Qatar 2022, i Mondiali “insanguinati” e l’indifferenza della Fifa

Si avvicinano i Mondiali di calcio del 2022, uno degli eventi sportivi più controversi della storia a causa delle gravi violazioni dei diritti umani in Qatar.


Mancano pochi giorni all’inizio dei Mondiali di calcio in Qatar, già definiti da più parti come i “Mondiali dello sfruttamento” o “Mondiali della vergogna”. Dal 2010, anno in cui il Qatar si è aggiudicato i diritti per ospitare i Mondiali di calcio del 2022, si sono perennemente susseguite forti accuse da parte di organizzazioni per i diritti umani, sindacati, giornalisti rispetto alle gravi violazioni dei diritti dei lavoratori migranti impiegati nella costruzione di tutti gli impianti – e nell’industria dei servizi – che renderanno possibile l’evento.

La risonanza e portata dei Mondiali è fuori discussione; così come il silenzio assordante che circonda ormai da più di un decennio i diritti umani calpestati, specialmente dalla parte della Fifa.

Le vittime più comuni di queste violazioni sono i lavoratori migranti. Costretti a pagare cifre esorbitanti agli intermediari che gli permettono di migrare verso il Qatar, casi di furto di stipendio, morti inspiegabili e spesso tacciate come per “cause naturali”, sequestri di passaporti; la lista delle violazioni, dei tentativi di insabbiamento e, come già menzionato, dei vergognosi ma puntuali silenzi da parte della Fifa macchiano indelebilmente un evento sportivo che è già uno dei più contraddittori della storia.

Mondiali “insanguinati” e sportwashing

Già nel 2016 Amnesty International, in Qatar World Cup of Shame (Coppa del mondo della vergogna in Qatar), denunciava come i 3200 migranti impiegati nel rinnovamento del Khalifa Stadium vivessero in condizioni di perenne sfruttamento e minacce da parte dei loro datori di lavoro.

Migranti dal Bangladesh, India, Nepal, che hanno pagato tra i 500 e 4300 dollari per ottenere il lavoro attraverso agenzie presenti nei loro Paesi di origine, hanno di fatto ricevuto un salario minore di quello promesso in fase di partenza e con forti ritardi, e si sono trovati impossibilitati a lasciare il loro posto di lavoro e il Paese a causa della confisca dei loro passaporti.

Dopo sei anni da quel rapporto, sono stati pochi e scoraggianti i progressi fatti dalle autorità del Qatar per limitare lo sfruttamento disumano dei lavoratori migranti, che in Qatar raggiunge un numero superiore a 2 milioni. 

Come riportato da PeaceLink in un articolo che presenta il libro di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, dal titolo Qatar 2022, i Mondiali dello sfruttamento, «tra gli aspetti più controversi della Coppa del Mondo, il cui calcio d’inizio sarà dato il prossimo 21 novembre, quelli legati allo sportwashing e al whitewashing, il sistema utilizzato dal governo del Qatar per ripulire la propria immagine a livello internazionale». Come si legge in un articolo del Global Policy Journal, lo sportwashing: 

«Lo sportswashing si riferisce all’uso dello sport internazionale da parte di uno Stato per ripulire la propria immagine pubblica. Il termine “pulizia” implica che lo Stato che ricicla ha una fedina penale che ostacola i suoi interessi, quindi investe nello sport per distrarre il pubblico dai suoi difetti. L’elenco dei difetti del Qatar è lungo, dalle limitazioni interne ai diritti politici e alle libertà civili ai legami internazionali con gruppi estremisti. Legando il suo marchio allo sport, il Qatar spera di influenzare le infosfere del suo pubblico, facendo pendere la bilancia della copertura da negativa a positiva. Ospitare i Mondiali di calcio è quindi una dimostrazione del potere del Qatar, della sua forza autoritaria applicata al bel gioco». 

Sullo sportwashing in atto in Qatar, PeaceLink riporta che «è stato il mondo del calcio a scegliere volutamente di distogliere lo sguardo dal sistema di schiavitù che ha costretto i lavoratori migranti giunti soprattutto dall’Asia e dall’Africa a tacere sulla kafala», e che a causa delle gravi violazioni dei diritti è «impossibile non definire i Mondiali 2022 come “insanguinati”».

I diritti calpestati delle comunità LGBTQ+ 

A fianco delle forti critiche riguardanti la scandalosa condizione dei lavoratori migranti in Qatar, sono state analogamente numerose e incessanti le critiche rispetto alle violazioni dei diritti degli appartenenti alle comunità LGBTQ+. Come riportato da Human Rights Watch, sulla base delle dichiarazioni di Rasha Younes, ricercatrice sui diritti LGBT dell’organizzazione, «mentre il Qatar si prepara a ospitare i Mondiali di calcio, le forze di sicurezza arrestano e maltrattano le persone LGBT semplicemente per quello che sono, apparentemente fiduciose che gli abusi delle forze di sicurezza non saranno denunciati e controllati […] le autorità del Qatar devono porre fine all’impunità per le violenze contro le persone LGBT. Il mondo guarda».

A settembre 2022, il Dipartimento di Sicurezza Preventiva in Qatar ha arrestato lesbiche, gay, bisessuali e transgender detenendoli in una prigione sotterranea a Doha, abusandoli verbalmente e fisicamente fino a farli sanguinare, e obbligandoli a firmare una “promessa” di “cessare le attività immorali”. Sono altri i casi di violazioni simili documentati da Human Rights Watch tra il 2019 e il 2022, sui quali è possibile trovare una descrizione in questo articolo.  

L’inopportuna lettera della Fifa 

Anni di silenzi e timide dichiarazioni rispetto a quali siano le responsabilità della Fifa hanno svelato al mondo come l’organizzazione abbia ignorato i rischi dell’organizzazione dei Mondiali di calcio in Qatar, contribuendo indirettamente al massiccio sfruttamento dei lavoratori migranti.

Amnesty International ha chiesto lo scorso maggio alla Fifa e al Qatar «di attuare un programma di risarcimenti che veda il pieno coinvolgimento di lavoratori, sindacalisti, gruppi della società civile e dell’Organizzazione internazionale del lavoro, basato sull’esperienza di precedenti programmi del genere, come quelli relativi al disastro del Rana Plaza del 2013 in Bangladesh, in cui persero la vita oltre 1300 lavoratori e lavoratrici».

Una delle pagine più controverse legata alla imperdonabile indifferenza della Fifa rispetto alle violazioni in atto in Qatar è quella sviluppatasi recentemente, a seguito di una lettera firmata dal presidente Gianni Infantino e dalla segretaria generale dell’organo di governo Fatma Samoura inviata alle 32 nazioni che partecipano alla manifestazione mondiale.

Il testo, che è riportato interamente da Rai News, recita:

«Gli otto stadi all’avanguardia, dove si giocheranno le 64 partite della Coppa del Mondo FIFA Qatar 2022™️, forniranno la piattaforma perfetta per il più grande evento sportivo del mondo. Quindi, per favore, ora concentriamoci sul calcio! Sappiamo che il calcio non vive sotto vuoto e siamo altrettanto consapevoli che ci sono molte sfide e difficoltà di natura politica in tutto il mondo. Ma per favore, non lasciate che il calcio venga trascinato in ogni battaglia ideologica o politica esistente. Alla FIFA, cerchiamo di rispettare tutte le opinioni e le convinzioni, senza impartire lezioni morali al resto del mond […] Nessun popolo, cultura o nazione è “migliore” di un’altra. Questo principio è la pietra miliare del rispetto reciproco e della non discriminazione. E questo è anche uno dei valori fondamentali del calcio. Quindi, per favore, ricordiamolo tutti e lasciamo che il calcio sia al centro della scena.

Ora, alla Coppa del Mondo FIFA, abbiamo l’occasione e l’opportunità unica di accogliere e abbracciare tutti, indipendentemente dall’origine, dal background, dalla religione, dal sesso, dall’orientamento sessuale o dalla nazionalità. Cogliamo questa opportunità e uniamo il mondo attraverso il linguaggio universale del calcio».

In altre parole, “Zitti e pensate a giocare”

Una lettera che non poteva essere più fuori luogo. Imbarazzante, inopportuna, specialmente nel momento in cui la Fifa è da più parti chiamata a rispondere delle proprie responsabilità rispetto alle violazioni dei diritti in Qatar. Parole che suonano come “Sappiamo cosa è accaduto e sta accadendo, ma ignoriamolo e concentriamoci sul calcio, che è l’unica cosa degna di essere al centro della scena”; “Per favore! Non trascinate il calcio in battaglie ideologiche o politiche”, sminuendo terribilmente i diritti di LGBTQ+ e lavoratori migranti.

Come dichiarato da Steve Cockburn, responsabile Giustizia economica e sociale di Amnesty International: «se Gianni Infantino vuole che il mondo si ‘concentri sul calcio’, c’è una soluzione semplice: La Fifa potrebbe finalmente iniziare ad affrontare le gravi questioni legate ai diritti umani, invece di nasconderle sotto il tappeto […] un primo passo sarebbe impegnarsi pubblicamente a istituire un fondo per risarcire i lavoratori migranti prima dell’inizio del torneo e garantire che le persone LGBT non subiscono discriminazioni o molestie. È sorprendente che non l’abbiano ancora fatto».

Che la Fifa creda che le luci dei Mondiali copriranno anni di violazioni e discriminazioni? Se fosse così, si tratterebbe sicuramente di una strategia che giorno dopo giorno si sta ritorcendo proprio contro la Fifa e l’intero evento calcistico.

I Mondiali in Qatar, di fatto, rappresenteranno un doloroso ricordo per le famiglie delle migliaia di lavoratori deceduti; un Mondiale “insanguinato”, mentre la Fifa nasconde la testa nella sabbia.

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