Daverio «dal vero»: lo stalinista italo-francese

Di Daniele MonteleonePhilippe Daverio odia la Sicilia. Anzi, il critico d’arte francese con doppio passaporto odia i siciliani e rafforza tutta quella serie di stereotipi che l’Isola al centro del Mediterraneo porta con sé. E lo ha dimostrato più volte. La più recente è in occasione del “BorgoGate”, la polemica sull’assegnazione del premio “Borgo dei Borghi”. Qui Daverio ha sfoggiato un linguaggio “politicamente scorretto” rovesciandolo a «diritto di opinione», entrando a far parte di tutta quella melma intellettuale che sdogana il proprio disprezzo come diritto d’espressione o, peggio, come «ironia».

I due paesi concorrenti arrivati correttamente in finale fra le sessanta località italiane partecipanti al concorso promosso dalla Rai, in base alla sommatoria fra il televoto e il voto della giuria degli esperti, sono stati Palazzolo Acreide, in Sicilia, e Bobbio, in Emilia-Romagna. Ad avere la meglio è stato il paese emiliano. Il televoto favoriva nettamente la comunità siciliana del siracusano, il voto della giuria premiava Bobbio. Il voto della giuria, capitanata da Philippe Daverio e formata, a seguire, dall’ex fiorettista olimpica e conduttrice televisiva Margherita Granbassi e dal geologo e divulgatore Mario Tozzi, è risultato decisivo nell’assegnazione del premio di questa edizione del Borgo dei Borghi.

Poco importa – complessivamente – se Daverio ha dato zero a Palazzolo Acreide favorendo il concorrente emiliano. La giuria era libera di esprimersi come preferiva e di accordarsi come meglio riteneva sull’assegnazione di un premio così importante per le piccole comunità nazionali. Un premio, come provato dai dati sugli ingressi, in grado di decuplicare le presenze turistiche sul territorio. Unica macchia è forse la verifica dei requisiti minimi della giuria per evitare ogni possibile conflitto d’interesse, presunto o reale che sia. Una responsabilità, evidentemente, della Rai sulla quale si vuole verificare in Commissione di Vigilanza dove la deputata Maria Laura Paxia ha presentato un’interrogazione relativa alle modalità di votazione del concorso, oltre all’impegno dello stesso segretario della commissione Michele Anzaldi affinché «la Rai chiarisca se dietro il concorso televisivo “Borgo dei borghi”, andato in onda su Rai3, non ci sia un imbarazzante caso di conflitto di interessi». Ci si chiede infatti come sia possibile ribaltare in questo modo un televoto – pagato profumatamente, 0,51 euro per voto – in sede tecnica con uno zero che penalizza nettamente la sommatoria finale e, per di più, con un voto proveniente da un cittadino onorario del paese vincitore. Proprio così: Philippe Daverio è da circa un anno cittadino onorario di Bobbio per meriti nella valorizzazione del patrimonio culturale. Onore a Daverio per il suo operato nel comune piacentino, ma non finisce qui.

Bobbio, Piacenza – Val Trebbia

Il caso non è sfuggito a Ismaele La Vardera, candidato farsa delle scorse elezioni cittadine di Palermo, che ha incrociato Daverio facendogli notare il conflitto d’interesse sulla sua netta preferenza a Bobbio. Intervistato per Le Iene, Daverio ha reinterpretato un passo de Il Gattopardo rispondendo alle critiche sul suo ruolo nel concorso Rai: «Il siciliano è convinto di essere al centro del mondo, è una patologia locale che nei secoli non ci si è mai riusciti a curare. Si chiama onfalite, è l’infiammazione dell’ombelico. Per loro tutto ciò che non è Sicilia è molto lontano, è quasi intollerabile». Rincarando una dose di stereotipi e pregiudizi non degni di un uomo di cultura – come viene reputato lo stesso Daverio – il critico d’arte, pressato dall’insistenza della iena La Vardera, ha dichiarato nella stessa intervista: «Mi hanno spaventato, il tono è di minaccia (riferendosi alle parole del palermitano Anzaldi “chi ha sbagliato deve pagare” ndr) e fa parte della tradizione siciliana: ho paura di tornare in Sicilia. Non la amo, non mi interessano l’arancina e i cannoli, mi piace il foie gras e bevo champagne – concludendo con un’amara considerazione – Il cannolo non mi piace, perché ha la canna mozza…».

Rivendicando la sua preferenza per Bobbio, e il suo cinismo per la terra siciliana, Daverio esprime una sacrosanta opinione, con buona pace degli amanti del cannolo, delle Madonie e delle spiagge sicule. Difende la sua posizione come “diritto di opinione”, tutelato dalla Costituzione. Solo che a essere tutelata è anche la dignità sociale delle persone umane, in questo caso quella di un popolo giudicato – neanche tanto velatamente – mafioso. L’arroganza e la superficialità dimostrate da Daverio sembrano talvolta atteggiamenti sdoganati come portatori di verità e schiettezza (quest’ultima vista misticamente come un valore positivo assoluto).

Senza giri di parole, la realtà è quella di un banale scivolone ornato di ignoranza di uno stalinista italo-francese e nient’altro. Daverio, utilizzando definizioni come “terroni” e “miniera di sale” nei confronti della Sicilia non ha solamente offeso una terra, fatta di storia – una storia che lui stesso ha in passato glorificato nei suoi programmi televisivi – persone, lotte sociali e certamente di errori ed orrori, ma ha anche definito ulteriormente se stesso, già protagonista di non edificanti episodi di “cronaca meridionale”. Nel 2010, durante i festeggiamenti del festino palermitano della santa patrona, Daverio si scontra con i senzatetto che stazionavano in protesta davanti il municipio centrale, definendoli dei «senza palle» che ai suoi tempi «sarebbero finiti nei gulag» rivendicando il suo essere «non fascista, ma stalinista». Ricordando come, recentemente, il fascismo sia stato equiparato allo stalinismo – con qualche imprecisione del caso – per la violenza e le vittime che ha mietuto nel mondo, il dipinto di un personaggio arricchito e colto ma sprovvisto di buon senso e buone maniere è presto fatto.

Non è importante sottolineare come il Daverio professore presso la facoltà di Architettura all’Università degli Studi di Palermo si sia speso per migliorarne l’utilizzo delle risorse. O ancora, il suo prestigio per la classe dirigente palermitana che nel 2010 gli ha affidato la direzione artistica dei festeggiamenti del festino di Santa Rosalia – un’importante responsabilità sotto ogni aspetto – e il ruolo consultivo di Esperto di Cultura presso la stessa amministrazione comunale. Non è rilevante il fatto che in tre edizioni consecutive del Borgo dei Borghi (2014, 2015 e 2016) abbiano vinto tre località siciliane, rispettivamente Gangi, Montalbano Elicona e Sambuca, quest’ultima sostenuta proprio da Daverio in giuria. Non occorre, in sintesi, riequilibrare l’onorabilità perduta del Daverio con i suoi incarichi e il suo contributo alla causa meridionale (se così possiamo definirlo!).

Gli interventi del governatore siciliano Musumeci e del presidente dell’Ars Micciché polemici verso il critico d’arte hanno generato una nuova difesa dello stesso che ha poi comunicato le proprie pubbliche scuse, arrivate in una lettera aperta indirizzata al presidente della Regione siciliana. La lettera dichiara che le definizioni offensive erano rivolte a pochi e che l’attacco è arrivato in maniera ingiusta all’intero popolo siciliano, giustificando le frasi irrispettose come uscite fuori «dopo una lunga giornata di viaggio e di lavoro, dopo una sommatoria di insinuazioni d’interesse privato». Insomma, tutta colpa della stanchezza e dell’insopportabile caccia alla notizia delle solite Iene di Italia Uno. Non è tanto il fatto che “noi abbiamo il mare più bello del mondo” e che “siamo un popolo pieno di storia” – frasi buone da accompagnare a margine di un caffè durante una chiacchierata poco interessante – ma che, in quanto a generalizzazioni ed improbabili elucubrazioni sicilianiste, ne abbiamo decisamente abbastanza.