L’arcobaleno non è un simbolo politico

Ogni volta che si strumentalizzano la comunità LGBT e il suo arcobaleno, si trasformano in oggetto di conquista o di aggressione. Ma l’arcobaleno è un simbolo di convivenza, tolleranza e libertà. 


Avviene continuamente che un simbolo o una causa di un certo tipo subiscano una vera e propria operazione di strumentalizzazione e appropriazione politica. Tocca a una serie di colori stavolta, quella dell’arcobaleno LGBT, una combinazione diversa, seppur simile, all’arcobaleno della bandiera della pace, anche questa storicamente “posizionata” a sinistra. I colori della comunità LGBT, infatti, in occasione di un mese importante come quello di giugno – da diversi anni celebrato come il «Pride month» – sono diventati, ancora una volta, terreno di scontro tra schieramenti che rappresentano valori diversi.

È il periodo in cui multinazionali, grandi club, grandi compagnie tingono le proprie vetrine commerciali o i propri loghi con i colori della bandiera arcobaleno. Sinonimo di sostegno di una sensibilizzazione che va ben oltre ogni posizione politica che, in un discorso simile, risulterebbe riduttiva e poco funzionale. Congiuntamente a questo diffuso “cambio d’abito” qualcuno può non vedere di buon occhio un arcobaleno accostato a una manifestazione o a una pubblica esposizione e insinuarne di conseguenza il posizionamento politico.

È inevitabile affermare come sia stancante la politicizzazione dell’arcobaleno dato che di mezzo ci stanno i diritti di una comunità – non un pianeta distante, ma cittadini esattamente come tutti gli altri – e la lotta alla discriminazione, entrambi obiettivi condivisi e accettati sicuramente dalla stragrande maggioranza della popolazione, europea nello specifico, e senza una collocazione politica che ne giustifichi necessariamente il sostegno. Di Europa si parla, e in particolare di come, ancora oggi, l’arcobaleno LGBT sia un assurdo motivo di bagarre politica, persino tra Stati che, sul piano economico, invece cooperano (seppur a suon di ricatti).

arcobaleno bandiere

Eventi che accendono e spengono l’arcobaleno

Durante gli Europei di calcio 2020, il portiere della Nazionale tedesca, Manuel Neuer, è sceso in campo con una fascia arcobaleno al braccio, gesto in piena autonomia che ha attirato polemiche e plausi da due pubblici rispettivamente diversi. Diversi non tanto nella collocazione politica, ma nella pura e semplice sensibilità di fronte a una battaglia sociale. 

D’altronde siamo davanti a un simbolo di solidarietà e non a una bandiera di partito: l’arcobaleno LGBT è un messaggio di orgoglio, richiesta di riconoscimento, di accettazione e di diritti. Una questione che, però, non è ancora del tutto chiara ai numerosi detrattori di una comunità che è parte integrante – e non ancora integrata da tutti – della nostra società. 

Relativamente al caso dell’arcobaleno sceso in campo, il calciatore tedesco è stato dapprima oggetto di un’inchiesta della Uefa e poi totalmente scagionato da ogni accusa di condotta scorretta o di qualsivoglia violazione del regolamento calcistico. E meno male.

Pochi giorni dopo, a Monaco di Baviera, l’Allianz Arena decide di sfoggiare una livrea arcobaleno per colorare l’intera struttura esterna dello stadio, proprio in occasione di una partita, Germania-Ungheria, dalle sfumature politiche, volutamente cercate in questo caso. Arriva il “no” della Uefa che non vuole accodarsi a iniziative che definisce «populiste», salvo poi pubblicare un comunicato ufficiale in cui afferma a gran voce «rispetto per l’arcobaleno» girando l’accusa di politicizzare l’arcobaleno proprio al comune di Monaco. 

Perché proprio quella partita doveva essere circondata da un gigantesco arcobaleno? È di una settimana fa la notizia che il governo ungherese di Orban abbia approvato una legge contro i temi LGBT nelle scuole pubbliche. La legge paragona l’omosessualità alla pedofilia e porta avanti quella condotta omotransfobica che ha suscitato e continua a suscitare diversi malumori fra gli Stati dell’Ue e le istituzioni europee, da Sassoli a Von der Leyen, i quali hanno definito, senza giri di parole, «vergognosa» la legge ungherese. Il vicepresidente della Commissione europea ha affermato che non ci sono «ragionevoli motivi» riguardo alla decisione del Uefa di negare l’arcobaleno allo stadio tedesco.

A Bruxelles, intanto, il palazzo del Parlamento europeo si illuminerà di arcobaleno dando seguito alla dichiarazione congiunta di 17 Paesi UE che si pone in netto contrasto con l’operato di Budapest, la quale, nel frattempo, continuerà a fare un po’ come vuole sul piano dei diritti umani.

Sono solo simboli

Esattamente come l’inginocchiarsi di alcuni atleti durante alcuni importanti eventi sportivi per solidarietà al movimento Black Lives Matter, la bandiera arcobaleno è un simbolo e un valore aggiunto che comunica chiaramente il proprio appoggio a una causa specifica. Una causa che, per qualche motivo sconosciuto ai “puri” e ben noto ai maliziosi, continua a essere identificata come una lotta di sinistra atta a imporre una presunta «ideologia gender», contro i diritti delle famiglie e contro la morale cattolica e, perciò, osteggiata, nella maggior parte dei casi, dalle sensibilità di destra e dell’estrema destra in particolare. Indimenticabili le “combo” come quella dell’On. Meloni sui «barconi di clandestini battenti bandiera arcobaleno».

Poco importa se esistono “ben altre cause importanti” o se chi protesta contro la discriminazione è “un ricco sportivo lontano da quel disagio”. E poco importa se qualcuno non segue il rito, come è successo per la Nazionale italiana inginocchiata a metà. Grazie ai riflettori puntati su una grande manifestazione sportiva come Euro 2020 si è acceso il dibattito sulla necessità e sull’importanza di tali gesti, un tempo impensabili o dannosi per la carriera, segno inequivocabile del cambiamento che stiamo vivendo (ma non in tutto il mondo). 

Il messaggio di solidarietà e vicinanza alla liberazione omosessuale e a tutti i movimenti collegati si aggiunge a quello che lo sport normalmente porta con sé: correttezza, rispetto dell’avversario, il cosiddetto “fair play” e il “no” al razzismo che da anni fa parte di ogni campagna promozionale dei grandi eventi sportivi.

Perché, dunque, l’arcobaleno della comunità LGBT – che è il “no alle discriminazioni in base all’orientamento sessuale” – dovrebbe essere una bandiera politica mentre altre battaglie, esattamente identiche per intensità e per importanza della tutela di talune categorie come il “no alla violenza sulle donne”, il “no al bullismo”, il “no allo sfruttamento del lavoro minorile”, il “no al maltrattamento deli animali” o il “no alla tratta degli esseri umani” risultano molto più trasversali e meno divisive? 

Immaginiamo se tutte queste cause fossero strumentalizzate e oggetto di massiccia appropriazione politica: il mondo sarebbe diviso tra chi sta coi bulli e chi con le vittime, tra chi sta con le donne uccise dai compagni e chi con gli assassini, eccetera. E anche se verrebbe da pensare che sotto sotto sia così sul piano popolare, di certo queste cause non fanno parte di scontri politici utili alla raccolta sistematica di consenso elettorale. Sulla comunità LGBT, invece, c’è chi deve ancora piantare bandierine, scongiurare minacce e “vedere politico” anche laddove c’è una richiesta di riconoscimento, di convivenza civile e di collaborazione per il bene della collettività.

Non è una questione di schieramenti, l’abbiamo già detto, è una questione di sensibilità. Non si tratta di arcobaleno di sinistra e anti-arcobaleno di destra: c’è chi è pronto ad accogliere e chi no; chi si è accorto della realtà sociale, culturale e sessuale che viviamo e chi no; chi vuole lanciare un appello all’inclusione e alla libertà con un arcobaleno e chi ci vede un affronto tutto politico ai monoliti Famiglia, Chiesa e Tradizione.

Immagine in copertina FC Bayern


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