Dopo la Brexit, ecco un’altra sfida per l’Ue: rispondere all’Italia “sovranista”

Di Mario Montalbano – A ottantotto giorni dalle elezioni del 4 marzo, l’Italia ha finalmente un nuovo governo. A guidarlo il professore, Giuseppe Conte, nominato premier dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e scelto dalle forze politiche maggioritarie nel Parlamento, Lega e M5s, quale arbitro del loro contratto, definito “del cambiamento”.

Si conclude, così, un lungo periodo di incertezza, che oltre a segnare il tessuto politico istituzionale italiano con le inevitabili polemiche tra i partiti e addirittura con la richiesta di “impeachment” verso il presidente della Repubblica, Mattarella, ha preoccupato e non poco l’intera Europa. Una condizione che l’Unione europea, com’è noto, vive da tempo. 

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Manifestazione a Londra per il “Leave”

Perlomeno dal giugno 2016 quando, cioè, il successo dei Leave rendeva concreta la fuoriuscita dall’Unione di una delle sue colonne economiche e militari, la Gran Bretagna. E che da allora è proseguita, trasformandosi nello spauracchio che l’euroscetticismo potesse contagiare il resto dei Stati membri. Per questo l’attenzione mediatica e politica a ogni tornata elettorale che coinvolgeva un paese, era tale da suscitare reazioni di sollievo di fronte alle mancate affermazioni delle forze rappresentanti le istanze antieuropeiste.

 

È andata così per l’Austria, per l’Olanda, per la Spagna, passando per paesi fondatori e centrali per le dinamiche comunitarie come Francia e Germania. Non è stato così per l’Italia, però, dove il voto del 4 marzo ha, invece, consegnato la maggioranza del Parlamento a due forze, Lega e M5s, che hanno fatto e fanno dell’uscita dall’euro e, più in generale, del contrasto alle politiche comunitarie, alcuni dei punti principali del loro programma.

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Paolo Savona

E al di là delle polemiche sulla nomina, poi superata, di Paolo Savona, che aveva suscitato una reazione negativa dei mercati e anche di parte dell’establishment comunitario, è inevitabile che ad oggi, i timori di uno sgretolamento dell’Unione, così come la si conosce, tornino a farsi vivi e concreti.

Le dichiarazioni volte al rispetto per il risultato del voto in Italia da parte di Juncker sembrano venir fuori al momento giusto per calmare la situazione e riattivare il dialogo tra Ue e gli Stati membri. Ma, resta altrettanto evidente quanto i tempi comincino a diventare sempre più brevi.

Come dopo la Brexit, ma così anche dopo ogni pericolo scampato nelle elezioni dei vari paesi prima citati, sarà il modo in cui verranno affrontati i temi dell’accoglienza dei migranti da una parte e quello dei restrittivi vincoli di bilancio dall’altra a risultare determinanti per l’immediato futuro della comunità. Non solo, quindi, nei rapporti Italia-Ue. L’Unione europea, adesso, ha il compito di reagire, cercando di rilanciare la propria immagine, che non può non passare dal liberarsi di dosso l’ombra franco-tedesca, volgendo nel frattempo lo sguardo verso una maggiore integrazione politica ed economica.

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