I Foreign Fighters torneranno a casa?

Di Marco Cerniglia – Avevamo già visto, in altre analisi della situazione siriana, come il rientro delle truppe americane annunciato dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, stesse provocando numerose reazioni contrarie tra gli alleati esteri, e causando anche dei dissidi all’interno del suo stesso governo. La situazione, tornata apparentemente alla normalità dopo le turbolenze iniziali, è stata ora nuovamente destabilizzata dall’ultima provocazione presidenziale, stavolta mirata all’Europa.

In un tweet, il presidente richiede, a nome degli USA, che gli stati dell’Unione Europea recuperino i propri “Foreign Fighters” dalle carceri siriane per processarli in patria, in quanto gli ordinamenti dei rispettivi paesi lo prevedono. Viene paventato, in caso contrario, il rischio di una loro liberazione, forzata da circostanze esterne.

Il flusso in uscita di questi combattenti, provenienti dai vari stati UE, sarebbe composto, secondo una analisi dell’ ICSR (International Centre for the Study of Radicalization), da circa 6000 volontari, dei quali non tutti sono combattenti attivi, in quanto vengono contati anche numerose donne e bambini dentro questi numeri. Di questi, la maggior parte sono morti sotto il fuoco dei soldati USA e degli altri alleati, mentre una parte sarebbe già riuscita a rientrare in patria. La questione affrontata nel tweet di Trump riguarda quella parte minima rimasta invece prigioniera nelle carceri siriane, sorvegliata dai combattenti curdi.

FOTO ARTICOLO 2Gli stati europei, divisi nelle loro decisioni in merito, sembrano comunque non avere grande entusiasmo nel richiamare questi combattenti nei loro territori: la Francia mantiene la sua linea dura di decidere caso per caso se riprendere i propri cittadini, facendo tuttavia delle eccezioni per i bambini nati dalle donne dei combattenti. Anche la Germania sta seguendo un percorso di rifiuto di riammissione, perché vorrebbe garanzie sul loro arresto una volta rientrati; in questo senso, mira ad una collaborazione con gli altri stati europei.

Più ambigua la posizione della Gran Bretagna, dove troviamo all’interno del governo due linee diverse: da un lato, l’idea del ministro della Giustizia David Gauke secondo cui non si possono lasciare queste persone senza uno stato in cui tornare; dall’altro l’idea del ministro degli Interni Sajid Jiavid che a un terrorista deve essere impedito di rientrare nella propria nazione di origine. A quest’ultima linea fa coro, rafforzando ulteriormente l’ostilità, la voce del ministro della Difesa Gavin Williamson, che già nel dicembre 2017 aveva espresso il suo parere secondo cui ai terroristi di nazionalità britannica non doveva essere permesso il ritorno in patria, e che anzi questi andavano uccisi in Siria proprio per impedire il loro ritorno.

A dimostrazione dell’assenza totale di una linea unitaria europea, anche Austria, Italia e paesi scandinavi affronteranno il rientro dei combattenti provenienti dalla loro nazione in maniera diversa, con soluzioni ben distinte e opinioni diverse.

Tuttavia, il frettoloso rientro delle truppe USA mette in evidenza la necessità di trovare al EPXYERRBSYI6RFG25P45CEQVTQpiù presto un punto d’incontro comunitario: i combattenti curdi, non avendo dei tribunali propri con i quali giudicare questi combattenti, trovandosi assediati dalle truppe turche da un lato e costretti a contrattare con Damasco per mantenere una semiautonomia nella regione, che molto interessa al governo siriano per la ricchezza di risorse, potrebbero liberare i prigionieri, i quali potrebbero quindi fare ritorno ai loro paesi di origine se lasciati senza controllo.

Ed è questo il pericolo che i servizi segreti degli stati europei stanno cercando di prevenire; questo effetto blowback, per il quale i foreign fighters rientrati in patria potrebbero organizzare cellule terroristiche filoISIS e attentati, passando inosservati per via della loro nazionalità. Un pericolo, questo che le politiche isolazioniste attuali hanno causato, e che non possono affrontare senza tornare sui propri passi in uno sforzo più unitario possibile.


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