La Vucciria e i suoi mille anni di “movida”

 

Sembra di affacciarsi su un’altra città quando sull’imponente via Roma si scorge da una ringhiera piazza Caracciolo, in basso, fra venditori e colori di giorno, e tra vapori e brindisi urlati la notte. È così che noi oggi conosciamo la Vucciria, uno dei mercati storici di Palermo e uno dei luoghi di aggregazione e di “movida” più antichi della città.

Ma nell’anno 977, agli occhi del mercante e viaggiatore arabo ‘Ibn Hawqal (trascritto anche Ben Haukal), Palermo si mostrava molto diversa da quella che giriamo in lungo e in largo. Hawqal si impegnò nella stesura di un testo, “Cosmografia”, dedicando un capitolo sulla città siciliana. Nel testo adattato dallo storico palermitano Michele Amari, “Biblioteca arabo-sicula”, che include le testimonianze del viaggiatore arabo, viene riportato il ritratto del X secolo di città vivace e chiassosa, come lo erano anche molte capitali orientali.

Nella Palermo musulmana (Balarm), edificata sfruttando la conformazione dei fiumi Papireto e Kemonia, esistevano: la nuova città fortificata «al-Halisah» (da cui deriva l’odierno quartiere Kalsa), la città antica, luogo del primo insediamento, «al-qasr» (cioè “il castello”, con la distorta denominazione odierna di Cassaro), e i borghi fuori dalle mura, «rabad», in direzione dell’odierna Albergheria, e in direzione opposta, verso il mare, dove si trovava «al-Harat ‘as Saqalibah» (lo scomparso quartiere degli Schiavoni). Come si evince dalle zone allora intensamente popolate, si trattava di uno sviluppo “a macchia d’olio”, fatto testimoniato anche dalle tracce lasciate da antiche tubature che collegavano le zone di Palermo.

Sovrapposizione fra i riferimenti delle vie odierne con la struttura della Palermo araba

La Vucciria non esisteva ancora e non era neanche nei più lontani piani urbanistici degli Arabi. Al posto della depressione che ospita oggi l’area del mercato storico, scorrevano le acque del Papireto. Si estendeva infatti una lunga coperta di papiri utili alla Cancelleria e al cordame a disposizione dei sultani di “Balarm”.

L’area entra successivamente a far parte del quartiere Porta Patitelli, sviluppatosi durante il periodo normanno al di là delle bassure del fiume Papireto. Pare che intorno all’anno Mille fosse attivo un viavai di artigiani che lavoravano sulle sponde del fiume, e che, per dirla alla palermitana, ci fosse già vuccirìa (confusione). Esiste una disputa “a distanza di secoli” sulla storia del quartiere: lo storico Andrea Giardina sostiene che il nome deriva dalle botteghe che si trovavano in quella zona. Alcuni documenti notarili parlano infatti di fabbricanti di zoccoli (detti «patiti»); lo storico cinquecentesco Tommaso Fazello fa invece riferimento a una fantomatica “Porta Pantanelli”, motivandone l’origine etimologica con la presenza dei pantani in quella zona paludosa.

In ogni caso, in corrispondenza delle aree ancora paludose, la presenza del fiume fu molto importante per diverse categorie di professionisti, su tutti i conciatori di pelli che, in una zona più “alta” del fiume, necessitavano di molta acqua per le proprie lavorazioni. Non è un caso che in un atto notarile del 1287 sia riportata l’indicazione «fiume che scende dalla Conceria». La vicinanza dell’area al porto stimolò l’insediamento di mercanti e commercianti provenienti da tutta Italia sin dal XII secolo. Anche qui, non è una coincidenza la storica presenza di numerosi artigiani riscontrabile nella memoria toponomastica, nei nomi di alcune strade del quartiere come via Maccheronai, via Chiavettieri, via Materassai, via dei Tintori, e molte altre.

Durante il XIII secolo iniziarono i primi interventi di bonifica fra la Kalsa e l’odierna Piazza Marina, soprattutto per la costruzione dell’Hosterium magnum da parte dei Chiaramonte, nuova famiglia in ascesa che acquistò diversi terreni intorno a Palermo. Presto sarebbe giunto il tempo di portare avanti il progetto del nuovo Cassaro, di fatto quello che conosciamo oggi come il versante in discesa verso il mare di Corso Vittorio Emanuele.

Lungo la depressione del Papireto sorse in epoca angioina un grande mercato, poi rinominato “Bucceria grande” (dal francese boucherie, che significa macelleria) identificabile sommariamente con l’odierna Piazza Garraffello. Il mercato, inizialmente destinato al macello, era una delle principali “piazze di grascia”: si trattava di un mercato per la vendita del pesce, della frutta e della verdura (fattore che ne determinerà la successiva denominazione di “Bucceria della foglia”) e, nei fatti, un po’ per tutto. Fu questo il momento chiave per la formazione arcaica del “mercato”, come lo intendiamo oggi pensando all’odierna Vucciria.

Nel corso dei secoli la zona Patitelli diventò però sempre più malsana (soprattutto a causa dei liquami inquinati dalla lavorazione delle pelli discendenti dalla Conceria) e le alluvioni, sempre più frequenti e catastrofiche, portarono all’estrema decisione di “seppellire” gradualmente il Papireto, rendendo di fatto quell’area di Palermo edificabile. La vasta area del mercato arrivò a estendersi notevolmente proprio in virtù di un ampliamento voluto dal Senato palermitano. Si ha traccia di uno stanziamento di 5 mila scudi disposto nel 1556 per l’allargamento della “Bucceria vecchia”. Le parole dell’allora viceré Juan de la Cerda mostravano già orgogliosamente la vita del mercato: «La piazza della Bucceria è abbondante di tutto quel che si possi desiderare».

Fra il 1567 e il 1568 venne prolungata la strada del Cassaro demolendo l’antica Torre di Baych e la Porta Patitelli, proprio al confine con l’odierna depressione della Vucciria. Il corso del fiume Papireto fu convogliato in un condotto sotterraneo e i conciatori insieme agli altri artigiani rimasero comunque sul luogo.

Mappa di Palermo prima della costruzione della via Maqueda

Nel 1600, l’apertura della via Maqueda creò un dislivello tra la strada e la zona della Conceria (per intenderci, la zona che oggi si può identificare nei Candelai). Fu allora necessaria la creazione di un passaggio al di sotto di via Maqueda, fra le odierne via Calderai e la Discesa dei Giovenchi, per collegare la Conceria alla “Bucceria”. Nel 1783, sotto il governo del viceré Caracciolo, fu eseguita un’organica sistemazione per la creazione di una nuova piazza: una loggia quadrata circondata da portici e con al centro un’elegante fontana caratterizzata dallo sgorgare delle acque a partire da quattro leoncini su un piccolo obelisco centrale. Questa era l’odierna piazza Caracciolo, prima della chiusura dei portici per ricavarne diverse botteghe.

I sotterranei allora presenti furono molto importanti alcuni anni dopo, durante i moti cittadini del 1820, poiché molti rivoltosi vi trovarono rifugio per sfuggire al controllo borbonico. Dopo la repressione palermitana fu infatti disposta la chiusura di tutti i sotterranei comunicanti e la demolizione di ampie aree della Bucceria per allargare gli spazi fra le costruzioni. Per tale scopo fu creata una grande piazza-mercato, chiamata appunto “Mercato Nuovo”, ma di lì a pochi decenni la costruzione di via Roma cambierà notevolmente il volto della Bucceria schiacciando ancora più verso il mare il mercato. Di quel dislivello resta, proprio al di là di via Roma, la piazza principale del mercato della Vucciria e tutta la zona circostante, ben più bassa della “città che avanzava”.

Una foto di piazza Caracciolo da cui si scorge via Roma (primi del ‘900)

Foto in copertina di Ester Di Bona

 

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