La Grotta del Condannato e la leggenda dell’uomo in fuga sul Monte Pellegrino

Appena sopra le falde del maestoso Monte Pellegrino c’è una grotta, la più piccola e nascosta al mondo, in cui secondo la leggenda un uomo trovò rifugio dalla legge: la grotta del condannato. 


Monte Pellegrino è il promontorio che domina la città di Palermo e la sua costa, famoso per le sue numerose grotte di interesse archeologico, geologico, e monumentale, oltre che storico e militare. Nel suo complesso di ben 64 grotte catastate di origine marina o carsica è nota soprattutto la grotta, oggi santuario, in cui sono stati rinvenuti i resti di Santa Rosalia, o i celebri graffiti paleolitici delle grotte Addaura e Niscemi

A pochi metri dalla “Scala Vecchia” (in cui nel mese di settembre i fedeli sono soliti fare le acchianate fino al Santuario) c’è una piccola cavità, nascosta dalle erbacce e poco conosciuta, che nasconde un’affascinante leggenda: la Grotta del condannato.

La grotta del condannato o dell’eremita

La Grotta del condannato (o Grotta dell’eremita) è una piccola cavità di natura marina, alta circa 1,50 metri e profonda una quarantina di metri, in cui sono stati rinvenuti resti umani e vasellami di argilla.

Nel Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo, nel 2017, viene così descritta dall’archeologo Giovanni Mannino: «La cavità si sviluppa rettilinea lungo un unico ambiente, rastremandosi verso il fondo, con due brevi appendici, la maggiore sulla destra nella parte iniziale, l’altra a sinistra nella parte terminale, l’unico punto in cui insistono tracce di deposito sconvolto. La grotta mostra segni di pesanti manomissioni. Il passaggio tra l’ingresso e l‘ambiente interno, che ordinariamente doveva essere una strozzatura malamente praticabile, è stato ampliato facendo uso di mine e di cunei dei quali si osservano gli incavi. Sono opere attribuite agli operai impiegati alla costruzione della “scala nuova” e della funicolare, per farne un dormitorio».


Un dettaglio importante che va specificato è che nella grotta, contrariamente alle altre limitrofe, non c’è traccia di pipistrelli. Secondo gli abitanti del posto il motivo che spinge questi animali notturni a non addentrarsi nella cavità è il tanfo putrido dei resti di un uomo, lasciato a marcire in quella grotta dopo esser stato brutalmente ucciso. 

 La leggenda del galeotto infelice che fuggì alla legge

L’uomo in questione era un galeotto senza nome di presunta innocenza che, intorno alla fine del XVIII secolo, evase dalla colonia penale – allora nella borgata Arenella – e dopo una lunga ed estenuante fuga trovò rifugio proprio in quella piccola grotta lontana da occhi indiscreti.

Rimase nascosto per diversi anni, vivendo da eremita in totale solitudine, fino al giorno in cui qualcuno del villaggio lo vide e segnalò il suo nascondiglio alle truppe che lo uccisero brutalmente.

Successivamente gli abitanti del luogo, pastori e contadini, dedicarono la grotta alla sua infelice memoria, denominandola Grotta del condannato, come confermato dal marchese Antonio De Gregorio nei suoi studi del 1927: «[…] Ha tal nome perché vi si rifugiò un evaso dal Bagno Penale dell’Arenella e quivi ritrovato fu ucciso».

Una grotta dimenticata 

Per più di due secoli la grotta rimase sconosciuta e inesplorata, finché nel 1943, durante l’invasione conosciuta come Operazione Husky, le truppe angloamericane occuparono il sito per sfruttare la posizione strategica favorevole in sorveglianza all’area portuale tutta della città. Nonostante l’interessante storia alle spalle e la suggestiva bellezza naturale con cui si presenta al pubblico, è una delle grotte meno conosciute della riserva, seppur facilmente raggiungibile.


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