Non insegnate ai bambini

La grandezza, ma anche la debolezza, della filosofia consiste nell’essere pensiero, non conoscenza. Questo è un punto molto importante su cui Kant ha insistito a lungo, quello della distinzione tra pensiero e conoscenza, tra la filosofia e le scienze.

Secondo Kant, il pensiero (la filosofia) senza la conoscenza (le scienze) è vuoto, ma la conoscenza senza il pensiero è cieca. Questo spiega, da un lato, il perché sia molto facile teorizzare filosofia vuota, pensiero astratto nella sua accezione negativa. Questo era già chiaro ai greci, i quali avevano senso del limite e, memori della lezione di Socrate, sapevano di non sapere. La filosofia, come la vita, ha a che fare coi propri limiti; ma è da questa consapevolezza che emerge la grandezza di questa disciplina: la philo-sophia è «amore per il sapere» e non a caso i greci erano alla ricerca di un “sapere totale”.

In particolare i filosofi greci, partendo dall’ammissione del proprio limite, erano alla ricerca di continui saperi e la loro filosofia dunque si applicava già alla conoscenza. Tutte le opere dei primi filosofi greci si intitolavano “Sulla Natura” (dal greco Περί Φύσεως, Perí Physeos) e in esse ci si interrogava sull’origine (archè) delle cose, sull’elemento primario o sostanza di tutte le cose e sui principi primi. Attraverso tutta questa rete di domande, come il classico “ti estì” (che cos’è?) che Platone fa ripetere continuamente a Socrate nei suoi Dialoghi, il nostro pensiero si è evoluto.

Aristotele, in un celebre passo della Metafisica, afferma che la filosofia nasce dalla meraviglia, dallo stupore di fronte alle cose, dalla capacità di lasciarsi sorprendere e di rimanere in ascolto della loro voce. Nello specifico dirà: «Mentre da principio (gli uomini) restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo.

Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia».

Dunque, secondo Aristotele, lo stupore è il primo atto filosofico umano, o prefilosofico. Se ci si riflette bene, si vedrà in fondo un’analogia col modo di approcciarsi alle cose da parte dei bambini. Ogni essere umano, in quanto umano, è potenzialmente un filosofo e nei bambini, in particolare, ci sono tutti i segni distintivi, ovviamente in forma elementare, di un vero filosofo: curiosità continua, chiedere sempre il perché di ogni cosa, dubbi che alimentano un desiderio di conoscenza. Questi elementi, se coltivati per tutta la vita, renderanno quel bambino un autentico filosofo, o, se si preferisce, un cittadino saggio e maturo.

La filosofia forma la classe dirigente perché introduce il futuro cittadino nel proprio viaggio che è la vita. Questa disciplina, muovendosi sul campo del limite umano, si pone in un cammino che non termina mai, aperto alla vita. Per questo occorre introdurla anche alle elementari: la filosofia insegna a pensare con la propria testa e rende l’essere umano libero, slegato da ideologie, pensieri precostituiti, stereotipi e dogmi che lo rendono schiavo.

Una disciplina che gli servirà per tutta la vita, a prescindere dal mestiere che poi il futuro cittadino vorrà intraprendere: la filosofia è la disciplina ponte, buona per qualsiasi ambito, che riesce a collegare ambiti diversi tra loro. Sicuramente si tratterà di un cammino tormentato e caotico, anche doloroso, ma è un cammino che vale la pena fare, quello della vita.

Nella sua canzone Non insegnate ai bambini, Giorgio Gaber scrive: «Non insegnate ai bambini \ non insegnate la vostra morale \ è così stanca e malata \ potrebbe far male \ forse una grave imprudenza \ è lasciarli in balia di una falsa coscienza. \ Non elogiate il pensiero \ che è sempre più raro \ non indicate per loro \ una via conosciuta \ ma se proprio volete \ insegnate soltanto la magia della vita».

È qui che entra in gioco la filosofia per i bambini; sempre più spesso oggi si discute sulla possibilità di renderla disciplina a partire dalla scuola elementare. In particolare, già negli anni ‘70 sono iniziati i primi tentativi delle nuove scuole pedagogiche statunitensi di fare filosofia coi bambini. La finalità di queste scuole, sulla scia di Matthew Lipman (filosofo di formazione deweyana), è quella di abituare il bambino e l’adolescente a sperimentare e utilizzare il pensiero critico, a sviluppare la capacità di ragionare analiticamente su questioni teoretiche e pratiche all’interno di un contesto di gruppo con l’altro e grazie all’altro.

Compito del docente, avvalendosi di opportuni materiali didattici, è quello di operare da “facilitatore” del dialogo lungo l’intero processo di ricerca e di indagine del bambino: seguirà e stimolerà i pensieri e i ragionamenti che scaturiranno dal gruppo e si farà garante dell’apertura e dinamicità del dialogo stesso.

In Italia il progetto Filosofia coi bambini è nato nel 2008, da un’idea di Carlo Maria Cirino e Cecilia Giampaoli, e sta prendendo campo in tantissimi istituti e scuole da tutta Italia. Recentemente, il progetto è arrivato sino a Palermo e Bagheria, grazie all’attività di Francesca Lo Buglio e Veronica Cerniglia. Questo articolo è anche un invito a seguire questo bel progetto, rivoluzionario e affascinante, sia per i bambini sia per il docente, che può essere davvero la spinta per qualcosa di nuovo.