Il decennio in streaming

Il decennio 2010-2020 è stato uno dei più digitali finora vissuti. I cambiamenti sono stati molteplici e sotto differenti punti di vista: in dieci anni abbiamo cambiato il nostro approccio alla cultura in maniera radicale. Siamo passati dall’ascoltare cd o file mp3 ad avere, in un’unica app, playlist diverse di cantanti e generi diversi. Abbiamo iniziato a leggere libri tramite il Kindle. Abbiamo vissuto i disastri dei cambiamenti climatici e stiamo attraversando una fase di cambiamento culturale che ci porterà verso lidi più puliti e più etici. Abbiamo visto affermarsi i temi del rispetto per l’ambiente e per le minoranze, in un clima sempre più conflittuale.

È stato un decennio di lotta e scoperte, di proiezioni verso un futuro sempre più diverso e criptico. Sono stati anni di denuncia e incomprensioni. In questi dieci anni è cambiato il nostro modo di approcciarci alla cultura e di conseguenza il modo in cui questa è stata presentata. Abbiamo abbandonato i cd, i blue-ray e ci siamo riversati sulle piattaforme di streaming come Netflix, Prime Video, Infinity. Abbiamo accantonato i film per concentrarci sulle serie tv.

Uno dei colossal che non ha mai deluso le aspettative è stato Game of Thrones: una serie tv che ha avuto un impatto culturale, storico, economico senza pari. Siamo stati catapultati in un universo parallelo, “medievale”, fatto di lotta per la supremazia ed il potere; abbiamo assistito a intrighi che ci hanno lasciato senza fiato, puntata dopo puntata. Abbiamo imparato ad attendere con ansia la puntata successiva, creando un legame indissolubile con il piccolo schermo di un personal computer.

È stato un decennio interessante anche per il cinema italiano: ricordiamo “La Grande Bellezza” (2013) di Paolo Sorrentino che è riuscito ad affermarsi in un contesto in cui il film “a puntate” la fa da padrona. Definibile come un Grande Gatsby italiano è probabilmente più autentico e cupo di tanti altri colossal stranieri presentati nello stesso periodo. Sorrentino ci ha presentato un’umanità rotta e sparpagliata in set bellissimi che completano uno spettacolo unico. Uno dei pochi film italiani a potersi definire internazionale: un film da Oscar.

È stato il decennio delle battaglie social, delle guerre digitali a colpi di hashtag. Un cancelletto sul telefono è diventato simbolo di lotta: di genere, religiosa e politica. Siamo scesi in campo cellulare alla mano e siamo diventati dei leoni da tastiera. Abbiamo lanciato campagne di portata mondiale comodamente seduti sul divano di casa nostra e abbracciato ideologie ed identità fino a quel momento sconosciute. Ci siamo messi in gioco, senza muoverci mai dalla nostra comfort zone. Con un semplice click ci siamo politicizzati, schierati, abbiamo crocifisso (digitalmente) persone, comportamenti ed idee.

Probabilmente, possiamo classificare il decennio appena trascorso come uno dei più ideologizzati e, al contempo, come uno dei più poveri di spirito d’iniziativa. Migliaia di donne nel 2017 si sono unite in una lotta a suon di #metoo per affermare i propri diritti in campo lavorativo e personale; nel 2019, dall collettivo femminista cileno Las Tesis si è alzato un grido, Un violador en tu camino, canto intonato ormai in diverse piazze del mondo. Questo inno non è solo una performance, è un movimento di rivendicazione delle donne contro la violenza di genere.

È stato il decennio di diritti non rispettati, è stato un decennio di tante parole e probabilmente pochi fatti. Il cambiamento culturale è lento e, in quanto tale, vanno rispettati i suoi tempi. Probabilmente stiamo provando a cambiare tante, troppe cose con strumenti “nuovi” e a volte inconsistenti.

Sono anni in cui le battaglie sociali, ambientali, politiche hanno cambiato il pensiero del singolo: anni di streaming musicale, video ma anche personale. Anni di scoperte scientifiche, come quella riguardante il Bosone di Higgs del 2012 che cambierà del tutto le teorie sull’universo e sulle particelle elementari.

Il 2016 è l’anno in cui Bob Dylan riceve il Nobel per la letteratura «per aver creato una nuova espressione poetica nell’ambito della grande tradizione della canzone americana». La notizia viaggia veloce attraverso i social media e sconvolge, irrita e delude. Figlia di una nuova cultura, di un nuovo modo di intendere la letteratura ed il pensiero critico.

È stato il decennio in cui il libro è diventato uno strumento di nicchia, un approfondimento per le élite. Si leggono sempre meno libri e, paradossalmente, se ne pubblicano sempre di più. Con l’e-publishing è diventato più semplice vendere, seppur a cifre irrisorie, il proprio scritto in qualunque piattaforma di e-commerce conosciuta. Abbiamo indubbiamente più possibilità di scelta e questo ci porta a scegliere meno. In un mondo in cui gli input sono tanti, il genere umano non ha più il tempo di fermarsi e apprezzare il cambiamento.

Noi, come le canzoni su Spotify, facciamo parte di uno streaming continuo ed ininterrotto in cui probabilmente non esiste la sosta né la batteria scarica. Facciamo parte di un fiume incontenibile che non governiamo. Il rimorso più grande potrebbe essere quello di creare una cultura che in realtà abbiamo desiderato solo in quel nanosecondo in cui, con un click, abbiamo cambiato per sempre le sorti del nostro futuro. Dal divano di casa nostra.


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