Ponte dell’Ammiraglio, antica gloria e nuovo splendore
La Regione Siciliana ha puntato sulla riqualificazione del Ponte dell’Ammiraglio a Palermo, un ponte isolato ma cruciale nella memoria isolana.
Tutti i giorni immerso nel traffico, circondato dal frenetico viavai delle automobili, il Ponte dell’Ammiraglio (e chiamato più velocemente dai palermitani, come di consueto per la nomenclatura dei luoghi cittadini, Ponte Ammiraglio) conoscerà nuovamente lo splendore d’altri tempi.
Il (fu) ponte sul fiume Oreto sarà infatti oggetto di lavori di restauro urgenti. Il dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità siciliana della Regione Siciliana ha da pochi giorni affidato l’appalto all’Ati Comes Giovanna di Catania e Renova Restauri srl di Ragusa, con un importo netto complessivo stanziato di circa 71 mila euro. La scadenza dell’intera operazione è stata fissata per agosto del 2021.
Perché Ponte Ammiraglio?
«Parte un nuovo intervento su uno dei luoghi simbolo di Palermo, nella direzione di una sempre maggiore riqualificazione del nostro patrimonio storico-culturale» ha dichiarato l’assessore ai Beni culturali della Regione Siciliana, Alberto Samonà. Ed è innegabile: il Ponte dell’Ammiraglio è una delle opere più antiche (e più imponenti) di età normanna di Palermo.
Essendo patrimonio UNESCO, facendo parte dell’itinerario arabo-normanno di Palermo, gli interventi di conservazione e riqualificazione per salvarlo da infiltrazioni, cedimento e deterioramento del suo percorso acciottolato non sono solo necessari ma anche di vitale importanza per garantirne la stabilità.
Un ponte antico segnato da un episodio “recente”
L’antica via Valeria, la strada militare di età romana che conduceva da Messina a Lilibeo, doveva – per forza di cose – attraversare il fiume Oreto. In base a recenti ritrovamenti è emerso che l’attraversamento dello storico fiume palermitano avvenisse in corrispondenza dell’attuale corso dei Mille.
Il territorio paludoso che caratterizzava l’area che si estendeva in direzione della foce dell’Oreto fu quindi il luogo prescelto per l’attraversamento della Valeria.
Sulla linea dell’attraversamento di epoca romana, il ponte che oggi conosciamo sarebbe stato edificato diversi secoli dopo il primo attraversamento monumentale del fiume, anticipato solo da passaggi in legno. Un ingresso trionfale ed elegante verso una grande capitale normanna e, perdipiù, sul corso di una via consolare.
Il ponte prese il nome dall’ammiraglio di re Ruggero II, Giorgio d’Antiochia, che lo fece costruire intorno al 1130. Una leggenda narra che in quel luogo avvenne l’apparizione dell’arcangelo Michele al predecessore del Rex Siciliae, Ruggero I. La visione, sempre secondo la leggenda, lo aiutò a conquistare la città (allora) araba. Su quel terreno fangoso, infatti, venne costruita la chiesa di San Michele, poi demolita. La decisione di edificare il ponte monumentale proprio lì fu dunque un modo per celebrare il glorioso avvenimento.
A renderlo illustre però non è (solo) l’architettura arabo-normanna, né la struttura tra gli esempi di efficienza e resistenza di tutto il Mediterraneo, né la sua funzione di ingresso meridionale alla città passando per l’Oreto, prima che ne fosse deviato il corso con la conseguente perdita della funzione del ponte.
O domani a Palermo, o morti!
Una data in particolare fissa per sempre il nome del Ponte dell’Ammiraglio nella storia: 27 maggio 1860, di fatto la “presa di Palermo”. Quel giorno, proprio sul ponte e nei pressi dello stesso, avvenne la battaglia tra le truppe borboniche e i rivoltosi, nel corso della spedizione dei Mille: uno scontro che portò alla conquista di Palermo da parte delle camicie rosse di Garibaldi.
A una settimana dallo scontro con i garibaldini, il generale borbonico Ferdinando Beneventano del Bosco teneva due battaglioni da 8 mila uomini, rispettivamente uno a Monreale e uno ad Altofonte (allora chiamata “Parco”). Ingannato dalla strategia dell’eroe dei due mondi, ideata per attirare le truppe borboniche sul versante ovest della città, Bosco impegnò forze preziose lontane dal versante meridionale, quello prescelto da Garibaldi per l’assalto di Palermo.
È nella notte del 26 maggio che Garibaldi disse ai suoi «O domani a Palermo, o morti!». La presa di Palermo sarebbe dovuta avvenire nel silenzio, col favore dell’oscurità, se non all’alba.

Sul Ponte dell’Ammiraglio si trovavano gli avamposti regi. Altri soldati borbonici erano dislocati a Porta Termini, completamente barricata, poi a porta S. Antonio ed infine, l’ultima resistenza regia, a Fiera Vecchia (l’odierna Piazza Rivoluzione).
Guidati da Giuseppe La Masa, Nino Bixio e Luigi Tukory, tre diversi battaglioni assaltarono il Ponte dell’Ammiraglio al grido di Viva l’Italia! e Viva Garibaldi! in uno scontro incrociato a suon di fucilate con le truppe borboniche. L’avanzata lungo i giardini dove si stagliava il ponte fu un tripudio di orgoglio, tattica e, soprattutto, sangue.
Sul ponte rimasero gravemente feriti Tukory e i due fratelli Cairoli, tutti personaggi di rilievo del Risorgimento italiano. Ma il Tricolore giunse oltre la barricata: il ponte fu preso e l’avamposto conquistato. Tutti i Mille e gli altri picciotti palermitani irromperanno sui posti borbonici, arrivando fin dentro il centro palermitano, nel quartiere Fiera Vecchia. Il 27 maggio 1860 Palermo diventa, così, “italiana”.
Se il Ponte Ammiraglio potesse parlare…
Il ponte ha subito nei secoli situazioni di grave deterioramento che ne hanno minato la stabilità. Su tutti, la lunghissima serie di disastrose inondazioni che colpirono Palermo, non solo a causa delle numerose operazioni di deviazione e interramento dei fiumi cittadini, ma già nel Medioevo a causa del massiccio disboscamento dei monti che circondano la città.
D’altronde, la struttura mostra su di sé tutti i segni delle storie che ha visto verificarsi nella sua “protetta” Palermo. Il ponte assistette anche alla drammatica alluvione del 1931, evento che portò al definitivo “splendido isolamento” che lo caratterizza anche oggi, fra i prati circoscritti dai marciapiedi e, in seguito, dall’asfalto di corso dei Mille.
Andando indietro nel tempo, si trova anche un episodio agghiacciante, raccontato nel secondo volume de La Topografia Antica Di Palermo Dal Secolo X Al XV: Memorie Di Vincenzo Di Giovanni: nella seconda metà del XV secolo è documentata una ricorrenza ferragostana nota come «gara di corsa di schiavi neri ignudi», una particolarissima maratona alla quale i partecipanti, schiavi afrodiscendenti, partivano proprio dal Ponte dell’Ammiraglio, percorrendo un tracciato che attraversava Porta Termini, la chiesa di San Francesco, e giù fino alla Loggia dei Catalani, nel cuore della Vucciria.
Non tutti i ponti italiani possiedono così tanti (e ce ne sarebbero ancora altri) affascinanti aneddoti. Il prossimo – perché no? – potrebbe partire proprio dalla valorizzazione di questo bene culturale.
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