Santa Lucia, grano di vita

Patrona di Siracusa, protettrice dell’abbondanza e delle messi, garante della luce e della bella stagione, il 13 dicembre, a Palermo e in buona parte della Sicilia, si festeggia Santa Lucia. 


Della vita della Santa apprendiamo grazie alle memorie di San Gregorio Magno, ma anche dal poema De laudibus Virginum scritto da S. Adelmo nel VII secolo. Lucia, in particolare, nacque a Siracusa intorno al 283 d.C. da una famiglia della nobiltà locale. Suo padre venne a mancare quando lei era ancora piccola e sua madre si ammalò ben presto di una grave malattia. La ragazza decise allora di recarsi in pellegrinaggio a Catania, presso il sepolcro di S. Agata, promettendo in voto di conservare la verginità. Tuttavia, la stessa sera del suo arrivo, la Santa le apparve in sogno e le disse «Lucia, perché mi chiedi quel che tu sei in grado di ottenere per altri? Tua madre sarà sana grazie alla tua fede e, come per mezzo mio viene beatificata la città di Catania, così per mezzo tuo sarà salvata la città di Siracusa».

A seguito di tale rivelazione dunque Lucia donò tutti i suoi beni ai poveri e prese la decisione di rinunciare al matrimonio per dedicare se stessa a Dio. Il suo promesso sposo,  però, si dimostrò contrario a una tale presa di posizione e denunciò la ragazza che, per questo motivo, venne imprigionata e perseguitata. Giunse infine la decapitazione, avvenuta il 13 dicembre del 304 d. C. sotto l’impero di Diocleziano. Le spoglie di Lucia rimasero a Siracusa per secoli, sino all’avvento dei bizantini che le condussero a Costantinopoli. Furono poi recuperate dai veneziani e portate a Venezia dove, del resto, esisteva già una chiesa dedicata alla martire.

Seppellimento di santa Lucia (1608), Caravaggio

Molto presto il suo culto si diffuse anche fuori dalla Sicilia: la notorietà della Santa raggiunse infatti l’America Latina, l’America del Nord, l’Africa e anche alcuni Paesi europei come la Francia e il Portogallo. 

Nella sua città natale, Siracusa, il 13 dicembre di ogni anno vengono esposti, in ricordo del suo martirio, ricchi drappi e tappeti ai balconi, mentre le strade si illuminano di ceri per onorare la solenne processione della statua d’argento della Santa, opera di Pietro Rizzo, capolavoro dell’oreficeria siciliana del XVI secolo. Questa, nello specifico, viene accompagnata lungo il tradizionale percorso che va dalla Cattedrale, situata sull’Isola di Ortigia, alla Basilica di Santa Lucia al Sepolcro, dove rimane esposta sino al 20 dicembre. A conclusione della festa, il simulacro rientra poi in Cattedrale portato a spalla dai “berretti verdi” della confraternita dei falegnami.

Statua di Santa Lucia

Particolarmente stretto è poi il rapporto tra la Santa e Palermo. Nel 1646, infatti, la città venne colpita da una terribile carestia che mieteva ogni giorno numerosi morti. Disperati, i palermitani, il 13 dicembre dello stesso anno, si radunarono nella Chiesa della Madonna di Valverde, implorando la grazia. Proprio allora, quando tutto sembrava privo di soluzione, arrivarono presso la vicina Cala alcune navi cariche di frumento. Estasiati, i fedeli gridarono al miracolo e tanto erano affamati che consumarono il grano semplicemente facendolo bollire, senza macinarlo per farne farina. 

Ebbe così origine, da questa vicissitudine, la ricetta dell’antica cuccia, che oggi noi mangiamo condita solamente con la ricotta o accompagnata al cioccolato e alla cannella. E da qui prese avvio anche la festività di Santa Lucia, con il divieto per tutti i palermitani di mangiare, il 13 dicembre di ogni anno, alimenti derivati dalla farina. Al loro posto vengono comunemente consumati arancine, panelle dolci e salate, crocchè di patate, riso con gli sparacelli e il grattò (gattò) o gateau di patate: un rituale che racchiude in se stesso il ricordo di un tempo in cui la nostra città soffrì la fame e si dovette accontentare di quanto di più semplice la terra aveva da offrire. 

Un gesto che nello stesso momento ha anche il significato profondo di un atto propiziatorio, ora più che mai sentito: domani le nostre tavole si riempiranno di alimenti “non finiti”, all’apparenza morti in quanto non macinati, ma potenzialmente pieni di vita. Una situazione che appare in stallo può tornare così a essere favorevole, rigogliosa, e questi semi della terra, questi chicchi di grano che assaggeremo, sono quegli stessi che, germogliando nel buio di oggi, daranno vita un domani a un nuovo piccolo campo in crescita.


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