Helin Bӧlek e la sua “silenziosa” protesta per la libertà

Sono stati 288 giorni di digiuno, di dolore, di speranza e di protesta. Una protesta che è stata ignorata; una voce dissolta nel nulla e rimasta inascoltata. Pochi giorni fa, esattamente il 3 Aprile, Helin Bӧlek si è spenta a soli 28 anni. La Turchia è, per l’ennesima volta, sul palcoscenico dell’ingiustizia.

Classe ’92, nata a Nisan, la Bӧlek era la cantante della band “Grup Yorum”, fondata nel 1985, divenuta portavoce di ideali di giustizia e libertà, attraverso la musica e canzoni cantate in differenti lingue e divenute famose in diversi Stati. Ideali nei quali tutti i membri credevano fermamente e che la Bӧlek ha seguito fino alla morte.

Nel 2012 è iniziato il calvario. Dopo aver pubblicamente cantato “Bella ciao” in occasione di un concerto tenutosi ad Istanbul, ricordando la storia dei partigiani italiani e invitando i cittadini a lottare per la libertà, ha avuto inizio quello che, da lì a poco, sarebbe sfociato in una lotta silenziosa contro il governo di Erdogan.

Nel 2016, venne emesso un provvedimento col quale fu vietato espressamente alla band di suonare e di pubblicare album, poiché considerata sostenitrice di ideali contrari al sistema. Vennero distrutti gli strumenti musicali e vennero assediati i luoghi nei quali il gruppo si riuniva, in particolare il Centro Idil, in cui si radunava per le prove. Continui i raid messi in atto dalla polizia diretti a distruggere completamente la band.

Poco tempo dopo i componenti del gruppo furono accusati di far parte di un’associazione di tipo terroristico. Da lì la protesta, lo sciopero della fame, con cui Bӧlek chiedeva espressamente al Governo di far cessare i raid, di scarcerare lei e i membri della band.  Ma non servì a nulla. Fu scarcerata tempo dopo, soltanto per motivi di salute, dovuti chiaramente allo sciopero della fame.

Esiste un luogo ad Istanbul, più precisamente ad Armutlu, in cui vi sono le cosiddette “Case della Morte“. Sono luoghi in cui si rifugiano coloro i quali intendono iniziare e portare avanti lo sciopero della fame, in attesa di cambiamenti; forse, in attesa di un vero e proprio miracolo. Ed è lì che la Bӧlek ha deciso di trascorrere quelli che sarebbero stati gli ultimi giorni della sua vita. Nell’ultimo periodo, a farle compagnia, il bassista della band Ibrahim Gokcek. Circa un mese fa la Bӧlek è stata condotta in Ospedale. È stato l’ultimo tentativo, fallito, di salvarle la vita.

Helin è morta. In silenzio. Felice di aver mantenuto fino alla fine la sua promessa. Una promessa che sapeva di libertà. Il suo corpo, di soli 30 chili, è stato avvolto da un telo di colore rosso, ricoperto quasi interamente di fiori ed è stato posto all’interno di una cassa di legno. Al corteo funebre erano presenti amici, parenti, fan, persone che pur non conoscendola personalmente hanno amato il suo coraggio e la sua determinazione. Il feretro è stato portato sulle spalle da un gruppo di donne. Con commozione e, al tempo stesso, tanta rabbia. Il funerale è stato interrotto dalla polizia che ha arrestato una trentina di persone, considerati seguaci della dissidente Helin.

Di lei rimangono la sua passione per la musica, il suo sorriso, le sue canzoni; rimangono la sua voglia di lottare contro un sistema ingiusto e intollerante; rimangono la sua determinazione e il suo coraggio. Rimane il ricordo di una donna che ha creduto così tanto nel valore della libertà, pagandolo con la morte. Rimane il ricordo di una donna che ha combattuto una lotta fatta di diritti non riconosciuti, voci inascoltate, silenzi assordanti; silenzi che adesso risuonano e risuoneranno per sempre nella mente di coloro che hanno conosciuto Helin Bӧlek, o che ne hanno, anche soltanto sentito parlare.


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