Camihawke, da Instagram agli scaffali delle librerie

“Per tutto il resto dei miei sbagli” è l’opera d’esordio di Camilla Boniardi, in arte Camihawke, in vetta alle classifiche dei libri più venduti in poche settimane.


Succede che una ragazza dagli occhi grandi e i capelli lunghi con la passione per l’oroscopo decida, tra un esame di diritto commerciale e uno di diritto tributario, un po’ per gioco, un po’ per caso, di postare dei video scherzosi e ironici su YouTube e Facebook. Succede che questi video abbiano, in effetti, un discreto successo, vuoi per lo spiccato senso dell’umorismo, vuoi per la loro leggerezza e freschezza, vuoi perché quella ragazza ha qualcosa di familiare, di tenero, ma al tempo stesso di magnetico.

Si affaccia così al mondo del web, timidamente, Camilla Boniardi, in arte Camihawke, un nome che evoca quello di Michelle Pfeiffer in una pellicola degli anni ’80, classe 1990 e più di un milione di followers su Instagram.

Camihawke è Fragilità e umanità

Fin qui, nulla di diverso dalle decine e decine di influencer, tiktoker, youtuber che affollano il web. Ma Camilla non è un numero sui social, non è un like, non è una visualizzazione: Camilla è, innanzitutto, una persona. E non ne ha mai fatto mistero. 

A piccoli passi ha iniziato a svelare ai suoi followers (e forse anche a se stessa) tutte le sue fragilità. Questo l’ha fatta allontanare da quella visione social di mondo perfetto, fatto di filtri livella-rughe e ciglia finte, ma l’ha fatta avvicinare alla vita vera, quella fatta di inadeguatezza, di “complessi” e paranoie, di giudizi provenienti dagli altri, ma più spesso da noi stessi (che poi si rivelano essere i peggiori). 

Tutte quelle sensazioni che ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita, per periodi più o meno lunghi, in adolescenza e anche oltre, tutte quelle insicurezze strutturali che fanno parte del bagaglio esperienziale e invisibile che portiamo sulle spalle, sono venute fuori prepotentemente tra una focaccina dell’Esselunga e una “rece-umile” su qualche serie Netflix.

Ci siamo ritrovati nelle sue parole, nelle sue foto, nei suoi video. Abbiamo gioito il giorno della sua laurea in Giurisprudenza, quella facoltà che non le è mai appartenuta, portata a termine per senso del dovere e per non deludere le aspettative degli altri; abbiamo amato (e amiamo ancora) la sua storia con Aimone Rominzi, voce graffiante e potente dei FASK (acronimo della band Fast Animals Slow Kids); l’abbiamo vista dipingere, mangiare, cucinare, commuoversi, arrabbiarsi, arredare casa. Ma l’abbiamo anche vista in molte sue fragilità e insicurezze.

È il 26 settembre 2020 quando Camilla posta una sua foto risalente a qualche anno prima in cui è visibilmente e gravemente sottopeso, sotto la quale scrive: «Ho capito che trovare le parole che descrivano bene quello che hai in mente può essere impresa ostica e spesso infruttuosa. Secondo me, una cosa difficile ma utile, per trovare le parole dico, è partire da momenti che ti ricordi più di altri. Ad esempio qui era il 2015, che mi pare una vita che non ho mai vissuto, ma invece l’ho vissuta eccome, e mi ricordo che io pensavo di stare benissimo, di essere felice, li credevo tutti matti quelli che dicevano il contrario. Oggi invece, mentre mi riguardo, mi sembra che avevano ragione».

Ecco, Camilla Boniardi è questo: ha quella capacità di far riflettere, di sbattere in faccia la realtà, nuda e cruda, di dosare il serio e il faceto, senza esagerare e senza scendere nel ridicolo.

Sebbene abbia più volte precisato che il suo profilo nasca prevalentemente come intrattenimento, e che quindi potrebbe risultare fuori luogo parlare di determinati argomenti, Camilla non rinuncia comunque a voler sfatare quell’equazione assoluta in base alla quale “persona che usa i social uguale persona stupida, o poco intelligente”.

Camihawke ci riesce a rompere questo schema, e anche bene: con acuta ironia svela lati di sé, del suo passato e del suo presente, diventando inconsapevolmente per molte persone una solida roccia a cui aggrapparsi e, perché no, ispirarsi.

Così non c’è nulla di sbagliato a frequentare una facoltà che non piace e a non sentirsi minimamente attratti da ciò che si studia; non c’è nulla di sbagliato a essere un po’ pigri e avere voglia solo di stare sul divano in un mondo in cui tutti vanno in palestra e fanno sport; non c’è nulla di sbagliato a non capire niente di moda e a vestirsi come si vuole e a odiare i tacchi; non c’è nulla di sbagliato a non avere le idee chiare, a sentirsi persi, qualunque età si abbia, in un mondo in cui la competizione e l’ambizione (spesso non sane) spremono come limoni fino all’ultima goccia dell’anima.

«Scrivere è terapeutico»

Ma Camilla non si ferma e decide di rischiare, ancora una volta, cimentandosi con la scrittura di un romanzo, che non è senz’altro un’autobiografia, come ha precisato più volte, ma che sicuramente ha molti punti in comune con la sua vita e con il suo passato: Per tutto il resto dei miei sbagli, edito da Mondadori, è l’opera d’esordio di questa ragazza dagli occhi grandi, uno dei tanti regali che ha deciso di fare a chi la segue. 

«Scrivere è terapeutico» ha dichiarato più volte. In effetti, il romanzo le ha permesso di tirare fuori e analizzare meglio molti aspetti di se stessa, del suo passato ma anche del suo presente.

Il tour di presentazione del libro iniziato dalla Sicilia (prime tappe Catania e Palermo), che toccherà anche altre città d’Italia (Sovico e Bassano del Grappa i prossimi incontri), diventa l’occasione per Camilla Boniardi di incontrare le persone che la seguono, per rispondere alle loro domande, per guardarle negli occhi, per dare un volto a quei numeri dietro uno smartphone.

camihawke camilla boniardi foto di silvia scalisi
Camilla Boniardi (foto di Silvia Scalisi)

Ed è subito successo editoriale

In pochissimo tempo Per tutto il resto dei miei sbagli diventa il libro più venduto, balzando in vetta a tutte le classifiche (36 mila copie vendute in due settimane): che piaccia o no, i numeri parlano chiaro, Camilla ne ha fatta di nuovo una giusta.

Perché questo successo? Sicuramente è innegabile che una fetta importante sia dovuta al seguito sul suo profilo Instagram: d’altra parte non è un mistero che ormai molte case editrici facciano scouting partendo proprio dai social e da quei profili che risultano maggiormente seguiti, per il principio in base al quale “una parte di follower sicuramente acquisterà il libro”. 

(foto di Silvia Scalisi)

Camilla ha, però, decisamente superato le aspettative, e anche tanto: perché la storia di Marta, la protagonista del libro, è genuina, semplice ma al tempo stesso interessante, coinvolgente. C’è un po’ di Marta (così come c’è inevitabilmente un po’ di Camilla) in ognuno di noi: quando ci emozioniamo andando a un concerto, quando aspettiamo una mail importante, quando siamo divorati dall’ansia per un esame, quando vorremmo dire qualcosa ma le parole arrivano sempre al momento sbagliato.

Già, gli sbagli. Marta ne compie tanti, soprattutto verso se stessa: quando cerca di plasmarsi sugli altri per compiacere; quando non si lascia andare; quando non ammette i suoi sentimenti; quando ha paura, quando si sente inadeguata. Ma è proprio su quegli sbagli che, a poco a poco, costruisce la sua persona. Ed è proprio questo che Camilla Boniardi, in arte Camihawke, vuole comunicarci timidamente, con garbo, in punta di piedi. Quei piedi che hanno indosso, probabilmente, un paio di Birkenstock.

Per tutto il resto dei miei sbagli non è l’ennesimo “libro di un’influencer”, perché ha qualcosa di più: quella parentesi di genuinità, semplicità e normalità di cui avevamo bisogno, “per non sentirci mai più soli”, come canta il suo Romi.