Economia e Diritto

Croazia, il prossimo membro dell’Eurozona

A partire dal prossimo anno, la Croazia diventerà membro della zona euro, potendo beneficiare dell’uso della moneta unica dell’Unione Europea.


Il 1° gennaio 2023, la Croazia entrerà a far parte ufficialmente dell’Unione Economica e Monetaria (UEM), divenendo il ventesimo membro dell’Eurozona. Lo scorso 12 luglio, infatti, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato gli ultimi atti giuridici necessari per consentire l’introduzione della moneta unica nello Stato croato, ossia una Decisione relativa all’adozione della valuta dell’UE da parte del Paese in questione nel 1° gennaio 2023, un Regolamento concernente l’introduzione della moneta unica in Croazia e un Regolamento riguardante il tasso di conversione euro-kuna croata (1 EUR = 7,53450 kune).

L’adozione degli atti giuridici sopra elencati è stata preceduta dalla valutazione positiva sul rispetto dei criteri di convergenza da parte della Croazia espressa dalla Commissione europea e dalla Banca Centrale Europea (BCE) nelle rispettive relazioni sulla convergenza 2022; valutazione, questa, che ha trovato il consenso anche dell’Eurogruppo, con il Presidente Pascal Donohoe che ha dichiarato: «Sono molto lieto di annunciare che l’Eurogruppo ha concordato oggi che la Croazia soddisfa tutte le condizioni necessarie per adottare l’euro. Si tratta di un passo fondamentale nel cammino della Croazia per diventare il 20º membro della nostra zona euro e un segnale forte per l’integrazione europea».

Fonte: pymnts.com/

I criteri di convergenza economica

I criteri di convergenza costituiscono quelle condizioni economiche necessarie affinché uno Stato membro possa entrare a far parte dell’UEM, così progredendo nell’ambito del processo di integrazione europea. Il rispetto di tali criteri risulta essenziale, poiché garantisce che l’adesione di un determinato Paese UE non provochi effetti economici rischiosi per lo Stato membro in questione o per l’Eurozona nel suo complesso.

In tale prospettiva, l’art. 140 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) prevede che la Commissione e la BCE redigano apposite relazioni con le quali informano il Consiglio dell’UE sui progressi compiuti dagli Stati membri «nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione» dell’UEM. I Paesi dell’Unione cui tale disposizione fa riferimento sono i c.d. “Stati con deroga”, ossia quelli per i quali il Consiglio medesimo ritiene che non soddisfino i requisiti per l’adozione dell’euro.

Le relazioni di cui si discute prendono in esame, inoltre, «la realizzazione di un alto grado di sostenibile convergenza con riferimento al rispetto dei seguenti criteri da parte di ciascuno Stato membro». Nel dettaglio:

Stabilità dei prezzi, ossia il tasso di inflazione del Paese UE in questione non deve superare 1,5 punti percentuali rispetto a quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati;

Finanza pubbliche sane e sostenibili, ovverosia il Paese UE, per poter adottare l’euro, non dovrebbe essere soggetto alla procedura per i disavanzi eccessivi sancita dall’art. 126 del TFUE e dal Protocollo (N. 12) allegato al Trattato medesimo, con la conseguenza che lo Stato membro deve rispettare tanto la soglia del 3% relativa al rapporto deficit/PIL, quanto quella del 60% riguardante il rapporto debito pubblico/PIL;

Stabilità del tasso di cambio, da determinarsi mediante la partecipazione obbligatoria del Paese UE al meccanismo di cambio – c.d. Exchange Rate Mechanism 2 (ERM 2) – per almeno due anni senza deviazioni di rilievo rispetto al tasso di cambio centrale dell’ERM 2 e senza svalutazioni del tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell’euro nello stesso periodo;

Tassi d’interesse a lungo termine, i cui livelli – relativi al Paese UE preso in esame di volta in volta – non devono superare i due punti percentuali rispetto al tasso dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi.

L’impatto della pandemia e del conflitto in Ucraina

Nonostante la risposta fornita dall’UE alla crisi sanitaria, la pandemia di COVID-19 e il conflitto Russia-Ucraina hanno fortemente inciso sulle relazioni sulla convergenza 2022 della Commissione europea e della BCE. In particolare, gli effetti di tale impatto hanno influenzato negativamente tanto gli indici di convergenza economica, quanto gli andamenti economici a livello statale e sovranazionale, mettendo a dura prova la crescita e la resilienza dell’Eurozona e, più in generale, dell’UE.

Quanto precisato ha trovato conferma nelle Previsioni economiche di estate 2022, pubblicate dalla Commissione europea il 14 luglio scorso, nelle quale l’Istituzione comunitaria ha sottolineato come molti dei rischi negativi gravanti sulle precedenti previsioni si sono, alla fine, concretizzati. Nello specifico, con il proprio documento, l’esecutivo europeo ha evidenziato un ulteriore rialzo sui prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari, con conseguente innalzamento delle pressioni inflazionistiche a livello mondiale, nonché un percorso di crescita più bassa rispetto a quanto in precedenza preventivato.

Nel dettaglio, secondo le Previsioni, l’economia dell’UE dovrebbe segnare una crescita del 2,7% nel 2022 e dell’1,5% nel 2023, mentre quella della zona euro dovrebbe attestarsi al 2,6% nel 2022, per poi scendere all’1,4% nel 2023. Secondo quanto dichiarata dal Commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, «l’invasione non provocata dell’Ucraina da parte della Russia continua a provocare shock nell’economia mondiale. Le azioni di Mosca stanno perturbando l’approvvigionamento di energia e cereali, facendo salire i prezzi e indebolendo la fiducia. In Europa lo slancio della riapertura delle nostre economie è destinato a sostenere la crescita annua nel 2022, ma per il 2023 abbiamo rivisto notevolmente al ribasso le nostre previsioni».

L’UEM oggi

L’UEM rappresenta il risultato dell’integrazione economica progressiva dell’UE; un’evoluzione del mercato unico che trae le sue origini nel Vertice dell’Aia del 1969, durante il quale venne fissata quale nuovo obiettivo da perseguire al fine di promuovere una crescita economica e sostenibile e un alto livello di occupazione attraverso idonee politiche economiche e monetarie.

A partire dal 1° gennaio 2023, l’UEM conterà 20 Stati membri rispetto ai 27 dell’UE. Particolare eccezione è costituita dal Principato di Andorra che, pur non essendo un Paese UE, ha firmato un accordo monetario con l’Unione il 30 giugno 2011, che consente a tale Stato di utilizzare l’euro quale moneta ufficiale.

Sebbene l’UEM costituisca una componente fondamentale nell’ambito del processo di integrazione europea, le crisi finanziarie degli ultimi anni e l’attuale emergenza sanitaria hanno rilevato quelle criticità che ne limitano la piena efficacia e che suggerirebbero una revisione dei Trattati UE volta a fornire maggiori competenze all’Unione in materia economica e fiscale; due materie, queste, ancora rientranti nella sovranità, e quindi nella competenza, degli Stati membri.


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Vincenzo Mignano

Responsabile "Economia e Diritto". Nutro profondo interesse per le tematiche giuridico-economiche dell’UE. Il mio impegno: "Informarmi per conoscere; conoscere per informare; informare per resistere”.