e “crimini contro l’umanità” furono usati per la prima volta a Norimberga. L’inclusione dell’ecocidio nello Statuto di Roma aggiungerebbe un nuovo reato al diritto penale internazionale, il primo a essere adottato dopo il 1945.
Il gruppo di esperti raccomanda un nuovo paragrafo nel preambolo dello Statuto per introdurre i danni ambientali e il loro legame con i sistemi naturali e umani. E propone l’aggiunta dell’articolo 8 ter, cuore della definizione di ecocidio. La struttura della definizione proposta è simile all’articolo 7 “Reati contro l’umanità“: il primo paragrafo definisce il crimine elencando i punti salienti, il secondo paragrafo spiega in che modo interpretare i termini usati.
Ecocidio però non è un termine nuovo. Venne coniato nel 1970 dal biologo statunitense Arthur Galston per descrivere i danni causati dal cosiddetto “agente arancio”, un defoliante che l’esercito Usa sparse in enormi quantità sulle foreste tropicali durante la guerra del Vietnam. Nel 1973 fu Richard Falk, docente di Diritto internazionale a fornire la prima analisi legale di questo termine. Ma da un punto di vista legale l’ecocidio (ovvero la distruzione consapevolmente perpetrata di un ambiente naturale) non ha mai avuto una definizione legale precisa, fino ad oggi.
Ebbene, in tutto il mondo ci sono tantissime comunità in prima linea che stanno lottando per difendere la loro terra, l’aria, l’acqua, le foreste e i loro mezzi di sussistenza dalle attività estrattive come il fracking e le miniere, e dalla deforestazione, con pesanti impatti ambientali e sociali. Spesso tutto questo avviene lontano dagli occhi del mondo.

Ad oggi, non c’è una legge di protezione della Terra che sia giuridicamente vincolante a livello internazionale. Questo significa che gli individui, i gruppi e le aziende, per la sola ricerca del profitto, possono distruggere ecosistemi e comunità senza timore di essere perseguiti. I singoli Paesi hanno leggi e regolamenti ambientali, locali e nazionali, ma questi, nella maggior parte dei casi, vengono violati.
Inoltre, molto spesso, le sanzioni per i reati ambientali, che si limitano il più delle volte a compensazioni di tipo monetario, vengono dirette alle aziende piuttosto che ai singoli individui con potere decisionale all’interno di quelle aziende. Istituire l’ecocidio come crimine internazionale porrebbe fine all’immunità e all’impunità di industrie e aziende colpevoli.
L’introduzione di tale reato sta ottenendo entusiasmo e il sostegno in tutto il mondo. Anche personalità di spicco come il Papa, Greta Thunberg e la dottoressa Jane Goodall si sono schierati nella stessa direzione.
L’eurodeputata Marie Toussain ha dimostrato entusiasmo e ha dichiarato: «Dopo anni e anni di mobilitazione e lotta senza sosta in tutto il mondo, il riconoscimento dell’ecocidio ha guadagnato forza e sostegno pubblico. Questo riconoscimento è essenziale se vogliamo proteggere tutta la vita sul nostro pianeta, così come la pace e i diritti umani».
Dalla definizione è stato volutamente tenuto fuori ogni riferimento diretto al cambiamento climatico. Una scelta ponderata, per rendere più difficile smontare l’impianto accusatorio in quanto reato, deviando il dibattito sulla solidità scientifica del concetto, che per quanto sia acclarata non impedisce al climate change di restare un tema politicamente caldissimo.
Molto spesso, infatti, il cambiamento climatico viene trattato non come fenomeno realmente esistente ma quale opinione politica che determina scelte e operazioni discrezionali degli Stati. La scelta di tener fuori tale concetto dalla definizione giuridica di ecocidio, dunque, rende la stessa più oggettiva: in poche parole, l’ecocidio è un reato che dovrebbe essere valutato come tale da tutti gli Stati.