Elezioni in Turchia, sfida tra Erdogan e Kılıçdaroğlu

La competizione elettorale in Turchia e le sue possibili conseguenze, in un momento molto importante per la politica interna e internazionale.


La sfida elettorale di ieri 14 maggio, in Turchia, è già da considerarsi un momento storico per il Paese. Il presidente Recep Tayyip Erdogan si è trovato ad affrontare, in un particolare momento di debolezza politica e personale, elezioni politiche che mettono a rischio il suo mandato ormai ventennale.

Le elezioni sono arrivate in un momento molto particolare per la nazione turca, che nel 2023 vede ricorrere il centenario della Repubblica nata dalle ceneri dell’Impero ottomano per mano del generale Mustafa Kemal Atatürk

I cittadini sono stati chiamati ad eleggere il Parlamento e il loro prossimo presidente in un giorno non casuale, dato che il 14 maggio del 1950 il Demokrat Parti vinse per la prima volta le elezioni sconfiggendo il Chp fondato dallo stesso Atatürk.

Non si tratta solo di una data importante a livello storico. La Turchia risente ancora delle conseguenze del terremoto che a Febbraio ha colpito la Siria e le zone della Turchia che confinano con il paese, con ingenti danni. 

I territori colpiti dal sisma, peraltro, erano zone a maggioranza politicamente vicine ad Erdogan, che si ritroverà ad affrontare la tornata elettorale senza questo bacino di voti, dato il numero di sfollati che raggiunge cifre catastrofiche.

Recep Tayyip Erdogan


L’avversario di Erdogan al ballottaggio che si terrà tra 2 settimane è Kemal Kılıçdaroğlu: una figura che è riuscita a riunire, dopo un difficile dialogo, ben sei partiti di opposizione, che spaziano dalla destra nazionalista al centrosinistra, oltre al partito filocurdo HDP che si presenterà assieme alla sinistra per evitare problemi legali riguardo la partecipazione.

Kılıçdaroğlu ha un alone quasi mistico, nel suo modo di affrontare le elezioni e la politica. Famosa rimane la sua marcia a piedi da Ankara a Istanbul (450 km) nel 2017, come forma di protesta per l’arresto del suo vice e di varie altre figure di spicco dopo il tentato golpe del 2016. Qualcuno è arrivato addirittura a definirlo il “Gandhi turco” a seguito di questa marcia, anche per il suo modo pacato di parlare e presenziare ai comizi.

Le sue promesse politiche sembrano essere in linea con il personaggio. Ad esempio, nella proposta elettorale appare l’intenzione di restituire indipendenza al potere giudiziario, che viene usato dal governo attuale come minaccia contro qualsiasi forma di contraddittorio che viene da persone comuni o giornalisti, che si possono ritrovare sotto processo o in carcere per “aver insultato il presidente”.

La figura di Kemal Kılıçdaroğlu, tuttavia, non è stata subito approvata da tutti i membri che compongono quello che viene definito il “Tavolo dei sei”.

In un primo momento, infatti, la leader del secondo partito della coalizione, Meral Aksener, avrebbe preferito quella del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, o in alternativa di quello di Ankara, Mansur Yavas. Il suo assenso è stato poi garantito dallo stesso Kılıçdaroğlu, che vuole entrambe le figure come suoi vicepresidenti in caso di vittoria.

Ai due candidati principali si sarebbero affiancate anche le figure di Muharrem İnce (centro) e Sinan Oğan (destra). Ince, tuttavia, ritenuto un candidato potenzialmente molto attraente per l’elettorato più giovane, si è ritirato dalla competizione elettorale. 

Solo il tempo potrà dirci dove i suoi voti andranno, anche se si ritiene che potranno favorire il candidato di centrosinistra Kılıçdaroğlu.

Insomma, potrebbe davvero essere la fine dell’invincibilità di Erdogan? Il candidato uscente sembra finora essere molto sicuro di sé, promettendo una rapida soluzione al problema dei terremotati, la scoperta di nuove riserve di gas nel Mar Nero per la risoluzione della crisi energetica e l’aumento del salario minimo dei lavoratori pubblici.

La situazione turca avrà anche ripercussioni a livello internazionale: un’eventuale rielezione di Erdogan manterrà l’attuale politica della Turchia come alleato controverso nella NATO, con forti legami con la Russia e uno stato autoritario con pieni poteri al presidente. 

La vittoria del suo avversario darebbe invece una svolta occidentalizzante e democratica alla Turchia, con conseguente ricambio dei ruoli diplomatici del paese, almeno su alcune sfere: per esempio, rimarrebbe invariata la politica riguardo Cipro o i profughi siriani che cercano di entrare in territorio turco. Inoltre, Erdogan si dichiara disposto a lasciare il suo posto in caso di sconfitta democratica, ma sarà davvero così? Solo il tempo potrà dircelo.



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Marco Cerniglia

Amo i viaggi, la storia, la tecnologia, la letteratura e soprattutto la scrittura, la mia passione di sempre che pratico anche per diletto.