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Cuba-Russia, una vecchia ‘amicizia’ messa oggi alla prova

Più di 60 anni di relazioni bilaterali tra Russia e Cuba confermano un’indiscutibile vicinanza di valori ed un rispetto reciproco nel non interferire negli affari interni. Elementi solidi ma, probabilmente, non sufficienti ad affrontare le sfide di oggi da storici alleati.


Quello che Mosca ha rappresentato per Cuba e L’avana per la Russia (e prima ancora per l’URSS) è qualcosa di unico nella storia recente, che non ha ancora trovato esempi eguagliabili o quanto meno simili. L’antiamericanismo della politica interna cubana e quello della politica estera del Cremlino, nel pieno della Guerra Fredda, sono stati il motore e, al contempo, lo scopo di un’alleanza funzionale ai reciproci interessi.

Oggi questo sentimento, insito nella cultura cubana, non è più la ragione cardine che giustifica la sua vicinanza alla Russia: per Cuba la Russia non è solo una valida alternativa all’Occidente, ma una potenza ‘autonoma’, che non ha bisogno di convincere altri Paesi a fare propri gli interessi russi. Una considerazione maturata negli ultimi decenni di un rapporto che ha avuto origine negli anni più caldi del bipolarismo.

Quando nel 1952 Batista pose fine a qualsiasi rapporto con Mosca, per assecondare le richieste del suo “burattinaio” a Washington, accrebbe lo scontento del popolo cubano. Durante la Rivoluzione, invece, il sostegno economico e di forniture di armamenti da parte di Mosca sancì un legame quasi indissolubile. Dopo il trionfo della Rivoluzione nel 1959, con Fidel Castro divenne prioritario in agenda ricucire e solidificare le relazioni con Mosca

Solo dopo il 1991, con la decisione di Eltsin di interrompere il sostegno economico all’isola, i rapporti cominciarono ad incrinarsi e Cuba precipitò in una profonda crisi economica.

È stato Putin, dal 2000 fino ad oggi, a realizzare importanti accordi commerciali ed economici con L’Avana: nel 2009, con la visita di Castro al Cremlino, Mosca e L’Avana hanno siglato un partenariato strategico volto a sviluppare rapporti e programmi in ambito agricolo, commerciale, scientifico e turistico. Clamorosa è stata nel 2014 la decisione della Duma russa di ratificare un accordo con Cuba per la cancellazione del 90% del debito di 35,2 miliardi di dollari verso l’URSS, per avviare un piano di investimenti.

Nell’ottobre 2019, in occasione del 500° anniversario dell’Avana, Demitri Medvedev ha visitato la città ed è stata ristrutturata la cupola dorata del Capitolio. A questo progetto hanno collaborato un gruppo di tecnici russi che, secondo il Capo del Centro di Studi della Storia de L’Avana, sono stati coinvolti solo perché esperti nella doratura di chiese e cattedrali: era invece chiaro l’intento cubano di includere l’alleato russo in quest’evento memorabile per la città.

Oggi, grazie alla Commissione Intergovernativa per la Collaborazione Economico- Commerciale e Scientifico-Tecnica, i due Paesi portano avanti progetti congiunti nelle sfere dell’energia, dell’informatica, delle telecomunicazioni e della biotecnologia, confermando così l’impegno da parte della Federazione Russa di supportare il Piano di Sviluppo Economico e Sociale della Repubblica di Cuba sino al 2030. Ed è stata posticipata al 2027 la restituzione del nuovo debito cubano, pari a 2,3 miliardi di dollari. Infine, a sostegno del popolo cubano nel pieno della pandemia globale del Covid-19, la Russia ha inviato aerei militari con tonnellate di cibo e materiale medico.

Eppure, di recente, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, Cuba ha stupito il mondo e, con un’azione imprevedibile, ha rischiato di mettere in discussione la sua alleanza più importante: dopo il voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che con una netta maggioranza (141 voti a favore su 193) ha approvato il 2 marzo 2022 la risoluzione contro l’invasione russa dell’Ucraina, a destare sospetto è stata l’astensione di 35 Paesi, tra i quali, contro ogni aspettativa, figurava proprio Cuba.

Cuba ha mantenuto la stessa posizione anche durante il voto all’Assemblea Generale per l’approvazione, il 24 marzo 2022, della risoluzione sulla situazione umanitaria in Ucraina. Il voto ha visto 140 Paesi su 193 a sostegno della popolazione civile in Ucraina, 5 contrari e 38 astenuti, tra cui Cina, Cuba, Iran ed India.

Per comprendere le ragioni di questa scelta diplomatica del governo cubano, è opportuno analizzare altri due momenti che hanno visto Cuba non esprimere pieno sostegno alle politiche di Mosca. Parliamo dell’invasione da parte dell’esercito sovietico della Cecoslovacchia nel 1968 e dell’Afghanistan nel 1979, due Paesi che, nell’allora divisione del mondo, ricoprivano due posizioni differenti: uno, la Cecoslovacchia, nella sfera d’influenza sovietica, l’altro, l’Afghanistan nel gruppo dei Paesi non allineati.

Nel caso della Cecoslovacchia, Fidel Castro, con sarcasmo provocatorio – e al contempo, preoccupato per le sorti di Cuba – si è interrogato sulla remota possibilità che Mosca potesse mai applicare la tanto acclamata dottrina Breznev, che prevedeva la soppressione nei Paesi comunisti di qualunque forza ostile al comunismo, per difendere anche la lontana Cuba da un’eventuale azione statunitense.

La posizione di Castro, alla fine, è stata di giustificazione dell’invasione, perché necessaria a preservare un governo di stampo comunista. Ma Castro, che non era certo stato consultato da Mosca, ha al contempo ribadito quanto per il governo cubano restassero inviolabili il principio di sovranità e di non intervento per i piccoli Stati.

Per quanto riguarda l’invasione dell’Afghanistan, proprio nel 1979 Cuba aveva ospitato il Sesto Vertice del Movimento dei Paesi non Allineati, ottenendo il mandato di presidente. L’invasione fu, pertanto, vista da Castro come un tentativo di minare la propria autorità. Ma quando le Nazioni Unite si riunirono per votare una risoluzione che condannasse l’invasione da parte dell’URSS, Cuba votò contro per una sola ragione: non si sarebbe mai potuta schierare con gli Stati Uniti. Tuttavia, in quell’occasione, sia l’ambasciatore cubano che Castro condannarono qualsiasi forma di imperialismo che minacciasse la sovranità di uno stato, anche da parte dell’URSS.

Possiamo riconoscere, quindi, che dopo più di quarant’anni, dietro l’astensione di Cuba nel voto alla risoluzione sull’invasione dell’Ucraina dello scorso anno, si celi un dilemma storico: la scelta tra la fedeltà al suo storico alleato e quella al suo principio di non intervento (da parte di grandi potenze) e alla sovranità dei piccoli stati. Rispetto al 1968 e al 1979, certo, Cuba dipende meno da Mosca ma non può fare a meno di dimostrarle vicinanza o ‘simpatia’ perché è il solo alleato al mondo che le resti.

Da qui, l’iniziale posizione di Cuba di accusa nei confronti del mondo Occidentale di aver creato condizioni ‘soffocanti’ per la Russia che si è trovata costretta ad intervenire in Ucraina. Ma è chiaro che l’astensione di Cuba sia testimonianza non tanto dell’intenzione di mantenere inalterati i rapporti con Mosca, quanto piuttosto di una vicinanza allo status e alla posizione dell’Ucraina.

Cristiana Ruocco

Redazione

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