Casa Professa, storia di un capolavoro

Casa Professa, uno dei monumenti e luoghi di culto più famosi di Palermo, oltre una delle più splendide chiese barocche della Sicilia.


La storica chiesa del Gesù, meglio nota come Casa Professa, deriva il suo nome dall’ordine dei Gesuiti, chiamati anche Padri Professi perché professano un quarto voto (obbedienza speciale al Papa), oltre ai tre canonici di castità, povertà e obbedienza. 

Casa Professa è uno dei monumenti e luoghi di culto più famosi di Palermo, oltre ad essere tra le più splendide chiese barocche dell’intera Regione, «tra le massime espressioni dell’arte barocca, nella sua forma più “ridondante”, ricca, appariscente ed esuberante» come la descrive Giovanni Puglisi, vicepresidente della Treccani e rettore universitario ad Enna, sul magazine quadrimestrale del GSE “Elementi”.

In realtà, più precisamente occorre riferirsi al complesso di Casa Professa, che di solito viene indicato nell’insieme nominando soltanto la chiesa; oltre ad essa infatti, fanno parte del complesso anche la Sacrestia monumentale, la Cripta (ex luogo di sepoltura dei padri) e le quattro sale del Museo, nonché la residenza dei padri gesuiti e la sede della Biblioteca Comunale.

La fondazione della sede affonda le sue radici nella storia della Compagnia di Gesù: i Gesuiti – che ne costituivano l’ordine religioso – arrivarono in Sicilia nell’anno 1547, a seguito del viceré Don Juan de Vega; tuttavia la principale fonte di protezione e favori, i padri la trovarono nella viceregina Donna Eleonora Osorio, amica di Ignazio di Loyola, celeberrimo fondatore dell’ordine.

Nel 1549 Ignazio di Loyola invia a Palermo Padre Diego Laínez, uno dei fondatori della Compagnia, al fine di iniziarvi, assieme ad altri 12 Gesuiti, un collegio d’istruzione. I lavori per la fondazione della nuova chiesa iniziarono nel 1564 su disegno del ferrarese Giovanni Tristano, sotto la direzione dei fratelli Gesuiti Francesco Costa e Alfio Vinci e furono ultimati nel 1578.

L’interno, presenta una pianta a croce latina con tre navate, ampio presbiterio e una serie di cappelle laterali. L’incredibile sfarzo dello stile barocco risulta essere decisamente contrastante con la facciata, più semplice e austera. Le decorazioni ricoprono l’interno dell’edificio in ogni angolo, dal pavimento al soffitto «tutti i muri e le colonne della chiesa, dalla controfacciata al presbiterio, dalle navate alle cappelle, in ogni dove si estende un manto ininterrotto di sculture, tarsie policrome, ornati marmorei, stucchi e affreschi».

casa professa
Navata centrale, Casa Professa

Al servizio di un tale progetto lavorarono i più rinomati artisti del tempo, da Ignazio Marabitti (padre della fontana della musica al teatro della Verdura) a Procopio Serpotta, solo per citare ancora oggi i più famosi. Numerosissimi, infatti, furono gli artigiani, gli scultori e i pittori che lavorarono per oltre due secoli alla magnificenza degli interni di cui godiamo oggi, che secondo il noto storico dell’arte Donald Garstang «appartengono al mondo della fantasia più sfrenata».

Entrando, a partire da destra si ammirano in sequenza la cappella delle SS. Vergini, dei SS. Confessori, dei SS. Martiri, della Madonna, di S. Francesco Saverio, di S. Luigi Gonzaga e della Sacra Famiglia.

Al centro spicca senz’altro il presbiterio, adorno di allegorie che rappresentano con simboli teologici la glorificazione del Nome di Gesù. Nella nicchia centrale, invece, si segnalano i gruppi marmorei di Abigail e David e quello di Achimelech e Davide, realizzati dallo scultore palermitano Gioacchino Vitagliano, addestrato in bottega dal maestro Serpotta, che ne curò con molta probabilità i disegni. Ai lati dell’altare si trova poi un prezioso organo a trasmissione elettrica del 1952, tra i più belli esistenti a Palermo.

Ripartendo dall’entrata, ma questa volta volgendosi alla navata sinistra, sono presenti diverse Cappelle, tra cui quella di S. Rosalia, dell’Immacolata, dei Martiri Giapponesi, del Crocifisso, di S. Ignazio di Loyola e di S. Anna. 

La sacrestia monumentale, concepita come una cappella, conserva al suo interno una pregevole armadiatura lignea finemente intagliata, realizzata tra il 1621 e 1634 ad opera del gesuita Giovanni Paolo Taurino, uno dei tre fratelli figli del rinominato intagliatore francese Rizzardo Taurino. 

Il Museo della Chiesa dell’Ordine dei Gesuiti è certamente la sezione più ricca di curiosità: custodisce infatti opere artistiche e manufatti artigianali di inestimabile valore. L’area espositiva si suddivide in sale tematiche, e vede quattro spazi principali: la Sala I, dove vengono custoditi originali paliotti di epoca barocca. La Sala II, denominata Sala del Crocifisso, che racchiude elementi architettonici di quella che era la chiesa medievale dei Santi Cosma e Damiano, demolita per la costruzione del Complesso gesuita, e diverse opere annesse.

La sala III, detta “La Farina”, espone una selezione di maioliche appartenenti alla donazione La Farina ed alcune opere pittoriche tra cui uno dei famosissimi paesaggi ottocenteschi di Francesco Lo Jacono. Salendo le scale si trova infine la Sala IV, “La Nuza”, che ospita una raccolta di dipinti dalla fine del XV al XIX secolo e delle teche contenenti importanti suppellettili liturgiche dello stesso periodo. Piatto forte è il dipinto La Gloria di S.Ignazio da Loyola e della Compagnia del Gesù del pittore Filippo Randazzo. 

Attraverso una breve rampa si accede alla cripta, antico luogo di sepoltura dei padri gesuiti. «Il luogo» come descrive il sito ufficiale della chiesa, «è identificato anche con il nome di Antro di S. Calogero in riferimento all’antica chiesa ipogea di “S. Calogero in Thermis” che secondo la tradizione, era dimora e luogo di preghiera del Beato Calogero vissuto a Palermo nel IV sec. d.C.” La Cripta si articola in due vani a pianta quadrangolare scavati direttamente nella roccia».

Nel 1892 la chiesa del Gesù venne dichiarata monumento nazionale. Tuttavia, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e i bombardamenti avvenuti nel maggio 1943 causarono grossi danni al monumento, distruggendo la cupola, ciò che la circondava e gran parte delle opere decorative del presbiterio e del transetto. Solo un accurato restauro riuscì a sanare i colpi inferti all’edificio.

Nel 2009 termina un altro restauro che ci consegna la chiesa del Gesù così come la vediamo oggi; la messa solenne celebrata dall’allora arcivescovo Paolo Romeo segnò l’evento di una rinascita, per l’ordine così come per la cittadinanza tutta.

Casa Professa, oltre che per la sua inesauribile fonte di fascino, nell’ultimo mese è stata oggetto chiacchierato di notizie a causa della conferma, da parte dei sacerdoti stessi, della positività di uno dei loro confratelli al Covid-19. La chiesa ha pertanto annunciato la chiusura e la sospensione delle celebrazioni. 

Decisione dolorosa quanto doverosa presa “per motivi precauzionali” che dimostra il rispetto e la cura che la comunità nutre nei confronti dei cittadini fedeli che la frequentano. 

La stessa comunità dei padri, dopo avere spiegato che «si tratta di un anziano padre gesuita già in isolamento nella sua stanza per altre patologie», ha inoltre immediatamente avvisato l’Asp ed avviato il protocollo che prevede l’auto quarantena in attesa dei tamponi.