Libia, dalla caduta di Gheddafi alla guerra civile

Di Saida Massoussi e Davide Renda – Tra i paesi coinvolti dall’onda della primavera araba figura anche la Libia. Alla scoppio della rivoluzione, avvenuta nel 2011 in concomitanza alle sollevazioni nei paesi confinanti, la Libia era sotto la dittatura di Mu’ammar Gheddafi, salito al potere l’1 settembre 1969 dopo un colpo di stato che condusse alla caduta della monarchia filo-occidentale del re Idris.

Gheddafi si proclamò Guida e Comandante della Rivoluzione, ispirandosi inizialmente al socialismo arabo e alle teorie sul panarabismo di Nasser, e fondò una Repubblica basata sulle teorizzazioni contenute nel suo Libro Verde, pubblicato nel 1975. Coniugò i principi del panarabismo e quelli della socialdemocrazia, superando i modelli di capitalismo e comunismo, motivo per cui si parlò di “terza via” libica.

Le prime manifestazioni in Libia iniziarono nel febbraio del 2011 nella zona della Cirenaica, per poi spostarsi in Tripolitania. Volendosi soffermare sulle cause scatenanti, vediamo come rispetto agli altri paesi coinvolti dalla primavera araba, in Libia è stato minore il peso del carovita; alto era invece il tasso di disoccupazione attestato nel 2011 intorno al 18%.

Alla base delle cause che portarono alla rivolta troviamo comunque il desiderio della popolazione di liberarsi da un potere sempre più oppressivo. Infatti, l’oppressione del regime del Colonnello (così era chiamato M. Gheddafi) si esplicava anzitutto in un controllo stringente dell’informazione oltreché nel massiccio ricorso alla repressione per tenere a bada il dissenso.

L’insurrezione si trasformò fin dagli albori in un conflitto civile, tratto che la distinguerà nettamente dalle rivolte tunisine e dai tentativi rivoluzionari in Egitto e in Siria; da subito, infatti, Gheddafi rispose in maniera molto violenta. Questo provocherà un isolamento dall’intera comunità internazionale, fattore influenzato anche dalla condanna per crimini contro l’umanità da parte del Tribunale penale internazionale.

La guerra civile portò all’intervento delle forze della NATO, che fiancheggiò le forze ribelli in risposta alla durissima repressione armata attuata da Gheddafi. Sui civili veniva indiscretamente aperto il fuoco, e a ciò si aggiungevano i continui bombardamenti nelle zone dei ribelli. Nel corso di un anno, di regione in regione, di villaggio in villaggio, si susseguirono violente e sanguinose battaglie per il controllo del territorio tra le forze governative e i ribelli.

In data 18 ottobre, il territorio libico è interamente sotto il controllo del Consiglio Nazionale di Transizione. L’intervento militare esterno portò alla fuga del dittatore ed alla sua successiva cattura ed esecuzione nella città di Sirte, dove si era asserragliato, il 20 ottobre del 2011.

Un’ulteriore concausa va rinvenuta nella divisione in tribù di cui è protagonista la Libia prima durante e dopo la dittatura di Gheddafi. In tutto il territorio libico troviamo infatti una forte e ampia suddivisione in tribù; secondo alcuni dati internazionali le formazioni sociali ed etniche del paese sarebbero all’incirca 140; secondo altri dati il numero arriverebbe addirittura a superare il migliaio. Il senso di appartenenza a tali tribù è talmente forte e radicato da poter parlare di “tribù prima della Libia”; una divisione sociale prima che economica e politica.

libia mappa

Questa suddivisione può essere sintetizzata considerando le 3 principali zone territoriali delle Libia:

  • Tripolitania: regione d’origine delle tribù di Gheddafi
  • Fezzan: regione fedele al regime
  • Cirenaica: regione focolaio dell’insurrezione contro Gheddafi

Durante il regime del Colonello, i clan tribali erano stati ben tenuti a bada dalla repressione attuata; infatti, uno dei primi passi del consolidamento del regime era stata la sottrazione del potere che la monarchia aveva sin da allora dato ai clan per attuare il passaggio da una società estremamente tradizionalista, che viveva di riti, ad una sorta di socialismo.

Per attuare questo passaggio il dittatore aveva raggiunto diverse intese con i differenti clan, attraverso la cooperazione dei vertici degli stessi, garantendo una sorta di demarcazione e di equilibrio all’interno del paese; equilibrio che si rompe durante la rivolta, quando i clan sono proprio i primi a sollevarsi. Come negli altri paesi coinvolti dalla primavera araba, anche qui, si può parlare di una sollevazione “giovane”, dove i social network giocano un ruolo fondamentale per la diffusione degli ideali di giustizia e libertà.

Tuttavia l’influenza della primavera araba in Libia non è stata di carattere rivoluzionario, non solo perché ha dato vita ad una parziale restaurazione che vede l’ascesa di forze politiche tutt’altro che pacifiche e liberali, ma sono evidenti delle differenze tra i movimenti rivoluzionari egiziani o siriani e gli insorti libici. I giovani che pur hanno dato un input importante alla “rivoluzione” non sono stati in grado di creare un ricambio generazionale, in un paese dominato dalla tradizione e dalla religione più che dalla voglia di libertà e cambiamento.

Il nazionalismo e le forze di ispirazione islamica si sono imposte soffocando le forze liberali e laiche. Alla grande instabilità si sono poi aggiunte le milizie, createsi in tutta la Libia, incrementate dall’impossibilità del governo centrale di garantire ordine e sicurezza. Si aggiungano infine le non poche ingerenze straniere che hanno ulteriormente minato la normalizzazione del paese.

Dal 2014 ha inizio la seconda fase della guerra civile, che vede contrapposti il governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk in cui spicca la figura del generale Haftar e il governo basato sulla capitale Tripoli sostenuto dal Nuovo Congresso Nazionale Generale. Anche l’Isis ha avuto un ruolo all’interno della seconda guerra civile; riuscì a prendere il controllo di Derna e Sirte. Nel 2016, sotto l’egida dell’ONU, si è insediato un Governo di Accordo Nazionale a Tripoli, che però non ha ottenuto l’appoggio dei rappresentanti del governo di Tobruk.

In definitiva, dalla morte di Gheddafi ad oggi è risultato impossibile creare nel paese un governo di unità nazionale ed una convergenza tra le differenti forze politiche esistenti nel paese. Il 2018 dovrebbe essere l’anno delle nuove elezioni. Si arriverà ad un cambiamento?


 

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