“Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare è il manifesto dei millennials
Il ritratto di una generazione cavalcata dall’ansia, dal disagio e alla ricerca di un suo spazio nel mondo: “Strappare lungo i bordi” è il capolavoro che dà voce ai millennials con la sua ironica e crudele realtà.
Prodotta da Movimenti Production, in collaborazione con Bao Publishing, la prima serie animata scritta e diretta da Zerocalcare, Strappare lungo i bordi, è stata presentata su Netflix la mattina del 17 novembre 2021 e in meno di una settimana ha superato la serie neo cult Squid Game, posizionandosi prima in classifica in Italia.
Zerocalcare, dal cartaceo all’animazione
Conosciuto soprattutto per i suoi fumetti, tutti sotto contratto della BAO Publishing – tra cui il celebre esordio La profezia dell’armadillo, prodotto agli inizi da Makkox per poi passare in mano alla Bao e, successivamente, realizzato in Live Action nel 2018 da Emanuele Scaringi – Michele Rech, in arte Zerocalcare, vanta numerose pubblicazioni in diverse testate rinomate (Internazionale, Repubblica, L’Espresso), non solo per il suo stile unico e personalissimo, ma per i temi trattati: dallo spleen generazionale alla politica, sempre accompagnato dalla verve ironica e sarcastica che ne ha definito il personaggio.
Politicamente schierato e dal carattere irriverente e leggero, l’autore si è fatto spazio nel cuore del pubblico, passando con questa nuova serie da una “nicchia” più vicina al mondo del fumetto a un target nettamente più ampio (240 mila visualizzazioni in un giorno solo).
Da diverso tempo Zerocalcare aveva deciso di sperimentare le animazioni: durante il primo lockdown, in piena emergenza Covid-19, è rimasta impressa la sua Rebibbia Quarantine, pubblicata prima online e mandata successivamente in onda a Propaganda Live. Nel Dicembre 2020 sui social era stata pubblicata in anteprima la notizia riguardo la collaborazione con Netflix, mandando letteralmente in hype l’intero pubblico. Strappare Lungo i Bordi è ufficialmente una tra le opere italiane più discusse degli ultimi decenni.
Di cosa parla Strappare lungo i Bordi
Il ritratto di una generazione cavalcata dall’ansia, dalle paure, dalla sensazione di disagio costante e alla perenne ricerca di un suo spazio nel mondo. Figli di aspettative altissime, pressioni, e un mondo che collassa sulle loro spalle: questi sono i millennials, la generazione nata a cavallo tra gli anni ’80 e la metà degli anni ’90, in cui rientra il protagonista Zero. Tutto questo disagio esistenziale, raccontato con estrema leggerezza e ironia.
Dalla politica all’esistenzialismo, Zerocalcare porta alla luce una realtà “vera”, in cui tutti possono specchiare i propri pensieri e la loro stessa vita, senza doversi sentire sbagliati, demonizzati o peggio ancora “inutili”. Inzuppato di culture pop anni ’80-’90 e disseminato di easter eggs, Zerocalcare riesce a inserire con una semplicità disarmante elementi scomodi ed evitati come la peste dai media: la questione Curda (affrontata anche in Kobane Calling), il G8 di Genova, la vita nei centri sociali di periferia, la morte, ma anche temi considerati scottanti come razzismo, sessismo, neofascismo, blasfemia, black humor, e tutto ciò che è definito politically uncorrect, senza mai sfociare nella solita pesantezza di cui sono fradici i pensieri contemporanei e senza voler “avere ragione” a tutti i costi: è semplicemente un racconto di ciò che è. Non serve prenderla seriamente.
Ma chi vede la serie (servita in sei episodi da meno di mezz’ora, stessa durata delle serie tv in onda fino alla fine degli anni ‘90) non può non prendere tutto seriamente, non quando quello sullo schermo sei semplicemente tu con delle sopracciglia un po’ più folte.
Un viaggio dentro la vita di Zero
Zero, Sarah, Secco, Alice, un Armadillo: Strappare lungo i bordi ruota principalmente intorno a questi personaggi, tutti vissuti e interpretati da ZeroCalcare (di cui, in quanto “mitomane”, si riserva le voci, ad accezione della sua stessa coscienza, l’Armadillo, doppiato da Valerio Mastandrea).
Con il pretesto di un viaggio in treno con amici dal sapore amaro (che verrà palesato solo negli ultimi due episodi) Zero porta il pubblico dentro la sua vita, partendo dall’infanzia, passando per l’adolescenza, fino ad arrivare all’uomo che è oggi, rinchiuso in una condizione di disagio generazionale che viene spesso demonizzato o semplicemente ignorato.
Il trentenne Zero ha alle spalle un bagaglio di emozioni, pensieri, paure e fragilità che sembrano non rispecchiare assolutamente il tanto bramato modello di “perfezione”, anzi sembra proprio che sia quanto più lontano possibile da qualsiasi forma di sicurezza possa esistere: perennemente fuori luogo, fuori tempo, fuori dal mondo intero, e sempre sul punto di “strappare fuori dai bordi”. E con queste domande procede verso un’escalation di riflessioni profonde, colorate sempre da un romanissimo sarcasmo, che rispondono senza pretese alle domande di tutta una generazione: la sua.
La “mamma chioccia”
Se la generazione precedente (gen X) si muoveva titubante sulla scia di “saldi valori” imposti dai propri genitori (i boomers), promettendo poi un futuro stabile e all’insegna della meritocrazia, la formula magica “studia, lavora, sposati e fai figli” ha trovato terreno friabile con la gen Y, quella appunto dei millennials, che ha avuto modo di constatare la fallacia di un progetto di vita impacchettato e gettato in balia di un contesto storico-sociale in pieno cambiamento.
I giovani (benché in Italia fino a 35 anni si è ancora considerati “giovani”) vivono una realtà molto più tortuosa, complessa e certamente lontana da quella dei loro genitori, che rende difficile ritagliare una indipendenza dalla propria famiglia: secondo l’Istat, infatti, il 66,4 per cento dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con un genitore, e l’Italia vanta il primato europeo di NEET con 2,1 milioni di giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in percorsi di formazione. Un dato sicuramente preoccupante, ma assolutamente comprensibile.
Con Strappare lungo i Bordi, Zerocalcare non ha puntato assolutamente a creare un’opera manifesto di un’intera generazione. Eppure l’ha fatto, e per questo possiamo solo dirgli grazie.