Gli antenati del Fantasy: le buffe stramberie nelle miniature medievali
In epoca medievale, le immagini avevano un peso più che notevole dovuto alla loro funzione allegorica, ovvero la capacità di veicolare significati che trascendevano l’immagine stessa. Si parla infatti di “simbologia medievale” intendendo con questa l’universo di simboli e immagini che nel Medioevo, vigeva come se fosse un vero e proprio linguaggio in codice comunemente in uso.
Alcuni dei simboli più noti e forse connotativi del Medioevo li troviamo rappresentati nelle miniature, pitture ornamentali che arricchivano i manoscritti medievali; il termine miniatura deriva dal latino minio, il nome del minerale da cui i Romani ricavavano il colore rosso con il quale sottolineavano il titolo o le lettere iniziali di un manoscritto. Il termine generico di miniature indica diverse tipologie di decorazione: le lettere miniate, ovvero le lettere iniziali, con le quali si apriva il paragrafo; le decorazioni puramente ornamentali e le scene con figure, che accompagnavano i testi dei manoscritti.
Queste tre categorie di decorazione potevano essere mescolate tra loro per essere utilizzate nello stesso manoscritto. Badiamo bene però che quella della miniatura è un’arte che viene soltanto ripresa durante il Medioevo, arrivando alla sua massima fioritura, ma che vanta origini molto più antiche, che si collocano nell’antico Egitto, dove già nel II millennio a.C. veniva utilizzata per abbellire i papiri che avrebbero accompagnato le salme nel viaggio verso l’aldilà.
A partire dall’epoca carolingia, dall’IX secolo d.C., con la diffusione del monachesimo, gli scriptorium, da ora sempre presenti nei monasteri, divennero le officine dove amanuensi, calligrafi e miniatori incessantemente producevano i mezzi di trasmissione della cultura, fenomeno che riguardò il Medioevo dell’area occidentale.

Alcuni esempi stilistici
Osservando da vicino i soggetti di queste immagini, possiamo rintracciare alcuni filoni narrativi. Ad esempio, in Italia, Spagna e Francia, le miniature si sviluppavano attorno al tema delle figure fantastiche, animali mostruosi dal significato spesso religioso. Un esempio noto in tal senso è il Salterio di Utrecht, contenente 150 salmi corredati da miniature.
Tra il VII e il IX secolo, particolare rilievo ebbero le decorazioni composte da intrecci di racemi e figure stilizzate organizzate in schemi geometrici, aventi un carattere antinarrativo e antisacrale, come quelle realizzate nei monasteri irlandesi.
Fra X e XIII secolo la pittura gotica favorisce a Parigi la realizzazione di alcuni capolavori miniati, come l’Evangeliario della Sainte Chapelle e il Salterio di San Luigi. Altro esempio è il trattatello Venandi cum adibus composto da Federico II re di Sicilia, databile al 1260 circa, in cui si esprime tutta l’attenzione naturalistica del nuovo stile, dove vegetazione e fauna sono protagoniste indiscusse.
A partire XV secolo, sotto l’influenza dello stile rinascimentale, la miniatura conobbe un progressivo declino, concausato forse dalla diffusione della stampa introdotta dalla Germania, ma anche dallo sviluppo di una concezione sempre più separata tra testo e immagine.

Animali fantastici e dove trovarli? All’interno dei bestiari medievali
Draghi, fate, unicorni: sono i soggetti eterni delle fiabe per bambini e dei romanzi fantasy oggi amati da un pubblico di grandi e piccoli (proprio come Narnia), ma protagonisti per eccellenza delle narrazioni medievali.
Durante il basso Medioevo una particolare categoria di libri che peraltro ebbe come protagonista la miniatura fu infatti il bestiario. I bestiari, prodotti in Europa dalla fine del XII fino alla prima metà del XIV secolo, erano delle raccolte di tipologie di animali, reali o immaginari, i quali venivano accompagnati da descrizioni che però non avevano intenti scientifici e zoologici; al contrario esse erano volte alla individuazione di valori morali, il più delle volte con riferimenti biblici. Potevano essere accentuati dei pregi così come dei vizi, dunque dei comportamenti suggeriti o sconsigliati.
Il modello ispiratore del bestiarum è stato rintracciato nel Physiologus (ovvero il fisiologo, studioso della natura), redatto da autore greco anonimo tra il II e il IV secolo d.C., che suggeriva l’interpretazione degli animali e delle loro caratteristiche in chiave religiosa.
Uno dei più begli esemplari è il bestiario di Aberdeen, manoscritto inglese del XII secolo, con oltre 120 figure di animali. Una di queste è l’anfisbena, serpente con due teste dotato di ali e zampe. Le figure di ibridi e di mostri che durante il periodo gotico corredano i margini dei manoscritti sono state definite in epoca rinascimentale drôleries (facezie). A volte, vi era un nesso tra queste figure e il soggetto del testo, ma spesso erano rappresentate con puro intento decorativo.

Non solo Medioevo
Anche in questo caso, il ricco patrimonio iconografico costituito da una enorme varietà di figure zoomorfe immaginarie, non nasce in epoca medioevale, ma è il risultato di una sedimentazione culturale eterogenea avvenuta nel corso dei secoli e che arriva a permeare tutti gli strati della società, la cui matrice è rintracciabile probabilmente nella mitologia greco-romana, ma anche nella Bibbia. Nella prima, il richiamo fondamentale è alla tipologia dell’ibrido, ovvero figura composta da una parte umana e una animale (es: sirena, centauro).
Anche i miti orientali contribuiscono alla formulazione della cultura mostruosa centrale nell’immaginario medievale, come rendono noto gli Indika, le impressioni sull’India raccolte da Ctesia, medico reale alla corte persiana tra V e IV secolo a.C., in cui si parla di unicorni e grifoni, galli e capre dalle dimensioni incredibili.
Il patrimonio di queste figure nasceva dunque dalla fusione di elementi di diversa provenienza, come nel caso delle fate: queste riunivano le peculiarità delle fatae romane, delle numphae greche e delle fays celtiche.
La fragilità emotiva alla base delle figure fantastiche
Bisogna cogliere, per comprendere come figure fantastiche o mostruose fossero largamente radicate all’interno della società, il sentimento di insicurezza e smarrimento che stava attraversando l’occidente europeo, provocato dalla perdita di controllo sulla natura (carestie, pestilenze: la crisi del Trecento).
La bestia immaginaria da un lato permetteva di sfumare i contorni tra il mondo fisico e quello metafisico, dall’altro venivano concepiti come facenti parte del disegno divino, avendo essi una specifica funzione. Non solo, ma queste creature proprio perché mostruose e terrificanti erano anche concepite, secondo la teologia negativa di Dionigi l’Aeropagita, come l’unico mezzo per rappresentare Dio, ossia attraverso ciò che non è.
La figura mostruosa medievale per antonomasia, il drago, è entrata nell’immaginario occidentale grazie ai greci e ai fenici, che a loro volta lo avevano attinto dai persiani. Questa aveva un significato positivo in Oriente, mentre in Occidente fu rielaborata con un’accezione negativa (è nota la contaminazione biblica che descrive Satana come “il grande drago” o la leggenda di San Giorgio che sconfigge il drago).

Oltre alle miniature, il simbolismo animale investe anche manufatti artistici e architettonici tra XI e XII secolo. Ricordiamo fra tutti i doccioni, noti anche come gargoyle, la parte delle grondaie che sporge da un edificio, costituiti da animali mostruosi in epoca gotica.
Morire infilzati e squartati con totale serenità
Un gruppo Facebook nato da pochi anni si è dedicato alla lettura in chiave umoristica di alcune scene tratte dalle miniature medievali, ovvero Gente nell’arte medievale che muore male e non gliene frega niente. Nelle scene di uccisione o tortura tratte dai codici e manoscritti miniatii, infatti, è possibile notare senza sforzo come chi perisca sia perlopiù ritratto con un espressione indifferente se non addirittura serena.

Il gruppo e la relativa pagina si occupano di accompagnare queste scene con dei commenti volti a spiegare il contesto in cui si svolge la scena suggerendo un’interpretazione in chiave moderna della stessa.
Di Francesca Galati