Scontro o incontro?

Di Vincenzo Mignano – La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def)presentata dal Governo Lega-M5s il 15 ottobre scorso – ha suscitato, nelle ultime settimane, le critiche e le perplessità della Commissione europea. Si è assistito, nel caso di specie, ad un forte scontro istituzionale tra Roma e Bruxelles che ha prodotto delle conseguenze in ottica sia economica (spread a 310 punti) che politica (indebolimento internazionale). Diverse, in tal senso, sono state le chiavi di lettura prospettate al fine di percepire le dinamiche e le proporzioni della vicenda, sino ad includere l’ipotesi – funesta – di una possibile dissoluzione dell’euro.

Per quanto riguarda le criticità rilevate dal Collegio dei commissari, le principali preoccupazioni riguardano il deficit strutturale italiano. Il suo innalzamento, sulla base dei dati contenuti nella nota di aggiornamento del Def, rappresenterebbe «una violazione grave e manifesta delle raccomandazioni adottate dal Consiglio europeo, compresa l’Italia, il 13 luglio 2018» e delle norme previste dal Patto di Stabilità e Crescita (PSC).

Il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, e il Commissario europeo agli affari economici, Pierre Moscovici, già in precedenza, avevano sollecitato, attraverso una lettera, il Governo italiano a porre in essere degli aggiustamenti alla manovra di bilancio, prospettando, in caso di mancato intervento correttivo, il rischio di «una revisione ex post dei giudizi di promozione con riserva emessi gli anni scorsi su deficit e debito».

A tal proposito, l’agenzia Standard & Poor’s (S&P), pur confermando il rating dell’Italia a BBB, ha rivisto il relativo outlook al ribasso, ossia da stabile a negativo. Si aggiunga – e non è un caso – che le preoccupazioni manifestate dal Collegio dei commissari hanno trovato conferma proprio in quanto dichiarato da S&P: «A nostro avviso, il piano economico del governo rischia di indebolire la performance di crescita dell’Italia».

Il Governo giallo-verde, dal canto suo, ha risposto a tono, sostenendo la stabilità finanziaria del Documento programmatico di bilancio. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, parlando di «decisione difficile, ma necessaria», ha dichiarato: «Qualora i rapporti deficit/Pil e debito/Pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato, il Governo si impegna ad intervenire, adottando tutte le necessarie misure affinché gli obiettivi indicati siano rispettati».

Sembrerebbe, quindi, che la volontà iniziale del Governo sia quella di non espandere ulteriormente il deficit strutturale, con la previsione di una clausola di salvaguardia in caso di crescita al di sotto degli obiettivi stabiliti. A tali prospettive ottimistiche, tuttavia, si contrappongono la preoccupazione e la sfiducia della Commissione europea circa la capacità dell’esecutivo italiano di rispettare la riduzione del debito pubblico fissata dai Trattati europei, così come la bocciatura, da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), del quadro macroeconomico posto alla base della manovra finanziaria.

Si tratta, come si evince, di indicatori che attestano la mancanza di consenso che il Def soffre non solo a livello sovranazionale, ma anche all’interno delle Istituzioni statali.

Sulla base di quanto analizzato sinora, appare chiaro come a ragioni giuridico-economiche, caratterizzate dal rispetto delle norme poste a fondamento dell’assetto istituzionale dell’Unione Europea (UE) e dalla salvaguardia dell’Eurozona, si contrappongano ragioni di natura politica, significativa espressione della volontà statale di autodeterminarsi. Lo scontro che ne deriva, se non sostenuto da un dialogo costruttivo volto alla ricerca di quel compromesso necessario per il consolidamento dei rapporti tra le varie Istituzioni, potrebbe comportare un logico indebolimento dei contendenti.

Se da un lato, infatti, un’eccessiva flessibilità da parte della Commissione europea porterebbe con sé il rischio di quell’azzardo morale che implicherebbe un cieco affidamento, soprattutto in chiave economica, degli Stati all’UE, con la possibilità concreta che questi adottino delle politiche di bilancio poco virtuose, dall’altro lato la rigidità affetta da mancanza di confronto allontanerebbe le parti, compromettendo le logiche dell’integrazione e la perdita di potere in chiave internazionale.

Come sottolineato, nell’ipotesi di specie, dai Commissari Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici: «infrangere le regole può essere allettante, e anche risolvere il debito facendo ancora più debito: ma a un certo punto il debito complessivo diventa troppo pesante».

Al Governo italiano, a partire dal 23 ottobre scorso, sono state concesse tre settimane per presentare una nuova bozza di bilancio ed evitare l’avvio della procedura di infrazione. Nonostante le prospettive non siano tra le più rosee, sulla base degli eventi e di quanto dichiarato nell’epico duello Roma-Bruxelles, il leitmotiv rimane lo stesso: scontro o incontro?


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