Società

Memoria e pensiero, la capacità dell’uomo di fare i conti con la storia

Nella vita, soprattutto in quella civile di un Paese, si devono ammettere in ogni momento la memoria e il pensiero. Nell’epoca in cui celebriamo “memoria” per molti passaggi storici, non può esserci pensiero senza memoria; d’altronde, quest’ultima non avrebbe senso senza il pensiero.


Memoria e Pensiero, erano questi i nomi dei due più fedeli messaggeri di Odino. Si narra nella mitologia nordica che il principale dio norreno avesse al suo cospetto due corvi dai nomi (tradotti) di Memoria e Pensiero e che il loro compito fosse quello di informare il proprio padrone su tutti gli avvenimenti delle terre emerse conosciute. Il mito narra che Odino liberasse Huginn e Muninn, i rispettivi nomi di Pensiero e Memoria, al sorgere del sole e che questi rientrassero la sera sussurrando all’orecchio del padrone tutte le informazioni di cui fossero a conoscenza. La peculiarità sta nel fatto che Odino non avrebbe potuto vivere in assenza di uno dei due. 

Il racconto del mito norreno vuole insegnare che nella vita, soprattutto in quella civile di un Paese, si deve fare i conti in ogni momento con la memoria e con il pensiero, entrambi direttamente proporzionali, e che non può esserci pensiero senza memoria. D’altronde, quest’ultima non avrebbe senso senza il pensiero.

Ogni anno vengono commemorati “giorni della memoria”, su tutti quello dedicato alla memoria dell’Olocausto. La preoccupazione a tal proposito è che a breve non ci saranno più testimoni oculari diretti e, al contempo, le commemorazioni negli anni non sono riuscite a creare una coscienza solida riguardo questo tema. 

Spesso ci si è trovati a ricordare senza criticare, a raccontare solo la crudeltà degli avvenimenti senza però attivare un ragionamento che potesse costruire dei valori tali da impedire la possibilità che questi accadano di nuovo.

Oggi si parla di una profonda crisi delle idee, una crisi dovuta all’annichilimento del pensiero che parte dall’istituzione scolastica o dall’omologazione a un “pensiero unico”. La libertà di pensiero contemporanea, come è facile intuire, nasconde al suo interno una supremazia da parte di una fazione maggioritaria rispetto a una minoritaria. Si crede che il pensiero libero e omologato sia la massima frontiera della libertà di espressione. Appoggiare tutti le stesse tesi, le stesse opinioni, con gli stessi ragionamenti equivale al pensiero propagandistico, dove il tiranno impone la sua visione del mondo alla società.

La guerra in Ucraina, che si combatte assiduamente ormai da un anno, ha mostrato come il pensiero libero in fondo venga ripudiato dalla società, che si spaventa davanti a pensieri più critici o più liberali (su tutti, la visione pacifista, quella improntata al disarmo). 

“La virtù è nel mezzo” diceva Aristotele, concetto che nell’età e nella società contemporanea viene esasperato con l’idea del politicamente corretto, dove ogni parola non deve fare dispiacere nessuno, ogni accento è pesato e ponderato e la mimica facciale è sempre sorridente e accogliente.

A cosa si è assistito a un anno dalla guerra? La chiusura di un corso universitario su Dostoevskij, massimo esponente della critica alla società russa pre-rivoluzionaria, l’impossibilità di espressione da parte di critici storici che paventavano implicazioni più grandi e più ampie di quelle ucraine e russe, tacciati di complottismo. 

Si è assistito a una maggioranza allargata di pensiero che ha ammutolito chi la pensasse diversamente. Si è detto tutto e il contrario di tutto, politici favorevoli all’invio di armi dipinti o autoproclamati pacifisti, fazioni politiche che non volevano un coinvolgimento europeo nel conflitto che sono diventate garantiste e atlantiste, dimenticando miracolosamente la propaganda politica e le proprie origini ideologiche. 

Memoria e pensiero, ancora una volta, sono due facce della stessa medaglia, ma come si fa a conciliarle? Come è stato più volte accennato anche in questa rubrica, l’unica istituzione della società moderna che è in grado di costruire il pensiero è la scuola. 

Senza giri di parole, l’adeguamento al nozionismo, ai programmi e agli obiettivi annienta la possibilità di costruire un pensiero critico. Oggi esistono molti approcci didattici che stimolano il pensiero libero e critico, e bisogna però considerare che nonostante la società occidentale sia basata su principi liberal-democratici, come è stato già visto, il pensiero libero non è sempre ben accetto e spesso viene confuso con il complottismo, di cui cavalcano l’onda alcune correnti che inseguono la pancia delle masse. 

Così come Marx aggrediva l’idea religiosa definendo la religione come «l’oppio dei popoli» in quanto capace di dare delle risposte senza memoria e senza pensiero, anche i complottismi potrebbero essere definiti come il nuovo oppio dei popoli, o teorie capaci di rispondere in maniera acritica ai problemi contemporanei.

Pur considerando la leggenda di Huginn e Muninn come mito di una cultura lontana nel tempo e nello spazio, è innegabile che risulta rappresentativa di un tema spinoso di questi tempi e che, come tutti i temi spinosi, non viene considerato tale dagli intellettuali. La crisi delle idee insiste nel contesto socio-psicologico dove, nel dibattito, sembra si abbia paura a identificare le criticità di questa società contemporanea, troppo ancorata alla propria zona di comfort, troppo spaventata dalla possibilità di esplorare il mondo oltre le colonne d’Ercole.