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Lavoratori stranieri, gli ultimi dati Istat

L’Istat ha rilasciato di recente un’analisi sul rapporto fra stranieri e lavoro. Esaminiamo i dati riportati nel documento sui lavoratori stranieri e naturalizzati.


Lo scorso 3 febbraio, l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha rilasciato un Modulo focus ad hoc sul rapporto fra stranieri e naturalizzati e mercato del lavoro italiano. Il modulo, sebbene sia stato diffuso solo di recente, è basato su dati risalenti all’anno 2021. Un lavoro di analisi mirato di questo tipo non viene compiuto molto spesso e, per alcune parti, un lavoro analogo non viene svolto dal 2014. 

Essendo una pubblicazione centrata sullo studio del mondo del lavoro, essa taglia fuori dall’analisi quelle classi di età non rilevanti e si concentra sulla fascia di età compresa fra i 15 e i 74 anni. All’interno di questa fascia, sono presenti 3 milioni 961 mila stranieri e circa un milione di cittadini naturalizzati: essi rappresentano rispettivamente circa l’8,9 per cento e il 2,3 per cento della popolazione complessiva del Paese. 

Come è lecito attendersi dalle motivazioni principali della migrazione, lavoro o ricongiungimento familiare, la popolazione straniera risulta essere mediamente più giovane della residente. Altra particolare differenza è il disequilibrio sessuale: le donne sono in numero maggiore degli uomini. In alcune nazionalità esse sono addirittura nettamente più numerose, in particolare fra ucraini e moldavi.

Riguardo le motivazioni della migrazione, esse variano fra stranieri e naturalizzati: mentre fra i primi la ragione lavorativa risulta essere nettamente maggioritaria, 56,3 per cento, contro il 38,1 per cento; lo scenario si capovolge per quel che concerne il ricongiungimento familiare, 40,3 per cento contro il 55,3 per cento.

La partecipazione al mercato del lavoro presenta risultati interessanti. Prima delle misure di contrasto pandemico, il tasso di occupazione degli stranieri risultava nettamente superiore rispetto agli autoctoni e ai naturalizzati.

In realtà, le motivazioni lavorative che spingono alla migrazione incidono su questo ambito e questo è ancora più visibile se si confrontano con i dati dei naturalizzati, spinti prioritariamente da ragioni di ricongiungimento familiare, che mostrano tassi di occupazione inferiori a quelli di stranieri e italiani dalla nascita. Le misure di contrasto pandemico hanno fatto precipitare il tasso di occupazione degli stranieri, che adesso risulta inferiore rispetto a quello degli italiani dalla nascita. 

Analizzando in profondità il dato, si nota però una differenza notevole fra i naturalizzati a livello di genere: mentre gli uomini presentano un tasso di occupazione e una dinamica simile agli italiani dalla nascita, a far crollare il dato è la componente femminile, la cui partecipazione al mondo del lavoro è molto più ridotta

Esaminando la distribuzione dei titoli di studio e il loro impatto sull’occupazione emerge come quello più elevato migliori le possibilità all’interno dei gruppi, ma presenti profonde differenze nel contesto dei medesimi. Il punto è chiarito in modo più netto dalla tabella a seguire tratta dalla pubblicazione dell’Istat.

lavoratori stranieri tasso di occupazione
Fonte: Istat

Come si evince, il gap fra i tre gruppi tende a peggiorare all’innalzamento del titolo, con una situazione drammatica per quel che concerne l’occupazione femminile che trascina verso il basso il dato complessivo.

Parte del problema, secondo l’Istat, deriverebbe dalla difficoltà di spendere il proprio titolo di studio, perché non equiparato in quanto ottenuto all’estero. Oltre quattro stranieri su cinque hanno ottenuto il proprio titolo di studio all’estero e meno del 3 per cento ha proceduto all’equiparazione. 

Il problema della spendibilità del titolo conseguito ha, ovviamente, un impatto sul livello di rispondenza tra impiego e competenze reali, con un ampio fenomeno di iperqualificazione della manodopera e di frustrazione del lavoratore. Questa condizione è, ovviamente, nettamente superiore tra gli stranieri, ma colpisce in modo incisivo anche i naturalizzati rispetto agli italiani fin dalla nascita.

lavoratori stranieri titolo di studio
Fonte: Istat

La figura in alto, tratta ancora una volta dalla pubblicazione dell’Istat, mostra come sia presente anche un forte gender gap e come, ancora una volta, siano i titoli di studio superiori a spostare il dato generale, come prevedibile. 

Stranieri e, in misura minore, naturalizzati, tendono a trovare occupazione in settori di mercato meno qualificati. Nel settore agricolo, ad esempio, mentre fra naturalizzati e italiani dalla nascita la percentuale di occupazione si aggira intorno al 3 per cento, per gli stranieri rappresenta un’occupazione per il 7 per cento del totale. Un altro settore in cui è evidente la discrepanza è quello dei servizi alle famiglie che rappresenta l’1 per cento del totale per gli italiani dalla nascita, il 6,5 per cento per i naturalizzati e ben il 18,5 per cento per gli stranieri. 

Buona parte del problema ha origine nelle difficoltà legate alla barriera linguistica. Le figure, tratte dalla pubblicazione Istat, in basso, mostrano il livello di competenza linguistica fra naturalizzati e stranieri in chiave temporale e di titolo di studio. 

lavoratori stranieri lingua
Fonte: Istat

La lingua risulta essere un fattore determinante per l’inserimento lavorativo: gli occupati, infatti, tendono a crescere al crescere della competenza linguistica. Il dato è ulteriormente suffragato dal fatto che oltre il 90 per cento dei nati all’estero usa in modo esclusivo la lingua italiana, ad eccezione dei nativi di Bangladesh, India e Cina.

Le conclusioni del lavoro dell’Istat non possono che essere conseguenti alla mole di dati presentati: i nati all’estero soffrono condizioni di minori opportunità lavorative e tendono a collocarsi in settori di mercato del lavoro che tendono a non sfruttare il capitale umano del dipendente, nei quali sono complicati i miglioramenti e la crescita lavorativa. Inoltre, dallo scoppio della pandemia, il lavoratore straniero sembra meno propenso a spostarsi e a ottenere qualunque livello salariale pur di lavorare.

In conclusione, quello sui lavoratori di origine straniera e sul loro impatto sull’economia nazionale è un settore di analisi complesso e di difficile sondabilità. Non deve stupire come sia complesso ottenere un’immagine esauriente del fenomeno spesso legato a economia sommersa, informale se non del tutto illegale.

Chi volesse potrebbe approfondire queste tematiche andando a sfogliare il rapporto sull’Economia dell’Immigrazione della Fondazione Leone Moressa per l’anno 2022. I dati da loro presentati presentano un livello di indagine più approfondito rispetto a quello dell’Istat, grazie all’incrocio di più fonti di informazione (fra le quali, ovviamente, anche l’Istituto). 

Sfogliando quelle pagine, si può appena comprendere la struttura complementare che presenta il mercato del lavoro dei nati all’estero e le difficoltà dell’integrazione nel tessuto sociale, aggiungendo anche qualche dato sull’impatto economico del fenomeno.


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