L’11 settembre, vent’anni dopo
Esattamente vent’anni fa il mondo viene stravolto dall’attentato alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001: da allora, niente sarà mai più lo stesso.
Ognuno di noi ricorda perfettamente ciò che stava facendo l’11 settembre di vent’anni fa; ognuno di noi, in quel preciso istante, ha avuto contezza del fatto che qualcosa sarebbe cambiato per sempre e nulla sarebbe stato più lo stesso. “Accendi la tv: è la fine del mondo”; questo disse un amico a Daniel Bogado, regista (allora ventenne) della nuova docu-serie 11 settembre: venti anni dopo in onda dal 31 agosto al 3 settembre su National Geographic. È finito un mondo e ne è iniziato un altro, sprovvisto di punti fermi, di stabilità, di certezze, e costellato dalla paura.
L’11 settembre 2001 accadeva uno dei più gravi attentati terroristici della storia contemporanea che segnerà per sempre gli Stati Uniti d’America, e con essi l’intero mondo occidentale, e non solo; 2996 persone, tra civili, vigili del fuoco, forze dell’ordine, perdevano la vita a seguito del dirottamento di quattro aerei di linea a opera di 19 uomini di Al Qaeda: due di questi si schianteranno sulle Torri Gemelle, uno sul Pentagono a Washington, e uno, diretto alla Casa Bianca, si schianterà al suolo in un campo della Pennsylvania.
Bisognerà attendere meno di un mese per vedere la reazione americana: i primi di ottobre il presidente George W. Bush autorizzerà l’uso della forza contro i responsabili degli attentati e inizieranno i primi raid sull’Afghanistan; vent’anni dopo, il presidente Biden annuncia che il ritiro delle truppe avverrà proprio entro l’11 settembre 2021 (ritiro poi effettivamente avvenuto il 31 agosto).
Il “prima” e il “dopo” 11 settembre
Il messaggio che i terroristi hanno voluto mandare, quella mattina di settembre di vent’anni fa, è chiaro, e si percepisce distintamente mentre scorrono le immagini sulle televisioni di tutto il mondo: nubi nere di fumo e cenere, polvere, fuoco, detriti, sangue, disperazione. Tutto questo voleva dire soltanto una cosa: nessun posto è più sicuro.
Aeroporti, metropolitane, stazioni, piazze: qualunque luogo affollato diventa improvvisamente un potenziale obiettivo per compiere una strage, quelle stragi che sembravano così lontane dal mondo occidentale e che adesso vi sono piombate in tutta la loro concretezza e pericolosità.
Ed è proprio la sicurezza ciò che costituisce il discrimen principale tra quello che era “prima” e quello che sarà “dopo”. Sì, perché è innegabile che esista un prima dell’11 settembre e un dopo l’11 settembre, rendendo questa data un segnatempo, una sorta di “data zero”: la cosiddetta generazione Z, ovvero i nati negli anni Duemila, non sapranno mai com’era il mondo antecedente a quel fatidico giorno. Loro sono nati e cresciuti in una società ossessionata dalla sicurezza, dalla diffidenza verso il prossimo, ma soprattutto dalla paura costante che possa accadere qualcosa di tragico.
Perché se è possibile prendere un aereo e non tornare più a casa; se è possibile andare a lavoro e ritrovarsi avvolti tra le fiamme e lanciarsi dalla finestra per disperazione; se è possibile che le torri più alte del mondo cadano rovinosamente al suolo, allora non si può essere sicuri da nessuna parte.
Come cambiò il modo di viaggiare, e non solo
I principali cambiamenti (nonché i più evidenti per la gente comune) si sono avuti, ovviamente, nel modo di viaggiare: inserimento della porta blindata nella cabina di pilotaggio (i terroristi, infatti, fecero ingresso nell’abitacolo per modificare la rotta degli aerei), che una volta chiusa può aprirsi solo ed esclusivamente dall’interno; divieto di portare a bordo liquidi oltre un certo dosaggio – per evitare di poter creare piccoli ordigni esplosivi – divieto di trasportare forbicine, pinzette, coltelli e qualsivoglia oggetto appuntito o contundente; pc e device scansionati singolarmente per evitare che possa nascondersi all’interno esplosivo o un disturbatore di frequenze che intralci le operazioni di decollo e atterraggio.
Ma a parte queste regole che abbiamo dovuto imparare (e che, ancora oggi, ogni tanto ci capita di dimenticare, lasciando, per esempio, la bottiglietta d’acqua piena dentro la borsa, che puntualmente dobbiamo buttare arrivati ai controlli), un altro aspetto è cambiato, molto più profondo e difficile (forse impossibile) da sradicare: si è insinuato, silente, in ognuno di noi un senso di angoscia costante e personalissimo, che intacca la quotidiana tranquillità apparente, fragile ed effimera. Senza volerlo abbiamo iniziato a guardare con sospetto l’intero mondo islamico, acutizzando quel timore nei confronti del “diverso” che ha da sempre caratterizzato l’essere umano, lasciando macchie indelebili e vergognose nella storia.
È cambiato il valore del tempo, il modo di pensare, in modo irreparabile: quella mattina dell’11 settembre 2001 insieme alle Twin Towers sono crollate inesorabilmente anche le nostre certezze. “Accendi la tv: è la fine del mondo”. E, per certi aspetti, lo è stata davvero.