La storia che diventa leggenda. Signore e signori, Federica Pellegrini

«Io non ci credo ancora…». La voce di Federica Pellegrini è ancora rotta dalla fatica per una gara che l’ha incoronata, in quel di Gwangju, regina mondiale dei 200 metri stile libero. Per l’ennesima volta, per la precisione, la quarta. Dovrebbe esserci abituata, Federica Pellegrini, ai successi, alle luci della ribalta, alle interviste post gara.  E invece, dalla voce della neo campionessa del mondo emerge un misto d’incredulità insolita e di felicità che ben presto si trasforma in una forte, fortissima emozione. Federica Pellegrini piange.

Sono lacrime di gioia, ammetterà. Si tratta dell’ultimo suo Mondiale in vasca e ha appena compiuto un’impresa che la pone sempre più nell’Olimpo dei grandi di questo sport e dello sport in generale a livello nazionale e internazionale. 

E lo ha fatto a suo modo. Nel suo “stile” in ogni senso. Pronti… via. I primi 50 metri sono d’attesa, di studio, di preparazione. Federica Pellegrini ci ha abituato così, a vederla crescere di ritmo in una continua progressione fino all’ultima vasca nella speranza che da lì in poi possa accelerare. E vincere.

Pellegrini alla prima virata è dietro, ma dalla bracciata pare in gestione. Ha ancora qualcosa da tirar fuori. La conferma arriva dalla seconda vasca fatta in crescendo, ma non troppo, quasi l’intento fosse quello di controllare le rispettive avversarie poste ai fianchi, le più giovani Titmus, australiana alla corsia cinque, e la svedese Sjoestroem alla sei.

Federica ai 100 metri è ancora fuori dal podio, ma ogni bracciata che la porta ai 150, la fa risalire sempre di più, come uno squalo pronto ad azzannare le sue prede. All’ultima virata è seconda. Adesso, non resta che chiudere come solo lei sa fare. Gli ultimi 50 metri sono uno spettacolo, impetuosi, potenti. È oro. Il quarto della sua carriera ai mondiali, l’ottava medaglia considerando gli argenti e i bronzi. 

Un trionfo clamoroso, festeggiato in un modo esemplare: a braccia aperte in piscina, a raccogliere gli spalti presenti e i tifosi da casa in un abbraccio festante.  O forse chissà, come a voler lanciare anche un messaggio: «a 31 anni sono ancora qui». Già 31 anni.

“31 anni nel nuoto corrispondono a 50 nel calcio”, scrive in un tweet il giornalista sportivo, Fabrizio Biasin, nell’esaltare il risultato della Pellegrini nella semifinale del giorno prima. Un fatto, a dispetto dell’età tutt’altro che elevata, maledettamente vero. Il nuoto è uno sport per “giovanissimi”, per ragazzi o ragazze persino minorenni. E la Pellegrini lo sa bene, avendo vinto da sedicenne la prima medaglia d’argento olimpica in quel d’Atene nel “lontano” 2004.

Ma quando il talento è stimolato dalla voglia, dalla determinazione, dalla passione che permette di superare ogni singolo giorno d’allenamento e di sacrifici, non c’è età che tenga. Diventa possibile, quindi, superare anche le delusioni, quelle cocenti, quelle che potrebbero stroncare le carriere di tanti. E la Pellegrini, nella sua eccezionale carriera, di battute d’arresto ne ha avute.

Ma, da queste poche sconfitte, è sempre riuscita a ripartire. Come sanno fare i più grandi. Con ancora più forza. Con ancora più grinta. L’ultima volta nel 2016, dopo le Olimpiadi di Rio, concluse al quarto posto, quando persino le parole post-gara sembravano presagire un addio pressoché certo. La storia di Federica non era finita e non lo è tutt’ora. Tokio 2020 l’aspetta. E ci andrà da Leggenda.

Copertina da Michiel Jelijs


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