giorgia meloni ue von der leyen

Giorgia Meloni a Bruxelles, il primo vertice con le Istituzioni UE

Lo scorso 3 novembre, il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni ha incontrato le principali cariche delle Istituzioni comunitarie. Quale esito?


Nella giornata di giovedì 3 novembre, la neoeletta Giorgia Meloni ha effettuato il suo primo viaggio di rappresentanza all’estero, in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, facendo visita alle principali cariche delle Istituzioni comunitarie; una visita, questa, che ha avuto quale obiettivo quello di «dare il segnale di un’Italia che vuole ovviamente partecipare, collaborare, difendere il proprio interesse nazionale, farlo all’interno della dimensione europea, cercando ovviamente le soluzioni migliori insieme agli altri paesi sulle grandi sfide che stiamo affrontando».

Sebbene si trattasse di incontri riservati, dalle dichiarazioni rese ai giornalisti dal Presidente Meloni è possibile tracciare una sintesi dei principali temi su cui si è incentrato il dialogo tra la stessa e le cariche istituzionali dell’UE, ossia la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la Presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, e il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

La modifica del PNRR e la questione energetica

La revisione del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR o Piano) e la crisi energetica costituiscono, ad oggi, dei punti nevralgici nell’agenda politica del Governo Meloni e nei rispettivi rapporti con le Istituzioni europee. Con riferimento al primo aspetto, l’esecutivo italiano ha giustificato la propria richiesta di modifica del PNRR in considerazione del momento della sua approvazione, ossia in un periodo antecedente allo scoppio del conflitto russo-ucraino; circostanza, questa, che ha comportato un aumento del costo delle materie prime non preventivabile, con conseguente incremento della spesa necessaria per far fronte alle opere pubbliche inserite nel Piano.

Nel dettaglio, il Governo Meloni intende avvalersi della facoltà prevista dall’art. 21 del Regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, secondo il quale «se il piano per la ripresa e la resilienza, compresi i pertinenti traguardi e obiettivi, non può più essere realizzato, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato a causa di circostanze oggettive, lo Stato membro interessato può presentare alla Commissione una richiesta motivata affinché presenti una proposta intesa a modificare o sostituire le decisioni di esecuzione del Consiglio di cui all’articolo 20, paragrafi 1 e 3.

A tal fine, lo Stato membro può proporre un piano per la ripresa e la resilienza modificato o un nuovo piano per la ripresa e la resilienza. Gli Stati membri possono chiedere assistenza tecnica per l’elaborazione di tale proposta nell’ambito dello strumento di sostegno tecnico».

Con specifico riguardo, invece, alla questione energetica, l’esecutivo italiano ha evidenziato la necessità di «una politica e una strategia […] comuni più incisive», come precisato dal Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Si tratta di un obiettivo che – a parere del Governo Meloni – richiederebbe, da un lato, un accordo tra i leader europei che preveda un price cap fisso sul gas e, dall’altro, l’emissione di titoli di debito europei per ottenere risorse finanziarie che consentano di far fronte al maggiorato costo delle bollette, nonché alla riduzione del debito pubblico; una strategia, questa, che incontra la reticenza della Germania.

giorgia meloni

La riforma del Patto di Stabilità e Crescita

Le precedenti crisi finanziarie e l’attuale pandemia – che ha condotto all’adozione del Next Generation EU – hanno rivelato i limiti e la rigidità di cui soffre il tessuto normativo che costituisce il Patto di Stabilità e Crescita (PSC). Sulla scorta delle esperienze passate, la Commissione europea – secondo fonti diplomatiche – presenterà il prossimo 9 novembre una riforma del PSC, che assumerà i connotati dei Recovery Plan: nel dettaglio, si prevedono piani di bilancio di medio-lungo termine per il rientro dei vari debiti sottoposti a negoziazione tra la Commissione europea e gli Stati membri.

Altro importante elemento di modifica sembrerebbe essere costituito dalla rinuncia, da parte dell’Istituzione comunitaria, delle regola del ventesimo, secondo la quale se un Paese UE ha un rapporto debito/Pil superiore al 60 per cento, allora deve ridurre tale rapporto di un ventesimo in media all’anno per la parte eccedente il 60 per cento: regola, questa, che risulta attualmente sospesa, in virtù dell’attivazione – da parte della Commissione europea – della clausola di salvaguardia generale prevista dal PSC.

La ratifica del MES

Una questione spinosa che funge da fattore esogeno che potrebbe compromettere i dossier aperti tra Unione Europea e Italia è rappresentata dalla mancata ratifica, da parte di tale Stato membro, del Trattato di riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Secondo Bruxelles, l’esecutivo italiano, firmando il nuovo testo del MES, ha assunto l’impegno di ratificare il Trattato di riforma, così da soddisfare le aspettative dei Paesi dell’Eurozona.

A ben guardare, l’Italia non è il solo Stato membro dell’area euro a non aver provveduto alla ratifica di cui si discute: anche la Germania – ancora oggi – risulta mancante, poiché attende il vaglio della Corte Costituzionale tedesca. Si tratta di un meccanismo che, a breve, potrebbe svolgere una funzione di paracadute per le banche in crisi e i Paesi UE con debito sostenibile, cui verrebbero concessi prestiti precauzionali.

In tale prospettiva, sulla scia di quanto proposto lo scorso maggio dagli economisti Florian Misch e Martin Rey, il MES potrebbe dotarsi di un fondo di stabilità – finanziato direttamente con le risorse del meccanismo – che consenta agli Stati in difficoltà di avere uno spazio di manovra per affrontare gli effetti delle crisi anche in mancanza delle risorse di bilancio.

Come dichiarato dal Segretario Generale del MES, Nicola Giammarioli, tale fondo «potrà concedere prestiti a Paesi dell’Eurozona a condizioni favorevoli per fare fronte a shock esterni», così da colmare quel vuoto presente nell’assetto normativo dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) costituito dalla mancanza di una capacità finanziaria di intervento finalizzata alla stabilizzazione dei singoli Stati.

Quali considerazioni si possono trarre dalla visita del Presidente Meloni?

L’incontro con le cariche delle Istituzioni comunitarie è stato accolto come un segnale positivo e forte da Bruxelles. Nonostante ciò, i vari dossier aperti tra Italia e Unione Europea potrebbero dar vita a un acceso dibattito, dettato dalle diverse posizioni assunte dalle parti in relazione alle tematiche oggetto di discussione.

Si pensi alla questione relativa alla modifica del PNRR o alla crisi energetica, dove l’UE invita l’esecutivo italiano a una maggiore prudenza e sottolinea la necessità di far fronte alla volontà degli altri Stati membri, soprattutto la Germania, la quale si è mostrata contraria all’imposizione di un tetto fisso al prezzo del gas.

In conclusione, le attuali sfide endogene ed esogene che caratterizzano il panorama comunitario – come il conflitto in Ucraina, la crisi energetica, le disuguaglianze in termini economico-sociali tra Stati membri – costituiscono una valida opportunità su un doppio fronte: da un lato, per l’Italia, affinché possa assumere un ruolo sempre più decisivo in chiave sovranazionale; dall’altro, per l’Unione, affinché agisca attraverso politiche unitarie e compatte, così da divenire, di conseguenza, attore protagonista sullo scacchiere geopolitico internazionale.

(Foto di Copertina: Reuters)


... ...