Il Decreto Ristori e il terzo trimestre: l’economia italiana sulle montagne russe

 
 

Il nostro paese ha messo a segno una crescita monstre nel terzo trimestre dell’anno a cui, però, seguirà il probabile calo del quarto trimestre.


L’economia nazionale è caratterizzata, al momento, da luci ed ombre. Le luci, che appaiono essere smaglianti, provengono dall’Istituto Nazionale di Statistica che ha rilasciato la stima sull’andamento del Pil nel terzo trimestre. Secondo l’Istat, il Prodotto sarebbe cresciuto del 16,1% rispetto al trimestre precedente.

La notizia è abbastanza inaspettata e, per una volta, in modo positivo. Le stime del Governo, considerate ottimiste dai più, prevedevano una crescita nel terzo trimestre di poco più del 13%, quelle della Banca d’Italia e dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio si fermavano ad appena il 12%. La crescita sarebbe stata trainata e sostenuta da tutti i settori, sia nel settore agricolo, sia in quello industriale, che in quello dei servizi. L’economia è stata trainata da una forte domanda sostenuta sia da una componente interna che da una componente estera.


Incredibilmente, il Paese cresce anche al di sopra della media europea, che si è fermata al 12,7% per i Paesi dell’eurozona e del 12,1% per gli Stati membri dell’UE. Solo la Francia, col 18,2%, e la Spagna, col 16,7%, hanno messo a segno tassi di crescita superiori al livello continentale. Alla luce di questo forte rimbalzo, il calo acquisito del Pil di quest’anno si riduce all’8,2%: cioè, chiarendo, se nell’ultimo trimestre non vi fossero variazioni, il calo del Pil sarebbe “solo” dell’8,2%.

Accanto a questa luce smagliante, si addensano, però, nubi pesanti all’orizzonte. L’ultimo Dpcm emanato dal Governo ha messo in campo, infatti, una serie di restrizioni per limitare il più possibile la circolazione delle persone e, quindi, del Covid-19. I settori colpiti sono quasi tutti, in particolare quelli della ristorazione, della cultura e del tempo libero. Per alleviare il più possibile il peso di questa chiusura obbligata e, nel contempo, mantenere a galla le attività del settore, il Governo ha però predisposto un decreto pubblicato il 28 ottobre, il cosiddetto Decreto Ristori.

La dotazione finanziaria del Decreto è di circa 6,8 miliardi di euro, distribuiti su una platea di circa 462 mila imprese. Il decreto ricalca la struttura del Decreto Rilancio anche se, diversamente da quest’ultimo, non prevede il tetto di 5 milioni di fatturato. Come per il decreto precedente, l’aiuto alle aziende sarà costituito da erogazioni a fondo perduto, con un tetto massimo di 150.000 euro. Il coefficiente per l’erogazione sarà differenziato in base al codice Ateco di riferimento, con un range che va dal 100% al 400% in base alla gravità delle restrizioni imposte dal Dpcm. Per chiarire, il coefficiente del 400% verrà erogato alle discoteche che sono penalizzate da una lunga chiusura, iniziata ben prima dell’emanazione dell’ultimo Dpcm. Le attività culturali e sportive obbligate alla chiusura da questo decreto usufruiranno del coefficiente del 200%. Le attività solo parzialmente obbligate alla chiusura, come i ristoranti, otterranno un coefficiente del 150%. Il 100% verrà garantito per le imprese legate al settore dei trasporti.

Verranno escluse dalla misura tutte le Partite Iva attivate dopo il 25 ottobre o quelle chiuse di recente, onde evitare furbetti dell’ultima ora. La modalità di erogazione sarà immediata: le imprese che hanno beneficiato del fondo perduto nel Decreto Rilancio vedranno i fondi erogati direttamente nel conto corrente bancario attraverso bonifico. Le imprese che non hanno beneficiato del Decreto Rilancio dovranno presentare un’apposita richiesta all’Agenzia delle Entrate. I ristori, naturalmente, verranno effettuati in base ai cali di fatturato rispetto all’anno precedente. Questo significa che le aziende che hanno effettuato le proprie entrate in nero avranno grosse difficoltà a colmare i buchi di ricavo provenienti dalla chiusura.

Oltre ai fondi erogati alle aziende in difficoltà, il decreto prevede altre misure. Viene prolungato il blocco dei licenziamenti al 31 gennaio 2021 e, contemporaneamente, vengono concesse altre sei settimane di cassa integrazione per i lavoratori. Sono inoltre previste due indennità per i lavoratori di alcuni settori, quali gli stagionali, i lavoratori dello spettacolo e del turismo e quelli del settore sportivo. Queste indennità dovrebbero aggirarsi fra gli 800 e i 1000 euro.

Si può notare, concludendo, come l’economia del nostro Paese mostri una buona resilienza, nonostante gli eventi avversi ai quali è fortissimamente esposta. Le misure messe in campo durante i mesi del primo lockdown sono riuscite a far reggere, in buona parte, il tessuto economico che ha potuto rivitalizzarsi al meglio durante la fase di allentamento dei controlli. Se, da un lato, questo ha permesso un recupero monstre della crescita economica, dall’altro ha però provocato una maggiore diffusione del virus nella società. Il risultato è stato un calo importante ma non catastrofico dell’attività economica e al contempo la necessità di intervenire nuovamente per contenere la diffusione del virus. Se le cose dovessero volgere ulteriormente al peggio e si dovesse andare verso un nuovo lockdown generalizzato, l’esperienza precedente, e le misure prese allora, ci permetterebbero di essere in grado di sostenere nuovamente le attività economiche in difficoltà fino all’arrivo del vaccino o della stagione calda. Abbiamo salvato la nostra economia in primavera, speriamo di essere in grado di farlo di nuovo nel prossimo inverno.


 

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