I minori stranieri non accompagnati tra sogni e realtà

Chi sono i “Minori Stranieri Non Accompagnati”(MSNA)? La definizione comunemente utilizzata è quella specificata nell’articolo 2 della Direttiva Europea 2001/55/EC3, che li descrive come “i cittadini di paesi terzi o gli apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per essi in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri”.

Per l’analisi del contesto nazionale, si è dovuto fare ricorso alla prima definizione ufficiale fornita dal legislatore nel Regolamento concernente i compiti del Comitato per i Minori Stranieri (D.P.C.M. del 9 dicembre 1999, n. 535), secondo cui «il minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato è quel minore non avente cittadinanza italiana o di altro Paese Membro che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova in Italia privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano, siano essi tutori ufficialmente riconosciuti o parenti entro il terzo grado». 

La presenza di questa tipologia di minori mette alla prova gli Stati rispetto ai loro sforzi di onorare gli impegni assunti nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (documento ratificato nel 1989 da tutti i paesi membri delle Nazioni Unite, ad eccezione degli Stati Uniti e della Repubblica del Sudan del Sud), della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, e attraverso le direttive e i regolamenti dell’UE.

In alcuni Stati UE come Italia, Belgio e Svezia esiste un sistema di supporto e protezione indirizzato ai minori stranieri ma spesso ci sono ritardi nella nomina dei tutori, in altri paesi, invece, manca del tutto un sistema che preveda la tutela dei minori stranieri non accompagnati, come in Grecia e in Polonia, dove i tutori sono responsabili solo dei procedimenti giuridici.

I MSNA lasciano i loro paesi d’origine per una serie di motivi: possono essere in fuga da persecuzioni, conflitti armati, sfruttamento e povertà; possono essere stati sollecitati ad emigrare per ragioni economiche, alla ricerca di opportunità lavorative e scelgono l’Italia grazie alle informazioni ottenute dai familiari e dagli amici che hanno avuto esperienze migratorie positive e dai mass-media, “costruendosi” in questo modo l’immagine di un Paese che offre possibilità socio-economiche migliori.

Possono aver deciso da soli di partire sia per garantire la loro sopravvivenza, sia per ricevere qualche forma di istruzione o cercare un lavoro; possono essere stati separati dalla loro famiglia durante la fuga oppure può accadere che stiano cercando di ricongiungersi ai genitori o ad altri membri della famiglia, o ancora, possono essere vittime di tratta.

In base a quanto rilevato dall’agenzia Europol, tra 2014 e 2016 risultano scomparsi in Europa oltre 10mila minori migranti, di cui circa 5.000 sono spariti in Italia e almeno altri 1.000 in Svezia ma le stime elaborate da Save the Children sono ancora più inquietanti, poiché secondo queste valutazioni nel 2015 i MSNA scomparsi sarebbero oltre 26mila, e una delle principali cause sarebbe la mancanza di sistemi di custodia funzionanti per i minori.

Dove finiscono questi minori scomparsi? La preoccupazione è che molti ragazzi non spariscano sulle proprie gambe, ma che finiscano nelle reti criminali dello sfruttamento, del lavoro nero o peggio. Ci sono MSNA che spariscono di propria volontà e solitamente si tratta di soggetti richiedenti asilo, che hanno chiesto di ricongiungersi con un parente (entro il quarto grado) che si trova legalmente sul territorio europeo. Secondo quanto previsto dal regolamento di Dublino, il ricongiungimento deve avvenire nel minor tempo possibile, ma a causa della lentezza della burocrazia i tempi si rivelano molto più lunghi, così i minori si allontanano dalle strutture di accoglienza senza lasciare traccia.

UNICEF e UNHCR desiderano sostenere gli Stati nell’individuazione delle modalità ottimali per adempiere alle loro responsabilità di proteggere i diritti e gli interessi dei minori non accompagnati e separati in Europa. I minori che si trovano senza la protezione dei genitori dipendono dagli Stati per la difesa dei loro diritti. Diventa sempre più complesso, e allo stesso tempo sempre più urgente, trovare i modi attraverso cui realizzare questo obiettivo.

Nel 2015 nell’Unione Europea sono arrivati più di 89.000 bambini, questo è quanto emerge dal recente rapporto SUMMIT su prevenzione, risposta e tutela dei minori migranti non accompagnati che si disperdono in Europa, coordinato da Missing Children Europe. Dai rapporti nazionali, si evince che il numero di minori non accompagnati mancanti potrebbe essere molto più alto e che molti bambini scompaiono prima di essere registrati dalle autorità. 

Il rapporto SUMMIT riflette il punto di vista degli operatori che si occupano dell’accoglienza dei minori migranti non accompagnati e della scomparsa dei bambini, che hanno esaminato le pratiche di sette Paesi europei: Gran Bretagna, Spagna, Italia, Belgio, Cipro, Irlanda e Grecia. In questa ricerca si evidenziano una cattiva gestione della scomparsa dei MSNA, una mancanza di procedure efficienti, di chiarezza sulle responsabilità di ogni servizio coinvolto, ma anche di risorse.

Tra le pecche più evidenti anche i metodi incoerenti di raccolta dei dati nei singoli Paesi e in Europa, che rende difficile e inefficace lo scambio di informazioni pertinenti. Nel primo trimestre del 2016 in Italia sono sbarcati 2480 minori, di cui solo 118 accompagnati, e il numero sarà sicuramente destinato a crescere nel corso dell’anno.

Indipendentemente dalle circostanze e dai motivi che li hanno indotti a spostarsi, tutti i minori non accompagnati e separati condividono due caratteristiche importanti: sono minori e devono essere trattati come tali, e inoltre, in quanto minori temporaneamente o definitivamente privati del loro ambiente familiare di sostegno, hanno diritto a forme specifiche di protezione e assistenza.

L’Europa ha contato più di 89.000 bambini nel 2015, ma c’è da sottolineare che sarebbero stati molti di più se solo non avessero perso la vita durante i lunghi “viaggi della speranza”. Forse l’Ue avrebbe potuto salvarne di più se avesse fatto meno chiacchiere e più azioni, se ci fossero state operazioni congiunte, scelte “umane” e meno politiche o tecniche. Ricordiamoci che un bambino morto è una risorsa in meno per il futuro di tutti.

di Francesca Rao


 

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