Legge anti aborto in Texas: le restrizioni che limitano la scelta della donna

Il 2 settembre è entrata in vigore una legge che vieta l’aborto in Texas dopo le prime sei settimane di gravidanza, non garantendo a otto donne su dieci di poter abortire legalmente.


Ancora una volta i diritti delle donne vengono minacciati dai conservatori. È della scorsa settimana la notizia che il Texas vieterà l’aborto dopo le prime sei settimane di gravidanza, con la legge sull’interruzione di gravidanza più restrittiva degli Stati Uniti.

Una decisione storica che desta non poche preoccupazioni agli attivisti e movimenti che da tempo si battono per garantire il diritto all’aborto nello Stato. Con questa legge, in poche parole, diventa impossibile per le donne terminare la loro gravidanza, poiché raramente ci si accorge di essere incinta nelle prime settimane. Inoltre, la legge non prevede eccezioni nemmeno per casi quali stupro e incesto.

La legge è stata varata a maggio dal governatore Greg Abbot con il nome Senate Bill 8, denominata anche Heartbeat bill perchè vieta l’aborto da quando diventa percepibile il battito cardiaco dell’embrione. 

Mercoledì scorso, nonostante l’argomento divisivo, la Corte suprema si è pronunciata a favore di questa legge respingendo il ricorso presentato d’urgenza. Su nove giudici, cinque – di nomina repubblicana – hanno votato a favore della legge, mentre gli altri quattro si sono espressi contrari: tra questi vi era anche il presidente della Corte, John Roberts, di nomina repubblicana, ma considerato ormai da tempo troppo progressista dai conservatori

Tra i giudici nominati dall’ex-presidente Trump, prima della fine del suo mandato, c’è Amy Connet Barret, l’ultraconservatrice che ha preso il posto della famosa giudice progressista Ruth Bader Ginsburg.

Prima di questa pronuncia, le donne statunitensi avevano il diritto di abortire entro le prime 24 settimane, fino a quando – in poche parole – il feto riusciva a sopravvivere fuori dall’utero. Questo era possibile grazie al parere della Corte suprema Roe vs. Wade del 1973, il quale definiva l’interruzione volontaria di gravidanza come un diritto costituzionalmente protetto.

In questi quasi 50 anni dalla sentenza del ‘73, negli Stati Uniti sono state varate circa 1300 restrizioni relative al diritto all’aborto, limitando ancora di più l’accesso a un’interruzione di gravidanza libera e sicura.

Ad aggravare ulteriormente la situazione è la possibilità data ai privati cittadini di denunciare chiunque sia sospettato di aver ricorso illegalmente all’aborto e chiunque abbia aiutato una donna ad abortire oltre le sei settimane. Infatti, anche un semplice tassista che ha accompagnato una donna presso una clinica rischia di essere denunciato, pur avendo solamente svolto il proprio lavoro. Il premio per un’azione legale che va a buon fine per chi ha denunciato è di 10 mila dollari, che andrebbero nelle tasche dei privati cittadini che aiutano lo Stato ad applicare questa legge. 

Al fine di poter esaminare tutte le accuse dei cittadini, è stato creato un sito apposito in cui si può raccontare ciò di cui si è stati testimoni, anche in modo anonimo. Insomma, una caccia alle streghe, nel 2021, che non farà altro che aumentare i casi di aborti illegali.

La legge anti aborto, inoltre, entra in vigore in una nazione nella quale era già complesso poter accedere alla procedura di interruzione di gravidanza. Sono circa 20 le cliniche che effettuano, in Texas, l’interruzione volontaria di gravidanza e in media una donna deve percorrere 100 miglia per poter abortire, non rendendo di fatto il servizio accessibile a tutte.

La pronuncia della Corte, favorevole a questa legge pro-vita, potrebbe creare dei pericolosi precedenti. Purtroppo, la posizione conservatrice del Texas è condivisa da altri 6 Stati americani – Nord Dakota, Sud Dakota, Mississippi, Indiana, Florida e Arkansas – i quali hanno annunciato che provvederanno ad adottare un divieto simile anche nel loro Stato.

Nonostante la situazione disastrosa, sembrerebbe che non tutti i cittadini americani supportino la pronuncia della Corte. Secondo un recente sondaggio, infatti, il 59% degli americani supporterebbe il diritto ad abortire in tutti, o quasi, i casi. E anche molti tiktokers – gli utenti della famosa piattaforma Tik Tok – hanno cercato di far sentire la propria voce inondando di denunce false il sito texano anti-aborto messo a disposizione per i cittadini che vogliono denunciare chiunque sia sospettato di aver abortito illegalmente. 

Dopo 24 ore dall’apertura del sito, i rapporti falsi registrati per protesta erano mille. L’intento è quello di scoraggiare e rendere difficoltoso il lavoro di chi dovrebbe analizzare e controllare le denunce pervenute e per far comprendere quanto è ingiusta l’esistenza di questa legge.

La reazione del presidente Biden non è tardata ad arrivare. Biden si è dichiarato contro questa legge, definendola come «quasi non americana» e che la creazione di un sistema di vigilanti potrebbe essere molto pericoloso. Ha anche annunciato che veranno prese delle misure per garantire alle donne l’accesso a un aborto sicuro e legale, ma ciò che farà a riguardo e concretamente è ancora molto incerto e poco chiaro. 

A ottobre, la Corte ritornerà in aula per riesaminare la legge in questione insieme ad altri casi simili, ma per la conformazione della Corte – composta maggiormente da giudici di nomina repubblicana – le probabilità che questa venga dichiarata incostituzionale sono basse, nonostante molti esperti  hanno messo in luce l’incostituzionalità di tali leggi.

Tra questioni di politica, repubblicani contro democratici, e dichiarazioni di presidenti, chi non ha voce in capitolo, come al solito, sono le donne. Molte cliniche hanno già dovuto rifiutare la richiesta di abortire da parte di tantissime donne che presentavano una gravidanza di oltre sei settimane. 

Non importa quale sia la motivazione che porti una donna ad abortire, per questa legge non ci sono eccezioni, neanche in caso di violenza sessuale. In un mondo più giusto, ogni donna dovrebbe avere il diritto di abortire e di decidere sul proprio corpo indipendentemente dalle motivazioni di questa scelta.

Adesso molte di loro, soprattutto se giovani, afroamericane e con difficoltà economiche, dovranno ricorrere, se sarà perfino possibile, ad aborti illegali e non sicuri.

Difatti, una ricerca condotta in Texas nel 2018 dimostra come il 27% di persone che ricorrono a un aborto sia proprio afroamericana; se si prendono in considerazioni 30 Stati, le pazienti afroamericane sono ben il 34 per cento in totale. Questo risultato è radicato in diseguaglianze strutturali quali il razzismo e la povertà, due fattori che non permettono un facile accesso al sistema sanitario.

Dunque, come si dovrebbe già sapere, leggi restrittive di questo tipo non garantiscono la fine degli aborti, ma solamente la fine degli aborti sicuri e legali, di cui si spera un giorno potranno usufruire le donne di tutto il mondo.


Immagine in copertina di Adam Fagen

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