Il Next Generation EU tra criticità e attese nazionali

Nonostante l’approvazione e l’adozione del Next Generation EU a livello europeo, le criticità e le attese dei Paesi UE ne rallentano la definitiva l’attuazione.


Il Next Generation EU (NGEU o Recovery Fund) – il Piano per la ripresa e la resilienza predisposto dagli Stati membri dell’Unione Europea (UE) lo scorso luglio – ha segnato, con il relativo carattere innovativo, un notevole passo avanti nel progetto comunitario. Nonostante il 2020 si sia chiuso con l’approvazione e l’adozione – rispettivamente ad opera dell’Europarlamento e del Consiglio dell’UE – del Regolamento che ne definisce il funzionamento, la definitiva attuazione del NGEU risulta subordinata ad alcuni adempimenti non ancora ottemperati da parte di alcuni gli Stati membri dell’Unione.

Secondo il relativo accordo, preliminarmente i Paesi UE devono procedere alla ratifica della Decisione sulle risorse proprie. Tale passaggio rappresenta una tappa significativa per lo sblocco del Recovery Fund, poiché autorizza la Commissione europea a raccogliere i 750 miliardi di euro – di cui 390 di contributi a fondo perduto e 360 a titolo di prestiti – sui mercati dei capitali. Per raggiungere tale scopo, la ratifica deve essere effettuata da tutti gli Stati membri: in tale ottica, sebbene la maggior parte dei Parlamenti nazionali abbiano già provveduto, permangono ancora alcuni Paesi UE che ritardano il processo di ratifica, quali Paesi Bassi, Polonia, Austria, Ungheria e Romania.

A tal proposito, il ricorso presentato lo scorso 26 marzo alla Corte Costituzionale tedesca ha contribuito ad incrementare le incertezze sul futuro del NGEU. In quell’occasione, i giudici di Karlsruhe hanno sospeso l’iter di approvazione della legge di ratifica della Decisione sulle risorse proprie dell’UE, dopo che questa aveva ricevuto il benestare dell’organo legislativo tedesco che rappresenta gli Stati federati (Bundesrat) e del Parlamento federale (Bundestag).

I motivi posti alla base del ricorso presentato – insieme a duemila cittadini tedeschi – dall’economista e fondatore dell’Alternative für Deutschland (AfD), Bernd Lucke, sono riconducibili al timore che la legge di ratifica del Recovery Fund potesse comportare una violazione di alcune disposizioni della Costituzionale federale tedesca (artt. 38 paragrafo 1; 20 paragrafi 1 e 2; 79 paragrafo 3) che garantiscono e tutelano il potere democratico e creativo del Parlamento e la sua responsabilità finanziaria, sottomettendoli consequenzialmente alle direttive europee.

Nonostante la presunta mancanza di conformità con il diritto primario tedesco paventata dai ricorrenti, i giudici di Karlsruhe, lo scorso 21 aprile, hanno ritenuto il NGEU conforme al principio dell’autonomia di bilancio stabilito dalla Costituzione tedesca, non ledendo in tal senso la sovranità del Parlamento nazionale e il carattere sociale e democratico della Repubblica federale. Al tempo stesso, tuttavia, la Corte costituzionale si è riservata di valutare più attentamente la struttura del Recovery Fund, posticipando la pronuncia sul ricorso principale nel tentativo di accertare se il piano predisposto lo scorso luglio introduca meccanismi permanenti che possano far ricadere sul bilancio tedesco le conseguenze dei comportamenti degli altri Stati membri.

Accanto alla ratifica della Decisione sulle risorse proprie dell’UE, un altro nodo cruciale da cui dipende l’effettiva attuazione del NGEU riguarda la presentazione, da parte dei Paesi UE, dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR o Recovery Plan), cui è subordinata l’erogazione dei fondi del Recovery Fund. Secondo il relativo Regolamento approvato e adottato nel dicembre 2020, gli Stati membri devono procedere alla redazione dei PNRR contenenti le riforme strutturali e di rilancio delle economie nazionali, sulla base delle linee guida previste dalla Commissione europea e individuate tenendo in debito conto delle priorità incluse nell’agenda strategica comunitaria 2019-2024, tra cui la transizione verde e la trasformazione digitale.

Il termine fissato per la consegna dei PNRR proprio a tale Istituzione comunitaria, per la relativa valutazione e conformità con le linee guida, era il 30 aprile scorso: va precisato, a tal proposito, che la scadenza non è stata stabilità come perentoria, riconoscendo agli Stati membri quella flessibilità necessaria per redigere dei piani il più possibile coerenti con quanto richiesto a livello europeo e, di conseguenza, prediligendo la qualità alla rapidità.

Ad oggi, quasi la totalità dei Paesi UE ha sottoposto all’attenzione della Commissione europea il proprio Recovery Plan, rimanendo ancora fuori dal novero i Paesi Bassi, Malta, Latvia e l’Estonia. Dall’analisi dei singoli PNRR emergono nettamente le scelte adottate dagli Stati membri e subordinate alle rispettive condizioni socio-economiche che ne caratterizzano l’attuale contesto, pur mantenendo fede alle direttive impartite dalla Commissione europea.

Nello specifico, il PNRR italiano presenta un elemento unico che lo distingue da tutti gli altri Recovery Plan nazionali, poiché prevede l’utilizzo di tutte le risorse derivanti dal NGEU, riservandone il 40% alla transizione verde e il 27% alla trasformazione digitale, rispetto al 37% e al 20% richiesti, per i medesimi settori, dalle linee guida della Commissione europea. In aggiunta, il PNRR italiano rappresenta un’importante occasione per colmare le lacune che caratterizzano il panorama nazionale, come il grave stato in cui versano l’occupazione giovanile, l’istruzione e la ricerca.

Il Plan National de Relance et Résilience francese, invece, provvederà – qualora valutato positivamente – a destinare il 50,6% delle risorse alla transizione verde e il 25% alla trasformazione digitale, promuovendo gli investimenti sull’efficientamento degli immobili. Il Deutscher Aufbau- und Resilienzplan tedesco, di contro, punterà sulle energie rinnovabili e la sostenibilità ambientale, così come sulla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, dedicandovi rispettivamente il 40% e il 50% dei fondi ricevuti a titolo di NGEU.

Le tempistiche relative alla ratifica della Decisione sulle risorse proprie dell’UE e sull’iter di approvazione dei PNRR da parte della Commissione europea destano non poche perplessità e titubanze, soprattutto in seno a quegli Stati membri maggiormente colpiti dagli effetti socio-economici della crisi. Sotto tale profilo, l’Istituzione comunitaria dovrebbe fornire la propria valutazione e approvazione circa i primi Recovery Plan entro il prossimo 18 giugno. Si tratta di criticità che – se non colmate – rischierebbero di vanificare gli sforzi europei, determinando la probabile irreversibilità delle conseguenze della pandemia e rendendo del tutto prive di utilità le misure adottate per fronteggiare i relativi effetti socio-economici.