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Legge Rognoni-La Torre, 40 anni di lotta alla criminalità organizzata

Quali sono stati i cambiamenti normativi introdotti dalla legge Rognoni-La Torre? Perché a quarant’anni dalla sua approvazione il contenuto della legge è ancora attuale?


Il 13 settembre ricorre il quarantesimo anniversario dall’approvazione della Legge n. 646/1982, nota anche come Legge “Rognoni-La Torre”. Si tratta di un intervento normativo storico non solo per il nostro Paese e per la lotta alla criminalità organizzata, ma anche a livello europeo e internazionale.

Questa legge ha introdotto infatti per la prima volta, come fattispecie autonoma, il reato di associazione di tipo mafioso, inserendo un apposito articolo, il 416-bis, nel Titolo V del Codice Penale, nella parte che disciplina i delitti contro l’ordine pubblico.

Fino a quel momento, il Codice Penale prevedeva soltanto il reato di associazione per delinquere, di cui all’art. 416 c.p. Tale disciplina si era rivelata però inefficace di fronte alle dimensioni del fenomeno mafioso e alle sue manifestazioni tipiche. Uno dei maggiori problemi derivava dal fatto che, nel caso di associazione mafiosa, tra le finalità perseguite dai soggetti uniti dal vincolo mafioso potevano esserci anche alcune attività di per sé consentite dall’ordinamento giuridico italiano, e ciò limitava enormemente le possibilità di applicare la norma generale di cui all’art. 416 c.p.

Differenze tra associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso

La fattispecie delittuosa dell’associazione per delinquere (art. 416 c.p.) si configura nel momento in cui sussistono almeno tre persone che si associano allo scopo di commettere più reati.  La norma costituisce una chiara deroga all’art. 115 c.p.: quest’ultimo prevede la non punibilità del mero accordo per commettere un delitto, qualora esso non venga poi commesso. Con riferimento all’art. 416 c.p. il legislatore ha previsto un’anticipazione della tutela penale dovuta alla gravità del pericolo a cui è esposto il bene giuridico oggetto di tutela, ovvero l’ordine pubblico.

Ѐ richiesto un adeguato accertamento della concreta idoneità del vincolo associativo a commettere reati, sia per i mezzi utilizzati, sia per l’organizzazione. Le pene sono maggiori se l’associazione mira a commettere alcuni tipi di delitti e variano a seconda del ruolo che l’individuo ricopre all’interno dell’organizzazione medesima.

Per quanto riguarda invece la fattispecie delittuosa dell’associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), questa si contraddistingue dall’impiego del cosiddetto metodo mafioso per il perseguimento di alcuni scopi specifici. Il metodo in oggetto si concretizza nell’utilizzo, da parte degli associati, della forza intimidatrice che scaturisce dal vincolo associativo mafioso e, dal lato passivo (ovvero delle vittime del reato), nella situazione di assoggettamento e omertà che tale forza intimidatrice determina nei riguardi dei cittadini, in modo da indurre comportamenti non voluti – anche a prescindere dall’utilizzo di vere e proprie minacce o violenze.

È sufficiente che l’associazione goda di una certa fama di violenza e potenzialità di sopraffazione, sviluppando attorno a sé e nella comunità di riferimento una potenza intimidatrice attuale, concreta e stabile. Coloro che fanno uso della forza intimidatrice devono in qualche modo “avvalersi” di essa, o quantomeno lasciar intendere al soggetto passivo di far parte dell’associazione. Per quanto concerne l’omertà, essa si esprime in un comportamento di non collaborazione con l’autorità e di reticenza.

Bisogna sottolineare che il pericolo per l’ordine pubblico si configura già con la mera esistenza dell’associazione mafiosa, a prescindere dalle finalità che essa persegue. In virtù di quanto detto, l’associazione potrebbe avere ad oggetto anche attività lecite, ma verrebbe comunque ritenuta illecita per l’utilizzo del metodo mafioso.

La Legge Rognoni-La Torre e il contrasto alla criminalità organizzata

Per contrastare efficacemente la criminalità organizzata, gli strumenti di importanza fondamentale sono quelli che riguardano il versante economico-finanziario. Questi, infatti, mirano a colpire l’accumulazione di capitali illeciti, nonché la possibilità di riciclarli attraverso investimenti nel circuito legale.

Le indagini patrimoniali assumono un ruolo primario al fine di individuare i canali che consentono alle organizzazioni criminali di reinvestire i proventi delle attività illecite. Un intervento del genere ostacola concretamente la loro capacità di consolidare redditi e potere, e rende le organizzazioni più deboli e vulnerabili.

L’utilizzo degli strumenti ablatori previsti dall’ordinamento mira a impedire che i beni di origine illecita possano entrare nel circuito dell’economia legale. Con i provvedimenti ablatori vengono sacrificati diritti, facoltà e poteri dei privati, senza il loro consenso, in vista della realizzazione di un interesse pubblico. Gli effetti di questi provvedimenti sono di due tipi: privativi, quando sottraggono una facoltà o un diritto a un altro soggetto, oppure appropriativi, ovvero quando un bene o una facoltà viene acquisito al patrimonio della P.A. 

La criminalità organizzata riesce a moltiplicare i propri redditi e patrimoni proprio attraverso il reinvestimento dei capitali e la diversificazione delle attività: così facendo non solo rafforza la capacità imprenditoriale, ma soprattutto può confondere la sua economia con quella legale.

La disciplina e l’impiego degli strumenti di carattere preventivo, delineati nella Legge “Rognoni-La Torre”, sono stati dunque una risposta dell’ordinamento alle mutate modalità operative delle organizzazioni mafiose.

L’intervento normativo in oggetto prevede misure di prevenzione patrimoniale, quali il sequestro e la confisca di beni illecitamente acquisiti, direttamente o indirettamente, dai destinatari di misure di prevenzione personali previste dalla legge n. 575/1965, ossia indiziati di appartenenza ad associazioni di stampo mafioso. Nel regolare ciò, il legislatore ha introdotto nel codice penale il reato di cui all’art. 416 bis, dando la definizione di associazione di tipo mafioso.

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Perché colpire il versante economico-finanziario dell’associazione di tipo mafioso?

L’importanza di colpire la criminalità organizzata partendo dai patrimoni e dalle disponibilità finanziarie si è compresa nel tempo, studiando i movimenti e i cambiamenti che l’hanno caratterizzata negli anni. L’On. Pio La Torre aveva intuito tutto ciò ancor prima di presentare la proposta di legge di cui si è già ampiamente trattato. Ricordiamo, infatti, che lo stesso La Torre fece parte della Commissione parlamentare Antimafia nella VI legislatura e che in quell’occasione fu tra i firmatari della Relazione di minoranza della Commissione.

La Relazione, datata 4 febbraio 1976, contiene le premesse della proposta di legge di Pio La Torre sul reato di associazione mafiosa ed è anche il primo rapporto che, partendo dalle origini della mafia in Sicilia, svela i collegamenti fra mafia e politica. Il contenuto della Relazione di minoranza è in netta contrapposizione con quello della Relazione di maggioranza. I firmatari della Relazione di maggioranza, infatti, avevano omesso di evidenziare il rapporto di “compenetrazione tra il sistema di potere mafioso e l’apparato dello stato come risultato di un incontro che è stato ricercato e voluto da tutte e due le parti (mafia e potere politico)”.

Prima dell’entrata in vigore della Legge “Rognoni-La Torre”, il più delle volte venivano pronunciate sentenze di assoluzione per insufficienza di prove, poiché la più generica fattispecie prevista dall’art. 416 c.p. (l’associazione a delinquere) non consentiva di individuare facilmente la condotta associativa con lo scopo di realizzare attività di tipo “mafioso”. Si rendeva necessario, dunque, estendere la punibilità anche alle condotte, di per sé formalmente lecite o non connotate dalla volontà di realizzare singole fattispecie criminose, non rientranti nella previsione di cui all’art. 416 c.p.

Gli effetti della Legge “Rognoni-La Torre” sull’ordinamento giuridico penale

La Legge Rognoni-La Torre ha avuto un impatto notevole sul sistema criminale mafioso, alterandone gli equilibri. Tutto ciò è stato possibile poiché la normativa ha disposto l’ampliamento dei poteri coercitivi e di indagine del giudice e della polizia giudiziaria in conseguenza dell’applicazione delle disposizioni in materia di misure di prevenzione.

Possono infatti svolgersi indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie, sul patrimonio e sull’attività economica non solo dei soggetti sospettati di appartenere all’associazione mafiosa, ma anche del coniuge, dei figli conviventi e dei soggetti, persone fisiche o giuridiche, di cui l’indiziato possa disporre, direttamente o indirettamente, di beni e patrimoni.

A distanza di quarant’anni dalla sua approvazione, la Legge “Rognoni-La Torre” – grazie anche alle modifiche introdotte nel tempo – costituisce uno degli strumenti più efficaci nella lotta alla criminalità organizzata. Da ciò si può dedurre che le analisi svolte dall’On. Pio La Torre hanno anticipato i tempi, rappresentando compiutamente i problemi che affliggevano la Sicilia e gli strumenti più efficaci per contrastare la criminalità organizzata. Le conclusioni a cui giunse Pio La Torre insieme agli altri firmatari, cristallizzate nella Relazione parlamentare di minoranza della Commissione antimafia del 1976, si mostrano valide ancora oggi.

Palermo possibile sede dell’Autorità europea antiriciclaggio?

Infine, sempre in merito al tema della lotta alla criminalità organizzata, si rende noto che Palermo potrebbe diventare la sede dell’Autorità europea antiriciclaggio (AMLA, Anti Money-Laudering Authority). La giunta ha dato il via libera alla candidatura della città con un atto di indirizzo finalizzato alla costituzione del comitato promotore.

La città di Palermo ha rivestito un ruolo primario nell’evoluzione della normativa antiriciclaggio. Molti palermitani illustri hanno pagato con la vita il loro impegno a favore delle legalità. Tra questi bisogna ricordare proprio Pio La Torre, il quale è caduto per mano mafiosa per essere stato promotore con determinazione della legge più sgradita alla mafia, che introdusse per la prima volta nel codice penale il reato di associazione di tipo mafioso (il 416 bis), nonché le misure patrimoniali applicabili ai capitali illeciti.

La collocazione di tale organismo europeo a Palermo avrebbe quindi un forte valore simbolico sia per onorare la memoria delle vittime di mafia, sia per l’impegno sociale e politico del capoluogo palermitano nella lotta alla criminalità organizzata degli ultimi quarant’anni.


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