Un manifesto sulla lotta per i diritti in Iran: la storia di Mahsa

Alla luce delle continue violenze nelle strade in Iran, Mahsa, una ragazza iraniana che ha lasciato il Paese nel 2013, ha scritto un Manifesto che rappresenta la testimonianza delle lotte avvenute e di quelle in corso.


Le proteste contro il governo in Iran non si placano. Iniziate da ormai un mese dopo la morte di Masha Amini, arrestata e uccisa dalla ‘polizia morale’ perché,  secondo quest’ultima, era colpevole di indossare l’hijab in modo inappropriato. Le manifestazioni di solidarietà per le donne iraniane che continuano a lottare per una vita libera dalla repressione si sono svolte in molte piazze del mondo, durante le quali donne e uomini appartenenti alla comunità iraniana che vivono ormai lontani da quel regime di oppressione, hanno condiviso la loro storia raccontando la propria esperienza e dolore.

Tra le donne che sono state costrette a lasciare l’Iran e che in queste settimane è scesa in piazza c’è anche Mahsa, una ragazza che nel 2013 ha lasciato il proprio Paese per un futuro migliore. Riportiamo qui le sue parole.

«In persiano Mahsa significa “come una luna”, colei che ha sia luce che oscurità. L’oscurità l’ho vissuta quando ero ancora in Iran, quando mi sentivo a disagio nel Paese in cui vivevo. […] Mi sono sentita oppressa fino al punto che ho deciso di vestirmi come un maschio per andare in bicicletta liberamente, sedermi dietro mio cugino, per le strade di Mashhad. […] O quando mi piaceva ballare nel parco con gli amici e ogni volta venivo minacciata di smettere perché era un comportamento considerato inappropriato. […] O quella volta in cui ero nella mia classe di inglese a farmi gli affari miei e la polizia morale mi ha arrestata perché non indossavo l’hijab secondo le leggi della Repubblica Islamica».

Nonostante gli arresti e le minacce subite perché i suoi comportamenti erano ritenuti inappropriati, Mahsa ha continuato a lottare tentando di appropriarsi dei diritti che lo stato iraniano le negava in quanto donna, e che purtroppo continua a negare. Mahsa è scesa in piazza con altri studenti nel 2010 per reclamare quei diritti a loro negati dalla società iraniana:

«Ci siamo alzati! Nel 2010, io e altri studenti abbiamo iniziato una protesta contro il governo nella nostra università di Mashhad, la mia città. È stato bello poter finalmente parlare!». Ma durante le proteste Mahsa è stata arrestata. «Abbiamo partecipato alla protesta (conosciuta come Movimento verde) e mi hanno arrestata. I servizi segreti mi hanno costretta a fare un giro con loro in un furgone, hanno iniziato a torturarmi, minacciarmi e alla fine mi hanno buttata giù fuori dal furgone!».

Dopo questo arresto, a soli 19 anni, a Mahsa non è più stato permesso studiare in Iran, negandole ulteriormente il diritto fondamentale all’istruzione. In Belgio Mahsa ha potuto riappropriarsi dei propri diritti e delle libertà che le sono stati negati in Iran, ha studiato fisioterapia e adesso segue il corso magistrale in fisioterapia pediatrica.

«Sono felice della mia vita adesso. Ma che dire delle nuove generazioni (che vivono in Iran ndr.)? Sono sopraffatta da quello che sta accadendo ora. Quindi io e molti iraniani che viviamo in Occidente ci siamo alzati per essere lì per loro e per essere la loro voce in modi diversi».

Manifestazione a Gand – 30 settembre 2022

Il manifesto di Mahsa

Da qui nasce l’idea da parte di Mahsa di scrivere un Manifesto che ci consegna a noi una vivida testimonianza della vita di un Paese, della sua vita e di tante donne come lei che lottano ancora per una vita libera da costrizioni e repressioni, messe in atto da un regime che strumentalizza una religione e i suoi simboli per controllare il suo popolo e intere generazioni di donne.

A seguire la traduzione del Manifesto scritto da Mahsa.

È frustrante sapere che questa guerra va avanti dal 1979: la lotta per l’uguaglianza.

All’inizio degli anni ‘80 in Iran dopo la rivoluzione del 1979 da parte della leadership di Khomeini, si è affermato l’hijab come simbolo ideologico, di esclusione e bandiera contro l’imperialismo.

Desidero ricordare che questa lotta non è contro la religione dell’Islam, ma per resistere al regime che ha sfruttato l’Islam per opprimere le persone, soprattutto le donne.

Le persone in Iran non conoscono il significato di una vita libera. Dicono: 

Come ci si sente quando abbracci o baci la persona che ami per strada; cosa si prova quando il vento ti scompiglia i capelli, la sensazione del sole splendente sulla pelle in spiaggia; come ci si sente a danzare liberamente per le strade o ad andare al concerto della tua artista donna preferita. Poter giocare col tuo cane in un parco senza aver paura che loro te lo portino via.

In Iran le restrizioni imposte alle donne sono ingiustificate e non hanno alcun senso. Io credo che loro vogliano opprimere le donne su ogni livello, perché pensano che possono tenerci al guinzaglio e giocare con noi come si fa con un pupazzo. Perché loro sanno quanto noi siamo forti.

Ma le cose sono cambiate, l’ascesa delle donne è arrivata.

Queste sono le figlie e la generazione di donne che hanno dovuto tollerare tutte queste costrizioni. Queste sono le figlie di madri e padri che sono state arrestate, torturate, stuprate per esprimere la loro ideologia. Queste sono le figlie che hanno visto la vita meravigliosa, libera, e la stanno vivendo dagli schermi dei loro cellulari e computer. Queste sono le figlie che sono state così coraggiose e potenti da riunire l’Iran, le diverse generazioni ed etnie.

Noi siamo qui per informarvi e ricordarvi che questo è ingiustificabile. Non possiamo stare seduti e guardare. Noi abbiamo bisogno di un’organizzazione o una nazione che aiuti il popolo iraniano. Noi abbiamo bisogno di un aiuto a livello internazionale, un aiuto senza alcuna richiesta di profitto in cambio. Dagli umani per gli umani.

Non lasciamo che il dittatore dell’Iran vinca, perché non abbiamo perso Mahsa, Neda, Sahar, Ervan, Hajar, Behnam, Sarina, Mohammad Reza, Mohammad Hassan, Parsa e molte altre per nulla, ma le abbiamo perse per un futuro migliore.

Migliaia di morti in 44 anni di dittatura, tanti e tanti prigionieri politici e milioni che sono stati traumatizzati dalle azioni di questo regime e costretti a migrare per sempre.

Tutto questo deve finire.

Perchè se dovessimo perdere questa guerra, noi combatteremo ancora. 

Noi combatteremo finché non vinceremo.

È così che finirà.

Mahsa


Immagine in copertina di Alisdare Hickson