Erdogan e le infinite sfumature del maschilismo

Erdogan sembra vantarsi della sua tendenza maschilista e in un mondo in cui la lotta alla parità di genere è all’ordine del giorno, ignorarlo potrebbe essere un grosso errore. 


A poche settimane dall’uscita da parte della Turchia della Convenzione di Istanbul, Erdogan sfoggia orgogliosamente la sua intolleranza verso le donne che osano rompere l’immaginario della famiglia tradizionale.

In un mondo di uomini e donne che lottano strenuamente per ritagliare a ogni identità di genere, e appartenenza, pari spazio e diritti, lui si beffa di noi utopisti fingendo di sbagliare il numero di sedie al suo cospetto.

Quando una incredula e profondamente irritata Presidente della Commissione europea, si accomoda sul sontuoso divano del “Dittatore”, lui calpesta non solo la dignità di Ursula von der Leyen, ma quella di ogni donna, e lo fa in mondo visione.

La denuncia della ex deputata Gülseren Onanc in un’intervista rilasciata a L’Espresso, sottolinea come la svolta maschilista del governo di Erdogan fosse molto prevedibile: «Recep Tayyip Erdoğan proviene da un villaggio conservatore e conserva quella visione del mondo: le sue radici politiche sono fondate su valori radicali islamici, ottomani. Erdogan non crede affatto nell’uguaglianza di genere. Crede invece nei valori familiari come descritti dalle regole islamiche. Noi femministe siamo sempre state in favore dell’uguaglianza di genere. Per lui il ruolo sociale della donna si sviluppa all’interno della famiglia. L’islam radicale e l’emancipazione delle donne sono ideologicamente agli antipodi. Le riforme di Kemal Atatürk avevano posto l’uguaglianza di genere tra le leggi della Repubblica. Eravamo diventati uno Stato secolare. Stavamo convergendo sui valori europei in vista dell’adesione della Turchia all’Unione. La convenzione di Istanbul era diventata il simbolo dell’impegno della Turchia nei confronti dell’Unione e dei suoi valori».

La Convenzione di Istanbul ha rappresentato il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Si propone di raggiungere l’obiettivo di tolleranza zero nei confronti della violenza sulle donne e costituisce un significativo passo avanti verso la sensibilizzazione a tale problema e per rendere più sicura la vita delle donne all’interno e all’esterno dei confini europei.

Come esplicitato dal Consiglio d’Europa «La Convenzione protegge le donne e le ragazze, indipendentemente dalla loro origine, età, razza, religione, ceto sociale, status di migrante o orientamento sessuale, per non citare che alcuni esempi. Riconosce inoltre che ci sono gruppi di donne e di ragazze più esposte al rischio di subire violenze, e che gli Stati hanno l’obbligo di garantire che siano presi in considerazione i loro bisogni di particolare protezione».

Il testo della Convenzione è tra i più innovativi in materia di diritti delle donne, riconoscendo la violenza sulle donne sia una violazione dei diritti umani che una forma di discriminazione; rende inoltre perseguibili penalmente: violenza domestica (fisica, sessuale, psicologica o economica), atti persecutori (stalking), violenza sessuale, tra cui lo stupro,  molestie sessuali,  matrimonio forzato, mutilazioni genitali femminili,  aborto forzato e sterilizzazione forzata. 

La Turchia per anni ha utilizzato la ratifica della Convenzione di Istanbul come dimostrazione dei presunti avanzamenti della Turchia nell’ambito della parità di genere e della tutela delle libertà fondamentali, ma il governo Erdogan ha decisamente cambiato rotta.

In un Paese dove, a causa della struttura patriarcale della società, più del 38 per cento delle donne sposate sono costrette a subire violenza domestica sia fisica che psicologica e dove, solo lo scorso anno, trecento donne sono morte vittime di femminicidio e altre 171 in circostanze sospette, l’abbandono della Convenzione di Istanbul è stato un vero e proprio colpo di grazia.

Lo confermano al Corriere le rappresentanti di Mor Çatı, un’organizzazione non governativa turca che da più di trent’anni si batte per la sicurezza delle donne e per i loro diritti.

«La Convenzione era la nostra rete di sicurezza nella lotta alla violenza contro le donne. Lo Stato, firmandola, si era impegnato ad agire, e noi potevamo reclamare la sua applicazione. Ora la difesa delle donne aggredite è più difficile. È come se avessero aperto la porta agli abusi».

E ancora «Quando Erdogan ha firmato il decreto abbiamo ricevuto tantissime telefonate di donne che ci chiedevano: “Quindi ora è legale picchiarci?”. E abbiamo sentito dei poliziotti dire che non avevamo più appigli legali. Questa decisione ha rotto gli argini della violenza».

Lo sguardo internazionale non dovrebbe distogliersi dalla Turchia. Il maschilista Erdogan incita all’oppressione e alla violenza nei confronti delle donne, e a questo non possiamo restare indifferenti. 


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