Sanremo 2023: il festival dei social, delle ballad e della misoginia

La 73esima edizione del festival di Sanremo è stata vinta da Marco Mengoni con “due vite”, in un’edizione dalle poche proposte interessanti e le tante discussioni futili.


«Ma che giorno è? È il primo giorno senza te» cantano i Modà, riferendosi alla giornata di oggi. La prima dopo la conclusione della settimana santa, ovvero la settimana di Sanremo. Anche quest’anno milioni di italiani sono stati risucchiati nel vortice del Festival di Sanremo, che ha avuto luogo dal 7 all’11 febbraio. Più di altri anni, infatti, tantissime persone si sono sintonizzate su Rai1 e RaiPlay per poter seguire la kermesse più attesa dell’anno, che ci ha rapito dalle 20 fino alle 2 passate. Il picco di share è arrivato fino al 69%, dato che non si registrava dal 1995. 

La classifica di Sanremo e gli altri premiati

Un grande successo per Amadeus, già al suo quarto festival, affiancato da Gianni Morandi. Nella 73esima edizione si sono esibiti ben 28 big in gara, tra cui 6 giovani scelti durante Sanremo Giovani 2023. Il vincitore è stato Marco Mengoni – che ha vinto anche nella serata delle cover cantando Let it be accompagnato dal Kingdom choir – che ha trionfato con Due vite, una ballad sui piccoli momenti della vita, condivisi con un’altra persona; non all’altezza di altre sue proposte ma con un’interpretazione magistrale ed intensa. 

Al secondo posto, Lazza con Cenere, brano da una base elettronica dal sound internazionale, e al terzo posto Mr. Rain, trainato dal coro di bambini che ha sciolto il cuore del pubblico in sala. La maggior parte dei cantanti quest’anno ha portato ballad classiche o brani dal sound pop-elettronico un po’ ripetitivo, con delle “parole dette male”,citando Giorgia, visto che la metà degli artisti non eccelleva certo per le proprie doti canore. 

Anche i cantanti più navigati non hanno portato in gara pezzi che hanno reso loro giustizia, come Giorgia, grande voce che però non è stata messa in risalto dal brano Parole dette male, dal sound antico e dalla melodia dimenticabile. Lo stesso Mengoni può vantare pezzi nella sua discografia migliori del brano vincitore, ma la sua interpretazione sentita e la sua grinta sono stati i suoi punti di forza.

Emozionante il duetto dei Coma Cose che con L’addio hanno portato sul palco la crisi attraversata dalla coppia – ampiamente superata visto l’annuncio delle prossime nozze – e si aggiudicano il premio Bardotti per il miglior testo. Analizzando i testi delle canzoni, sembra proprio che non tutti possano vantare un rapporto come quello del duo indie: si parla spesso di amori nati appena ma già finiti, come ci racconta Elodie, o la timida Ariete che con un brano molto dolce ci racconta che naviga in un mare di guai; o di un amore diviso dalla guerra, come canta Tananai, che si presenta molto più “in forma” rispetto alla scorsa edizione piazzandosi quinto.

I vincitori del premio della Critica “Mia Martini” e il premio della Sala Stampa “Lucio Dalla” , invece, sono stati assegnati a Colapesce Dimartino con Splash: il duo siciliano ancora una volta sorprende con un brano apparentemente leggero, dal gusto retrò e malinconico, che invece nasconde un significato profondo, l’evasione quotidiana dalle nostre aspettative. La quota Sicilia è portata in alto anche da Levante, il cui brano Vivo è uno dei pochi ritmati di questa edizione ed è un elogio al proprio corpo dopo il periodo della gravidanza.

Tra i giovani selezionati da Sanremo Giovani 2023 che hanno conquistato l’accesso alla sezione Big, si sono distinti i Colla Zio, band milanese che ha portato con Non mi va un pop da boyband anni 2000, e Sethu – che si è classificato ultimo – che con Cause perse ha proposto una canzone quasi emo-punk.  I giovani vengono un po’ messi da parte, fatti esibire per ultimi e sacrificati quando devono confrontarsi con i Big. Sarebbe il caso di reintrodurre la “Giovani” anche durante il Festival, in modo che abbiano più visibilità. 

E le donne a Sanremo?

Tuttavia, le più bistrattate rimangono le donne. Con una Top 5 formata da cinque uomini, nonostante le artiste in gara avessero portato brani validi. Lo stesso Mengoni, una volta annunciata la sua vittoria, ha voluto dedicarla a tutte le partecipanti e alle loro canzoni. Bisogna infatti ricordare che Sanremo non viene vinto da una donna da quando Arisa nel 2014 portò Controvento. Bisogna tenere conto che qui il problema sta a monte. Amadeus ha scelto 9 donne su 28 concorrenti, dunque le possibilità che esse arrivino in alto è ancora più difficile. L’associazione Equaly ha analizzato che nel 2022 la presenza femminile nelle classifiche italiane dei dischi più venduti è stata solo del 10%.

E non si tratta soltanto di un problema a livello musicale. Se si prende in considerazione la conduzione Sanremo, questa non viene affidata a una presentatrice da molti anni, dall’edizione 2010 di Antonella Clerici. Con la scusa delle co-conduttrici, il direttore artistico relega le donne a delle comparse, che si presentano per mostrare il cambio d’abito o per leggere un monologo che giustifichi la propria presenza alla kermesse canora, monologo che va in scena rigorosamente alle 2 di notte, negando pure la possibilità che questo venga ascoltato da più persone. In questa edizione, Chiara Francini ha parlato di maternità e delle aspettative verso le donne, Francesca Fagnani della situazione dei carceri minorili, Paola Egonu è stata criticata per aver osato dire che l’Italia è un paese razzista; intanto lei è risultata la più disinvolta di tutti, ha interagito con i partecipanti e si è dimostrata genuina e simpatica. Infine Chiara Ferragni, ha fatto ciò che le riesce meglio: parlare di sé stessa, cercando anche di mandare il messaggio che il corpo delle donne non si tocca.

Dunque Sanremo è proprio lo specchio della società: mette da parte giovani e donne, cerca di mostrarsi progressista e diverso ma fa sempre un passo indietro. Per esempio, la lettura della lettera di Zelensky e la performance della band ucraina sono avvenuti alle 2:20 della serata finale; l’accenno alle foibe, invece, è stato inserito totalmente a caso dopo un’esibizione da karaoke di Arisa e Gianluca Grignani nella serata delle cover.

È lo stesso Festival che riesce a portare l’ottimo intervento di Pegah, attivista iraniana che ci ricorda ciò che sta succedendo in Iran, a mandare messaggi simil-femministi, ma poi ci propina lo “scandaloso” siparietto dello sconosciuto Angelo Duro, che invita gentilmente le donne a mandare i mariti dalle prostitute, così da soddisfare i propri bisogni e non rovinare il matrimonio.

L’era di Amadeus

Ma si sa, a Sanremo rischi di più se rompi qualche vaso con gli intoccabili fiori della città ligure, sui diritti delle donne ci si può fare una risata. Almeno Blanco e la sua piece teatrale hanno ravvivato un’edizione altrimenti parecchio noiosa e priva di colpi di scena. Nemmeno gli ospiti hanno risollevato la situazione, dato che l’età media è stata di 80 anni. Certamente memorabile il medley del trio Al Bano, Morandi e Ranieri, che fanno cantare tutte le generazioni, ma nessun ospite ha davvero spiccato in questa edizione, se non magari la grande band Depeche Mode che si è esibita durante la serata finale.

Parafrasando i Coma Cose, l’addio di Amadeus non è una possibilità, dato che è stato già confermato anche per l’edizione 2024. Nonostante i grandi ascolti, è innegabile che buona parte del successo derivi dai social, dai meme e i commenti che si trovano in rete, e il conduttore ci ha tenuto a ricordarci parecchie volte, in teatrini triti e ritriti, di quanto adesso sia diventato bravo con Instagram. Ci si augura che, tra una diretta e un post, possa anche leggere che questo Festival è diventato inutilmente lungo e prolisso. «Ma io lavoro», scriverebbero tanti italiani citando il duo siciliano,  e i pochi sopravvissuti, «i soli in tutto l’universo», sacrificano quelle poche ore di sonno per un po’ di intrattenimento nostrano. Ma è arrivata l’ora di darci un taglio. 

Agli orari, al numero di cantanti, ai siparietti superflui, al sessismo dilagante, ancora oggi.  Eppure, come un amore tossico, «sapessi dirti basta, ma il mio cuore danza», ed è così che ci ritroviamo sempre a seguire e giudicare il Festival di Sanremo, ogni anno più di prima, nutrendo però la speranza che possa mettere in risalto la vera diversità di questo Paese: musicale e sociale.


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