Bialiatski, prigioniero di coscienza e premio Nobel per la pace
Ancora in carcere Ales Bialiatski, l’attivista premio Nobel che ha avuto il coraggio di combattere per i diritti umani e di criticare il potere di Lukashenko.
Quest’anno il premio Nobel per la Pace è stato assegnato all’attivista bielorusso Ales Bialiatski e a due organizzazioni per i diritti umani di Ucraina e Russia.
Sono stati premiati, dunque, i combattenti per i diritti umani e la pace in relazione al «loro impegno costante a favore dei valori umanistici, per l’antimilitarismo e per i principi del diritto».
Il Comitato per il Nobel ha assegnato il premio a chi «da molti anni promuove il diritto di criticare il potere e di proteggere i diritti fondamentali dei cittadini» e «si è impegnato a fondo per documentare i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani e gli abusi di potere. Insieme, dimostrano l’importanza della società civile per la pace e la democrazia».
Prima dell’assegnazione del Premio Nobel nel 2022, Bialiatski è stato nominato cinque volte: nel 2006, nel 2007, nel 2012 – anno in cui il premio è stato assegnato all’Unione Europea – nel 2013 (nominato dal parlamentare norvegese Jan Tore Sanner) e nel 2014 (nominato da 160 parlamentari polacchi).
Inoltre, nel 2012, ha ricevuto il premio Lech Walesa e nel 2013 il Vaclav Havel per la sua attività in difesa dei diritti umani.
Quest’anno Bialiatski, però, non potrà partecipare alla cerimonia del Nobel, che si terrà il 10 dicembre a Oslo, in quanto incarcerato dal 2021 in Bielorussia, con l’accusa di avere importato illegalmente denaro nel proprio Paese per finanziare gruppi di opposizione.
Chi è Ales Bialiatski?
Ales Bialiatski è stato uno dei promotori del movimento democratico sorto in Bielorussia a metà degli anni Ottanta. Nato in Karelia, Russia, il 25 settembre 1962, ha dedicato la sua vita a promuovere la democrazia e lo sviluppo pacifico nel suo Paese.
Studioso della letteratura bielorussa, si è laureato presso l’Università Statale di Homel’ Francysk Skaryna. Ha ricevuto anche un dottorato di ricerca presso l’Accademia bielorussa delle Scienze. È membro dell’unione degli scrittori bielorussi e ha contribuito a fondare l’Associazione Tutėjšyja dei giovani scrittori, della quale fu presidente tra il 1986 ed il 1989.
Nel 1996 ha fondato l’organizzazione Viasna (Primavera) in risposta ai controversi emendamenti costituzionali che hanno conferito al presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko poteri dittatoriali, contestati dalla popolazione con ampie manifestazioni. Durante le proteste, l’organizzazione Viasna ha fornito sostegno ai manifestanti incarcerati e alle loro famiglie, divenendo così un’organizzazione per i diritti umani di ampia portata, che ha documentato l’uso della tortura da parte delle autorità bielorusse nei confronti dei prigionieri politici.
Gli arresti e le detenzioni arbitrarie
Il governo di Aleksandr Lukašenko ha ripetutamente cercato di mettere a tacere Ales Bialiatski.
Il regime lo ha incarcerato una prima volta dal 2011 al 2014 e di nuovo nel 2021, a seguito delle manifestazioni per la democrazia che hanno attraversato l’intero Paese.
Nel 2011, a seguito della condanna a quattro anni di carcere con la falsa accusa di evasione fiscale, la comunità internazionale si attivò per la sua scarcerazione e venne rilasciato 20 mesi prima del previsto – il 21 giugno 2014 – dopo 1.052 giorni di detenzione arbitraria e in condizioni di salute precarie, dovute soprattutto ai periodi di isolamento.
Tuttavia, nel luglio 2014 la polizia bielorussa ha messo in atto un’operazione che ha portato a perquisizioni arbitrarie nelle case dei più importanti leader della società civile, nonché negli uffici delle organizzazioni civili e per i diritti umani, tra cui Viasna. In quell’occasione Bialiatski, il vicepresidente di Viasna Valyantsin Stefanovich, e l’avvocato dell’organizzazione Uladzimir Labkovich sono stati arrestati e ancora oggi detenuti senza giusto processo.
Bialiatski e il suo rapporto con l’Italia
Durante la prima detenzione avvenuta nel 2011, Amnesty International dichiarò Bialiatski prigioniero di coscienza e, nel 2015, dopo la sua scarcerazione, organizzò un tour presso le Università italiane (Roma, Palermo e Milano) al fine di diffondere il suo messaggio e aiutarlo nella sua battaglia.
L’11 novembre 2014 il Consiglio Comunale di Siracusa conferì ad Ales Bialiski la cittadinanza onoraria, su istanza del gruppo locale di Amnesty (gruppo Italia 85) come simbolo della strenua difesa dei diritti umani in Europa e, il 26 febbraio 2015, Bialiatski giunse a Siracusa per ricevere personalmente il riconoscimento.
Proprio durante quell’occasione l’attivista dichiarò: «Sono molto onorato e fiero di questa nomina. Anche se è una formalità, è un modo per sentire il contatto umano di tutti coloro che dimostrano interesse e credono nella mia lotta. Per questo, porterò questo segnale in Bielorussia, sfruttando i mezzi di comunicazione a mia disposizione per trasmetterlo alla popolazione».
Bialiaski, inoltre, durante il tour in Italia, dichiarò al Giornale di Sicilia (edizione del 26 febbraio 2015) «In Europa si sente l’odore della guerra», profetizzando ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
L’attivista ebbe modo, in Sicilia, di parlare anche dell’esperienza in carcere: «cibo pessimo, freddo, molto lavoro e nessun compenso. Pochi contatti con l’esterno, posta controllata e quasi nessuna possibilità di incontro con i familiari». Sono queste le carceri bielorusse.
Oggi Bialiatski sta vivendo lo stesso incubo
Proprio per i suoi legami con l’Europa occidentale, in seguito alla sua precedente condanna a quattro anni, Bialiaski avrebbe avuto la possibilità di cercare rifugio lontano dalla Bielorussia, ma non lo ha mai fatto. Ha ribadito: «Non intendo andarmene […] Mi sento a mio agio nel mio Paese, anche quando sono in carcere, perché sono tra la mia gente».
Dopo l’assegnazione del Premio, il presidente della commissione del Nobel, Berit Reiss-Andersen, ha richiesto la liberazione e l’assoluzione di Ales Bialiatski con la speranza che la rinnovata attenzione internazionale possa in parte migliorare la condizione del dissidente.
Immagine in copertina di Michał Józefaciuk