L’ultima alluvione di Palermo: la vendetta dei fiumi

Un epilogo di febbraio tragicamente piovoso e catastrofico che viene tutt’oggi ricordato. In quel di Palermo, circa novant’anni fa l’acqua arrivò dall’alto e dalle viscere della terra. Lo scenario che mai penseremmo di vedere oggi nel centro di Palermo – e non solo – è un’alluvione disastrosa fra i grandi monumenti della città. Quella che ebbe luogo nel 1931, nel giro di 4 giorni, fu una quantità di 618 mm di pioggia di cui più della metà nelle 48 ore comprese fra il 21 e il 23 febbraio. Due metri d’acqua coprivano via Roma nei punti più abbondanti, e 6 metri inondavano piazza Sant’Onofrio. Palermo, col cielo che piangeva a dirotto, rivide tornare in vita i suoi fiumi “uccisi” e dimenticati, seppelliti sotto cemento e asfalto.

Allora come oggi – in un modo o in un altro – erano presenti, sopra e sotto la superficie cittadina, quattro corsi d’acqua che oggi non caratterizzano più la fisionomia di Palermo: il canale Passo di Rigano, il Papireto, il Kemonia ed il fiume Oretoquesto è in fase di recupero. La loro deviazione, operata artificialmente sotto il livello stradale, li aveva resi complici indesiderati dell’abbondante volume di pioggia di quel maledetto febbraio.

I fiumi avevano origine sui rilievi che circondano la città su tre lati e la percorrevano finendo poi sul mar Tirreno. In particolare, i primi due, partendo dal Vallone di San Martino sfociavano uno sul Piano dell’Ucciardone e uno alla Cala. Il Kemonia, nasceva sotto Monreale e terminava anch’esso nei pressi della Cala. L’Oreto, il più grande, invece, nasce nei pressi di Monte Gibilmesi sfociando ancora oggi nei pressi di Sant’Erasmo.

Fiume Oreto (Palermo)

Nell’alluvione del 1931 ripresero vigore quei fiumi che possedevano una portata solitamente molto scarsa e – fatto ancora più devastante – i fiumi prosciugati e soppressi dal manto stradale. Il risultato è che i fiumi che potevano ingrossarsi, crescevano e successivamente alimentavano gli altri fiumi cittadini che per tornare a vivere trovavano le strade della città. Ripresero a “scorrere” fiumi che già ai tempi erano considerati cancellati come il Papireto e il torrente Kemonia. Dal sottosuolo crebbero i “fiumi soppressi”, o semplicemente ritrovarono in qualche modo il proprio antico corso (certamente cambiato).

Cronache dell’ alluvione di Palermo del 1931. Contiene “Considerazioni geologiche a proposito dell’ alluvione del 21-22 febbraio 1931”

Acqua dal cielo, acqua sotto i piedi, acqua in mezzo. Quell’alluvione causò la morte di 10 persone. Ingenti danni alle strutture cittadine e, ovviamente, alle abitazioni rurali, protagoniste di una distruzione che non si vedeva da tempo nelle campagne del palermitano. E quello che non venne distrutto dall’acqua fu spazzato via dal vento. Il vento di tramontana che soffiò in quei giorni arrivò a buttar giù gru edili e persino alcuni muri. In questo scenario apocalittico concentrato in pochi giorni, le persone si erano rifugiate nei piani più alti delle abitazioni per salvarsi dall’innalzamento del livello dell’acqua.

I soccorsi ebbero difficoltà sia a prestare assistenza tramite l’uso di imbarcazioni, sia a costruire ponti galleggianti data la veemenza del vento. La Vucciria totalmente sott’acqua per 24 ore, a ripensarci, è una visione agghiacciante. Soprattutto se pensiamo all’intensità che anima il quartiere e mercato storico palermitano. Furono infatti 9 gli annegati delle dieci vittime: la città era improvvisamente percorsa da quattro fiumi, alcuni praticamente in mezzo alla città.

Il contesto geomorfologico e geologico dell’area palermitana vede la coincidenza del fattore naturale con quello artificiale. L’entità straordinaria del fenomeno atmosferico poteva essere sostenuta da un adeguato sistema di deflusso idrico, assente negli anni ’30. Un migliore progetto avrebbe permesso lo smaltimento dell’acqua in breve tempo. D’altronde Palermo non era stata risparmiata nei decenni – e nei secoli – da piogge catastrofiche. Si contano, attraverso le testimonianze storiche, almeno altri dieci eventi da segnalare: le alluvioni del 1557, 1666, 1689, 1769, 1772, 1778, 1851, 1862, 1907, 1925 precedono quella memorabile del 1931. Da quel momento in poi non si sono riscontrati ulteriori cataclismi di questa portata.

Appena “avvicinabile” resta il dato di settembre 2009, data in cui alcune stazioni cittadine registrarono accumuli anche superiori ai 100 mm di pioggia. È stato eccezionale il 15 luglio 2020: 134 mm di acqua cadono in sole 2 ore, nella cosiddetta “bomba d’acqua” che ha sommerso decine di autovetture in alcuni sottopassaggi e trasformato lo scorrimento veloce di viale Regione Siciliana in un vero e proprio fiume in piena. Restiamo comunque lontani da quel 1931, circa sei volte più devastante.


Copertina da “Dell’Alluvione di Palermo, dal 21 al 23 febbraio 1931”

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