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Iran, il sostegno e la solidarietà alle proteste in oltre cento città nel mondo

Sabato 1 ottobre in oltre cento città di tutto il mondo ci sono state manifestazioni di solidarietà alle proteste iraniane. Tra queste anche Padova, dove abbiamo potuto raccogliere molte informazioni dai presenti alle manifestazioni.


Sabato 1 ottobre in oltre cento città di tutto il mondo, dall’Europa all’America Latina, si è celebrata la giornata internazionale di solidarietà alle proteste iraniane per la grave uccisione ai danni di Mahsa Amini, la ragazza curdo-iraniana di 22 anni deceduta il 16 settembre scorso a Teheran, dopo essere stata arrestata dalla polizia morale, colpevole di non portare il velo (hijab) in maniera corretta. 

Secondo quanto riportato dai media locali, la ragazza sarebbe morta, dopo tre giorni in coma, a seguito di un pestaggio brutale da parte proprio della polizia nei confronti della ragazza, ma il governo non ha ancora permesso agli avvocati del padre di Mahsa Amini di accedere ai file e a nessun atto ufficiale del caso.

Tra le città che hanno espresso solidarietà, anche Padova, in cui si è svolta una grande manifestazione, davanti a Palazzo Bo, a cui abbiamo potuto partecipare e assistere, raccogliendo molte informazioni – tramite interviste – dalle ragazze e ragazzi iraniani presenti all’evento. Canti iraniani ribelli, altri di resistenza – tra cui anche ‘Bella ciao’ – ma soprattutto tanta rabbia e tanto dolore.

Amnesty International, proseguendo le sue ricerche e indagando sulla repressione delle proteste in altre zone dell’Iran – tra cui le città di Hamedan, Rasht, Shiraz, Tabriz, Teheran e alla Sharif Universitychiede un’azione globale per fermare l’impunità; ha chiesto ai leader del mondo, riuniti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, di «appoggiare le richieste per la costituzione di un meccanismo internazionale e indipendente d’inchiesta che affronti il clima d’impunità dominante in Iran». 

Questa è la speranza anche dei giovani iraniani, i quali non vogliono essere lasciati soli e inascoltati, chiedendo giustizia e libertà, a seguito delle continue repressioni e violazioni dei diritti umani che hanno subito dal 1979 a oggi. Al grido “Donna, vita e libertà” le proteste in solidarietà a Mahsa Amini hanno toccato un livello di pathos commovente, che non può lasciare indifferenti.

Tante sono le informazioni che abbiamo raccolto a proposito delle oppressioni in atto in Iran, da più di quarant’anni ormai, a cominciare proprio dalla imposizione obbligatoria del velo per le donne, a partire già dai 9 anni di età – rifacendosi a ispirazioni abbastanza ambigue e arbitrarie dell’islam stesso, ovvero al suo utilizzo strumentale e politico, in senso antidemocratico e patriarcale  – in qualsiasi luogo pubblico e in maniera molto opprimente. Di seguito un aneddoto che ci ha condiviso una delle ragazze presenti alla manifestazione di solidarietà di Padova:

«Nel corso degli anni, molte donne iraniane hanno dato vita a una molteplicità di varianti del velo poiché lo Stato non prescrive forme esatte, colore e dimensioni. In questo modo le donne hanno provato soluzioni come la scelta di foulard colorati che scopre un po’ di più il viso della donna, per non nasconderlo ma anzi metterlo in risalto sul davanti e i capelli.

Ma negli ultimi anni e in particolare dall’elezione di Ebrahim Raisi, il clima si è fatto decisamente più teso poiché neanche questa soluzione appare ben vista dal regime e la si sta combattendo drammaticamente in tutti i modi». Il regime di Raisi rappresenta, infatti, l’idea più vicina a quella dell’Ayatollah Khomeini, ovvero di una totale copertura del capo e del collo, in modo da lasciare visibile solo una piccolissima parte di viso.

Un altro problema pressante per le donne in Iran, ci racconta un’altra ragazza, è «l’impossibilità per noi di poter diventare presidente del Paese, giudice, o di non poter avere il diritto di ballare in pubblico, nonostante in Iran ci siano molte donne a ricoprire il ruolo di insegnanti, medici e, molte di loro, sono pure membri del parlamento e hanno il diritto di parola. Non solo, ma nonostante ci siano molte più ragazze che ragazzi nelle Università iraniane, il governo ha provato a ridurre il gap in molti modi – ad esempio aumentando i posti per i maschi – pur non riuscendoci».

Il diritto alla carriera viene fortemente ostacolato o oppresso tramite l’imposizione del velo, nella maniera imposta dal regime, nei luoghi pubblici anche e soprattutto per le donne che ricoprono ruoli statali, oltre ad una serie di giuramenti all’islam per come professato dallo Stato teocratico, dovendo rispettare rigorosamente queste regole. «Il dover portare in maniera corretta il velo per le donne è la cosa più importante per lo stato, i meriti vengono analizzati solo in un secondo momento: infatti, se una donna non porta bene il velo rischia molti svantaggi nei punteggi nelle graduatorie pubbliche, a prescindere dai suoi meriti». 

Da più parti si sente dire che il popolo ne ha abbastanza. Ci rivela un ragazzo che, sorprendentemente, «anche nelle famiglie che si sono sempre mostrate a favore del regime si registra un malcontento, stimabile in un tre quarti circa di popolazione, in maggioranza giovane. Il governo ha usato troppa forza», e il ricordo drammatico delle violenze governative contro le proteste pacifiche alle elezioni presidenziali del 2009 è ancora molto presente, ma c’è chi registra anche i crimini accaduti nel 1988 con il massacro dei prigionieri politici dal regime – oltre a quelli odierni – con molti striscioni e cartelloni commemorativi presenti alla manifestazione e la repressione non è certamente apprezzata. 

Molta gente non si sente più rappresentata, un’altra ragazza ci ha fatto presente che, secondo lei, «il regime non vede i problemi che sta creando, dall’inquinamento ambientale sempre più importante alla repressione che prende di mira sempre di più artisti – i cantanti in particolare – raggiungendo livelli di repressione non più tollerabili.

Le donne oggi sono molto determinate e pronte a lottare: ci sono stati molti casi di ragazze di 17 anni che sono state uccise dalle “forze dell’ordine” e si registra ormai un clima di non ritorno con il popolo che sembra ormai pronto a reagire per un cambio di regime». Un regime che i presenti alla manifestazione ci hanno anche paragonato, con estrema amarezza, a quello oscurantista della Chiesa cattolica nel ‘600 citando ciò che è avvenuto a Galileo. 

Il messaggio principale della comunità iraniana presente alla manifestazione infatti è stato quello di dire che «non si tratta ormai di una rivolta solo contro il velo, ma contro la dittatura». I popoli di tutto il mondo hanno espresso la propria solidarietà alle proteste in Iran, ora tocca alla comunità internazionale dare risposte, poiché il popolo iraniano non può più essere lasciato solo.


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Antonio Di Dio

Responsabile "Esteri". Laureato in Studi Filosofici e Storici, scrivo di cultura, politica e geopolitica. Amo l’arte, la poesia, la musica e il cinema. Vedo il giornalismo come una forma di attivismo, un servizio per la comunità.